Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.28425 del 07/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

O.D., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, per procura speciale allegata al ricorso, dall’avv. Luigi Migliaccio (p.e.c.

luigimigliaccioavvocatinapoli-legalmail.it fax n. 081/5571951);

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 2170/17 emessa in data 3 maggio 2017 e depositata in data 17 maggio 2017 R.G. n. 5556/17;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons. Dott. Giacinto Bisogni.

RILEVATO

CHE:

1 Il sig. O.D., cittadino nigeriano proveniente dall’Edo State, ha proposto ricorso al Tribunale di Napoli avverso la decisione della Commissione territoriale di Caserta che ha respinto la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale.

2. Il ricorso è stato respinto dal Tribunale di Napoli e la Corte di appello ha confermato la decisione di rigetto con sentenza n. 2170/2017.

3. Ricorre per cassazione il sig. O. affidandosi a cinque motivi di impugnazione.

4. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di appello omesso di pronunciarsi sul profilo di danno grave dedotto in atti e relativo al rischio per il richiedente asilo di trattamenti inumani e degradanti, rilevanti D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b) in caso di rientro in Nigeria.

5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame del rischio di danno grave, rilevante il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) cui sarebbe esposto il richiedente asilo, in caso di rientro in Nigeria e segnatamente nella regione del Delta del Niger.

6. Con il terzo motivo si deduce error in iudicando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), art. 3, comma 3, 4, 5 e art. 6, comma 2, art. 14, lett. c); del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 35; art. 15, lett. c) della direttiva 2004/83/CE relativi ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria nella ipotesi di minaccia alla vita di un civile in una situazione di conflitto armato interno e internazionale nonchè all’obbligo di cooperazione istruttoria incombente sul giudice della protezione.

7. Con il quarto motivo si deduce error in iudicando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame dei presupposti per il riconoscimento di protezione umanitaria dedotti sia come esigenze di carattere squisitamente umanitario, sia sotto il profilo del rispetto di obblighi costituzionali e internazionali.

8. Con il quinto motivo si deduce error in iudicando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. n. 286 del 1998) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 relativi ai presupposti per il riconoscimento di protezione umanitaria sempre dedotti sia come esigenze di carattere squisitamente umanitario, sia sotto il profilo del rispetto di obblighi costituzionali e internazionali.

RITENUTO

CHE:

9. Il primo motivo è infondato. La Corte di appello ha preso in esame tutte le situazioni di grave rischio connesse all’ipotetico ritorno in Nigeria prospettate dal richiedente e ne ha motivatamente escluso la sussistenza o, in ogni caso, la rilevanza ai fini dell’integrazione dei presupposti per la concessione della protezione internazionale.

10. Anche il secondo motivo è infondato. La Corte di appello ha preso in considerazione la situazione dello Stato di provenienza del sig. O. e ha escluso, sulla base delle informazioni raccolte dal rapporto di Amnesty International del 2015/2016 e dalle direttive di non rimpatrio diffuse da UNHCR, che EDO State sia interessato dalle azioni violente di ***** come pure che sia oggetto di una situazione di violenza generalizzata dovuta a conflitti armati interni, tale da costituire una seria minaccia alla vita dei civili. Le censure mosse al riguardo dal ricorrente risultano del tutto generiche e riferite confusivamente a tutti i diversi presupposti per la concessione della protezione sussidiaria previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

11. Il terzo motivo è inammissibile. Il ricorrente muove delle censure in fatto alla motivazione della Corte di appello che concernono la pretesa incompleta acquisizione di informazioni sulla situazione del suo paese e della sua regione di provenienza senza peraltro fornire elementi che smentiscano le informazioni acquisite dalla Corte distrettuale circa la concentrazione della azione di ***** nel nord-est della Nigeria e circa la assenza di una situazione di violenza indiscriminata nell’Edo State. Quanto alla regione più vasta, denominata Delta del Niger, cui fa riferimento il motivo, non risulta che il ricorrente abbia prospettato nel corso del giudizio di merito un rischio di grave danno alla sua persona ascrivibile alle attività dei gruppi terroristici o militari che hanno contrastato o contrastano ancora la presenza delle grandi società petrolifere nell’area del delta. A parte il riferimento generico a ***** e alle violenze etnico-religiose il ricorrente ha prospettato una situazione di grave rischio che lo avrebbe indotto a lasciare il paese riferendosi piuttosto al suo rifiuto di assumere il ruolo di sacerdote animista rivestito, nella comunità rurale di *****, da parte del padre e nonostante la volontà di quest’ultimo che il figlio gli subentrasse dopo la sua morte. La Corte di appello ha rilevato che nonostante tale evento sia avvenuto nel 2005 il ricorrente ha lasciato il paese a grande distanza di tempo, nel maggio 2015, e non ha ritenuto che la giustificazione addotta al riguardo (volontà di portare a termine il suo percorso formativo) possa ritenersi compatibile con una effettiva situazione persecutoria o foriera di pericolo per il richiedente la protezione internazionale. Specificamente la Corte di appello non ha ritenuto attendibile la sussistenza di una situazione foriera di rischi di grave danno alla persona del richiedente asilo come pure ha escluso la sua effettiva esposizione a trattamenti degradanti, torture o minacce alla vita da parte della comunità animista nel caso di rientro in Nigeria.

12. Il quarto motivo prospetta nuovamente la vicenda personale del ricorrente che attesta, come rilevato dalla Corte di appello, una situazione immune da rischi per tutta la durata del suo percorso scolastico e formativo e che registra il trasferimento del ricorrente e della madre in una situazione urbana quale quella di ***** prima del suo allontanamento dalla Nigeria. Il ricorrente non fornisce in realtà alcun elemento di fatto che non sia stato valutato dalla Corte di appello e che consenta di immaginare la esistenza e la permanenza di una minaccia grave alla sua persona dipendente dalla scelta di non subentrare alla carica sacerdotale del padre rivestita in una zona rurale (***** nella regione rurale limitrofa alla riserva dell'*****) da cui si è allontanato insieme alla madre per trasferirsi a *****.

13. Il quinto motivo è inammissibile perchè si limita a ribadire deduzioni del tutto generiche circa la sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria riferendosi a pretese situazioni di vulnerabilità (età, religione cristiana, violazione dei diritti umani in Nigeria, instabilità del paese, assenza di una rete familiare di sostegno) che non trovano alcuno specifico collegamento alla situazione individuale del ricorrente. L’unico concreto riferimento nella narrazione del ricorrente è quello alla morte del padre nel ***** e al desiderio da parte di quest’ultimo che alla sua morte il figlio subentrasse nel suo ruolo religioso esercitato nella comunità animistica. Desiderio a cui il ricorrente non ha inteso aderire preferendo portare a termine i suoi studi per poi trasferirsi a ***** e quindi lasciare la Nigeria.

14. Il ricorso deve pertanto essere respinto senza statuizioni sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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