LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 27472/2004 proposto da:
M.T. *****, T.G., F.A., F.E., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CONCA D’ORO 25, presso lo studio dell’avvocato GRADARA Rita, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
MA.MA., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio dell’avvocato DE GIOVANNI GRAZIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato COLATEI Augusto;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 3842/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/09/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 19/11/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per rigetto ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 3-8-2001 M.T., T.G., A. ed F.E. proponevano appello avverso l’ordinanza in data 3-7-2001 con la quale il Pretore di Roma sezione distaccata di Tivoli, in accoglimento della domanda di reintegrazione nel possesso avanzata da Ma.
M., possessore di un fondo rustico sito in ***** con accesso da ***** località “*****”, all’esito della fase sommaria aveva ordinato loro di reintegrare il ricorrente nel possesso di una servitù di passaggio esercitata, in favore del fondo suddetto, su una strada esistente su lotti di terreno di loro proprietà.
Gli appellanti denunciavano: 1) nullità dell’ordinanza per violazione degli artt. 669 septies e 669 octies c.p.c.; 2) nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 115 c.p.c., in ordine alla formazione della prova; 3) insussistenza del diritto di transito in favore del ricorrente; 4) insufficiente motivazione circa la valutazione delle dichiarazioni rese dagli informatori escussi all’udienza del 22-5-2001.
L’appellato resisteva al gravame chiedendone il rigetto.
Con sentenza dell’8-9-2004 la Corte di appello di Roma ha rigettato l’impugnazione.
Per la cassazione di tale sentenza il M., il T., A. ed F.E. hanno proposto un ricorso articolato in quattro motivi cui il Ma. ha resistito con controricorso; i ricorrenti hanno successivamente depositato una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Per ragioni di priorità logico-giuridiche occorre anzitutto esaminare il terzo motivo di ricorso con il quale i ricorrenti deducono la carenza di legittimazione passiva di F.E. e di F.A. in quanto la strada per cui è causa risultava di proprietà esclusiva del M. e del T., cosicchè le F. non potevano concedere diritti su beni altrui.
La censura è infondata.
Il giudice di appello ha ritenuto irrilevante tra l’altro anche il fatto che la strada in questione potesse non appartenere ad A. ed F.E., in quanto tale circostanza atteneva a profili petitori ininfluenti in un giudizio possessorio, dove ha invece rilievo solo l’effettività del possesso; orbene tale statuizione è corretta e comunque non è stata oggetto di censure da parte dei ricorrenti.
Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 669 septies e 669 octies c.p.c., censurano la sentenza impugnata per aver condiviso la decisione del giudice di primo grado circa l’unificazione delle due fasi del procedimento possessorio (la prima, di natura sommaria limitata all’emanazione dei provvedimenti immediati, la seconda, a cognizione pienamente ad oggetto il merito della pretesa possessoria) nonostante che nella prima fase gli elementi raccolti non fossero stati esaustivi ed avrebbero dovuto essere integrati attraverso l’ammissione di ulteriori mezzi di prova nella fase a cognizione piena.
La censura è infondata.
La Corte territoriale ha affermato che legittimamente il giudice di primo grado aveva unificato le due predette fasi del procedimento possessorio una volta ritenuta la causa matura per la decisione in base agli elementi acquisiti; orbene tale convincimento è corretto in quanto conforme all’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui la natura cosiddetta bifasica del procedimento possessorio non costituisce ragione ostativa alla concentrazione delle due fasi allorchè gli elementi raccolti nella fase a cognizione sommaria consentano al giudice di definire la causa con un provvedimento unico che, in quanto conclusivo dell’intero procedimento, ha natura di sentenza (Cass. 29-9-2006 n. 21140; Cass. 19-6-2007 n. 14281), come appunto è avvenuto nella fattispecie.
