Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.1012 del 21/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28368-2004 proposto da:

G.P. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 4, presso lo studio dell’avvocato DE SANCTIS MANGELLI SIMONETTA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SPIGA GAVINO;

– ricorrente –

contro

D.G.A. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso l’o studio dell’avvocato FIORE GIOVANNA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZANARDI PAOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 765/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 18/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/11/2009 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;

udito l’Avvocato Carlo D’ERRICO con delega dell’Avvocato DE SANCTIS MANGELLI Simonetta difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ZANARDI Paolo, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA AURELIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 25 gen. 1997 G.P., proprietario dell’appezzamento di terreno sito in *****, accatastato al fl. ***** con annessa abitazione confinate a nord-est con la proprietà di D.G. A. di cui al F. *****, deducendo che nel ***** aveva costruito, con il consenso del cognato D.G., un magazzino, invadendo una piccolissima porzione del terreno di costui, possedendola ininterrottamente dalla stessa epoca in modo pacifico e pubblico, conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Venezia, il predetto D.G., per sentire dichiarare l’usucapione in suo favore di tale striscia di terreno e, in subordine, ottenerne l’attribuzione ex art. 938 c.c..

Il convenuto, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda, contestando che sussistessero i presupposti di fatto per l’applicazione dell’art. 938 c.c., perchè l’occupazione del mappale ***** non era avvenuta in buona fede.

L’adito Tribunale con sentenza 16-21 febbraio 2001 rigettava le domande, rilevando che non era stato provato se il possesso era avvenuto uti dominus o uti condominus e, comunque, che l’usucapione era stata interrotta ex art. 1165 c.c. con l’atto di divisione delle due proprietà del *****, che conteneva necessariamente il riconoscimento della comproprietà dei relativi beni, mentre non era applicabile l’art. 938 perchè la costruzione era avvenuta su terreno appartenente anche in parte al costruttore.

La Corte di Appello di Venezia con sentenza n. 765/04, depositata il 18.5.04 rigettava l’appello proposto dalla parte soccombente, che condannava alle spese del grado.

Per la cassazione della decisione ricorre la parte soccombente esponendo tre motivi, cui resiste l’intimato con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per error in procedendo – violazione e falsa applicazione degli artt. 1142 e 1158 c.c. nel punto in cui ha sostenuto che l’atto di divisione del ***** a rogito del notaio Lamagna costituiva valido atto interruttivo del periodo ventennale richiesto dall’art. 1158 c.c. ai fini dell’usucapione, rilevabile anche d’ufficio dal giudice, anche nell’ipotesi che l’interruzione non fosse stata dedotta dalla controparte, perchè emergeva ex actis, trattandosi di accertamento dell’inesistenza di una condizione necessaria all’accoglimento della relativa domanda.

Si sostiene al contrario che l’esistenza di un atto interruttivo della maturanda usucapione, benchè testimoniata da documenti prodotti in causa, doveva essere eccepita dal convenuto e, in difetto di tale eccezione, non poteva essere rilevata di ufficio dal giudice (Cass. civ. Sez. 3^ n. 12024/2000; Cass. Sez. 2^ n. 9041/1993). Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1165 c.c. – error in procedendo – nello stesso punto in cui ha asserito che l’atto di divisione interrompe il termine di usucapione.

Si sostiene che qualora fosse accertato il contrario di quanto sostenuto dalla Corte di merito, e cioè che l’atto di divisione non è idoneo a interrompere il termine per l’usucapione, non potranno non essere accolte le istanze istruttorie avanzate allo stesso al fine di dimostrare il godimento animo domini della striscia di terreno in contestazione.

Con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 938 c.c. – error in procedendo – nel punto in cui ha confermato la tesi del Tribunale circa l’inapplicabilità del principio dell’accessione invertita ex art. 938 c.c. in ipotesi di fondo appartenente in comunione con terzi, vigendo in tal caso la normativa in tema di comunione (Cass. 24.5.96 n. 4770).

Si sostiene che essendo avvenuta già nel ***** la divisione di fatto tra le due proprietà delle parti in causa e risalendo l’edificazione del manufatto al *****, tenuto conto del comportamento del vicino, che aveva addirittura aiutato il ricorrente nella edificazione del medesimo, andava, quanto meno, rilevato che lo sconfinamento era avvenuto in buona fede, di tal che le argomentazioni contrarie all’applicazione della accessione invertiva non trovavano giustificazione in considerazione del comportamento delle parti e della disponibilità del ricorrente a versare il dovuto.

Con il quarto motivo di ricorso si censura la liquidazione delle spese di lite perchè eccessiva nel quantum.

I primi due motivi, essendo sostanzialmente connessi, possono essere decisi congiuntamente e vanno rigettati perchè sono infondati.

Vale, infatti, osservare che non si versa in tema di presunzione del possesso intermedio, ma nell’ipotesi di compossesso sino alla data della divisione del *****, a cui ha fatto seguito presumibilmente un periodo di tolleranza dell’avente diritto, andato sino alla proposizione della domanda di usucapione.

Giustamente ha osservato la Corte di merito che, in tema di usucapione, la presunzione di continuità del possesso ex art. 1142 c.c. determina un’inversione dell’onere della prova a carico di chi neghi essersi verificata l’usucapione, ma in ipotesi in cui il difetto di continuità del possesso risulti ex actis dalla produzione documentale della stessa parte che la invoca, il giudice, pur nell’ipotesi che l’interruzione non sia stata eccepita dalla controparte ed anche nella contumacia della stessa, non può esimersi dal rilevare il difetto di una condizione d’accoglimento dell’azione, giacchè in tal caso non esorbita dalla sua potestas iudicandi in violazione dell’art. 112 c.p.c., bensì si limita a constatare, come è suo onere, il difetto di una delle condizioni necessarie all’accoglimento della domanda. La considerazione che ai fini della costituzione dei diritti reali immobiliari è necessaria la forma scritta ex art. 1350 c.c. rende improponibile la domanda subordinata di acquisto della porzione di area in questione per accessione invertita, giacchè è solo con la stipula dell’atto di divisione nella forma dovuta che è venuta a mancare la condizione di comunione dell’area in questione, inammissibile è la contestazione della liquidazione delle spese di soccombenza in assenza di specificazione delle voci che avrebbero sfondato i limiti tariffari.

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, in forza del principio della soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed oneri accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010

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