LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –
Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –
Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 402-2005 proposto da:
G.A., C.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO GENOVESI 3, presso lo studio dell’avvocato MERLINO EUGENIO, rappresentati e difesi dall’avvocato MUFFATTI ANTONIO;
– ricorrenti –
contro
COMUNITA’ MONTANA ALTA VALTELLINA in persona de Presidente e legale rappresentante pro tempore T.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 278, presso lo studio dell’avvocato SILVESTRI MASSIMO, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCINI DONATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 443/2003 del TRIBUNALE di SONDRIO, depositata il 06/11/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2009 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS PIERFELICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con separati ricorsi depositati in data 13.6.01, e poi riuniti, C.F. e G.A. proponevano opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 2639 dell’Ufficio Amministrativo della Comunità Montana Alta Valtellina del 14.5.01, emessa su verbale dalla P.S. del 7.10.1996 n. 8 per violazione della L.R. 5 aprile 1976, n. 8, art. 25 e succ.mod. (L.R. n. 80 del 1989 e R.Reg.
23 febbraio 1993, n. 1, art. 25), in quanto autorizzati a uno sbancamento nei limiti di mq. 200, realizzavano uno sbancamento di mq. 2.200.
Gli opponenti contestavano l’attribuzione del fatto, asserendo, rispettivamente, che il C. non era il rappresentante della Impresa Compagnoni, esecutrice dei lavori in oggetto, e la G. era solo un socio della società committente; contestavano l’applicabilità della comminata sanzione, avendo restituito alla loro originaria funzione le aree sbancate in eccedenza, asserendo di avere ottenuto, su loro richiesta, l’autorizzazione in sanatoria che poneva nel nulla la condotta lesiva degli interessi della comunità e, comunque, di avere restituito l’area in questione alla sua primitiva funzione.
Il Tribunale di Sondrio con sentenza 443/03 depositata il 3.11(12).03. Rigettava i ricorsi e condannava gli opponenti alle spese di lite.
Per la cassazione della decisione ricorrono i predetti C. e G., esponendo undici motivi, cui resiste con controricorso l’ente intimato.
Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè la sentenza non riporta le conclusioni di entrambi gli opponenti, ma solo quelle del C..
Con il secondo motivo si deduce l’omessa pronuncia sui motivi di ricorso degli opponenti.
Con il terzo motivo si deduce l’omessa pronuncia su tutti i profili del ricorso.
Con il quarto motivo si deduce la nullità dell’ordinanza-ingiunzione per estraneità della G. al fatto contestato.
Con il quinto si deduce l’estraneità del C. al fatto contestato.
Con il sesto e settimo, ottavo e nono motivo si deduce l’inapplicabilità al caso di specie della norma sanzionatoria, R.R. Lombardia 23 febbraio 1993, n. 1, art. 55, e difetto di motivazione, per avere irrogato la sanzione in relazione ad interventi autorizzati.
Con il decimo e l’undicesimo motivo si deduce l’omessa pronuncia sull’elemento soggettivo psicologico della violazione contestata.
Il ricorso è infondato. Ben vero, i motivi di opposizione risultano tutti specificamente trattati nella medesima sentenza con sufficiente chiarezza delle ragioni che hanno indotto a considerare che entrambi gli opponenti devono rispondere della violazione contestata: il C. quale responsabile della ditta che ha eseguito l’escavazione, senza avere ottenuto la preventiva autorizzazione prevista dalla L. n. 8 del 1976, art. 25 ai fini del vincolo idrogeologico; la G. quale soggetto che ha condiviso l’iniziativa di chiedere l’autorizzazione in sanatoria, dimostrando cosi il suo interesse all’esecuzione dei lavori di sbancamento abusivi. Non vi sono ragioni giuridicamente rilevanti che possano mettere in dubbio la validità ed efficacia dell’art. 55 Regolamento Regionale Lombardia, dal momento che dall’esame della stessa disposizione regolamentare e delle norme di legge richiamate si evince un contesto legislativo volto esclusivamente all’attuazione di misure di prevenzione e conservazione dello stato dei luoghi, nel senso che qualsiasi attività venga intrapresa nei terreni soggetti a vincolo idrogeologico, deve essere preceduta dall’autorizzazione amministrativa in vista del pericolo, sempre immanente, di danno all’ambiente, valutato a rischio di frane e svuotamenti per la loro naturale conformazione, idrogeologica.
Il fatto stesso di avere chiesto l’autorizzazione amministrativa in sanatoria è significativo della coscienza e volontà dei soggetti di agire in dispregio dell’interesse collettivo alla conservazione del territorio.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti alle spese del presente giudizio in forza del principio della soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed oneri accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010