Con il secondo motivo i ricorrenti,denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., assumono che erroneamente la sentenza impugnata ha attribuito valore di prova alle dichiarazioni rese dai sommari informatori, le quali hanno invece una semplice valenza indiziaria; inoltre era ammissibile la prova per testi dedotta dagli esponenti che,contrariamente all’assunto del giudice di appello,avevano indicato i testi da interrogare, così come avrebbe dovuto essere ammessa la C.T.U. richiesta necessaria a descrivere lo stato dei luoghi; sarebbe in tal modo emerso che la concessione al Ma. del diritto di transito da parte delle F. aveva ad oggetto altra strada di loro proprietà in virtù di scrittura privata del *****, e non era quindi riferibile alla strada per cui è causa,di proprietà del M. e del T..
La censura è infondata.
La Corte Territoriale ha osservato che la decisione di primo grado era immune dal denunciato vizio di motivazione denunciato dagli appellanti perchè le dichiarazioni degli informatori D.S. ed A., insieme alla circostanza, sostanzialmente non contestatale il Ma. era in possesso della chiave della sbarra di chiusura della strada in questione, erano state correttamente valutate anche nel merito, con riferimento alle dichiarazioni rese dagli appellanti nei loro interrogatori liberi; pertanto apparivano superflui sia l’interrogatorio formale sia la richiesta C.T.U., mentre la prova testimoniale era inammissibile per omessa indicazione dei testimoni.
Orbene tale convincimento è sostanzialmente corretto,seppure accompagnato dall’erroneo rilievo della mancata indicazione dei testi da interrogare, posto che in realtà gli attuali ricorrenti avevano regolarmente adempiuto a tale incombente; infatti il condivisibile assunto da essi sostenuto in ordine al fatto che le dichiarazioni rese dagli informatori senza il vincolo del giuramento non assurgono a valore di prova ma sono solo utilizzabili quali indizi liberamente valutabili (Cass. 21-11-2006 n. 24705), non tiene conto del rilievo che il giudice di appello, come sopra chiaritola affermato che la sentenza di primo grado aveva ritenuto provato il possesso della servitù di passaggio vantato dal Ma., oltre che sulla base delle suddette dichiarazioni, anche in virtù della circostanza del non contestato possesso da parte di quest’ultimo della sbarra di chiusura della strada in questione e delle ammissioni rese dagli appellanti in sede di interrogatorio libero; quindi la Corte territoriale è pervenuta al suo convincimento all’esito di una valutazione globale degli elementi acquisiti, tra i quali hanno avuto preminente rilievo circostanze non contestate ed anzi ammesse dagli appellanti, cosicchè le dichiarazioni degli informatori non hanno certamente costituto l’unico elemento probatorio utilizzato dal giudicante, in tale contesto, infine, la prova per testi non ammessa si rivela superflua, avendo il giudice di appello già maturato il suo convincimento sulla base degli elementi acquisiti.
Con il quarto motivo i ricorrenti, deducendo vizio di motivazione e violazione dell’art. 703 c.p.c. e art. 1168 c.c., sostengono che il giudice di appello non ha spiegato in base a quali elementi ha ritenuto provato il possesso da parte del Ma. della chiave della sbarra di chiusura della strada in questione, circostanza sempre contestata dagli esponenti, quali non avevano mai concesso alla controparte alcun diritto di transito sulla suddetta strada,che era stato esercitato dal Ma. sporadicamente e per mera tolleranza; pertanto quest’ultimo non poteva vantare alcuna pretesa possessoria.
La censura è infondata.
Come è desumibile da quanto osservato in occasione dell’esame del secondo motivo la sentenza impugnata ha proceduto ad un accertamento di fatto sorretto da adeguata e logica motivazione in ordine alla ritenuta prova della relazione possessoria invocata dal Ma., avendo indicato sufficientemente le fonti del proprio convincimento;
inammissibilmente quindi i ricorrenti tendono a prospettare una diversa ricostruzione della vicenda che ha dato luogo alla presente controversia, in particolare per quanto riguarda la valutazione delle dichiarazioni rese dal M. e dalle F. all’udienza del 22-5-2001 (dichiarazioni di cui comunque non è stato trascritto il contenuto).
Il ricorso deve quindi essere rigettatole spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del Ma. di Euro 200,00 per spese e di Euro 2000,00 per onorari di avvocato.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010