Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1022 del 21/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8633-2009 proposto da:

D.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B. PERUZZI 23, presso lo studio dell’avvocato DI NATALE TOMMASO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati RIENZI CARLO, LATINI CRISTINA, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

L.C., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 6046/2009 del TRIBUNALE di ROMA del 16/03/09, depositata il 17/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO FINOCCHIARO;

è solo presente l’Avvocato Gino Giuliano, (delega avvocato Tommaso Di Natale), difensore del ricorrente; è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO SCARDACCIONE.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Premesso di essersi specializzati in varie discipline mediche presso diverse università (*****) nel periodo tra il ***** A.C. e altri hanno convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Roma la Amministrazione del Consiglio dei Ministri, il Ministero della istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministero della salute e delle politiche sociali nonchè il Ministero della economia e delle finanze assumendo di avere subito un consistente danno economico a causa del ritardo, da parte dello Stato italiano, nel recepimento della normativa comunitaria (direttive 73/363/CEE e 82/76/CEE) che prevedeva tra l’altro una adeguata remunerazione per lo specialista in via di formazione che dedichi alla stessa tutta la sua attività professionale per l’intera durata settimanale lavorativa e per tutta la durata dell’anno e hanno chiesto, per l’effetto, la condanna delle Amministrazioni convenute al risarcimento del caso.

Costituitesi in giudizio le Amministrazioni convenute hanno resistito alle avverse pretese deducendone la infondatezza.

Intervenuto volontariamente in giudizio anche D.R. che ha proposto le stesse domande degli altri attori, l’adito tribunale con sentenza 16-17 marzo 2009 ha dichiarato la propria incompetenza per territorio a pronunciare sulla domanda proposta dagli attori e dall’intervenuto competenti essendo i tribunali ove gli attori avevano frequentato (senza alcun compenso) le scuole di specializzazione e, in particolare, quanto al D. il tribunale di Firenze.

Unicamente il D. ha proposto regolamento di competenza, con atto 15 aprile 2009 e date successive.

Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

In margine a tale ricorso – proposto contro una sentenza pubblicata successivamente al 2 marzo 2006 e, – quindi, soggetto alla disciplina del processo di Cassazione così come risultante per effetto dello modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – è stata depositata relazione (ai sensi dell’art. 380-bis perchè il ricorso sia deciso in camera di consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Premesso quanto sopra osserva il Collegio che successivamente al deposito (in data 8 ottobre 2009) e alla comunicazione al ricorrente della Relazione di cui all’art. 380-bis c.p.c. – Relazione con la quale il relatore ha evidenziato la infondatezza del proposto ricorso sussistendo, al riguardo la competenza del tribunale di Firenze) i difensori del ricorrente hanno depositato atto di rinuncia al proposto ricorso, notificato a controparte.

3. Ritiene la Corte che il proposto ricorso debba essere dichiarato estinto, per rinuncia.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

Come noto, sulla questione relativa alla possibilità, per il ricorrente, di rinunciare al ricorso pur dopo la notificazione della relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2, si sono manifestati – in passato – nelle sezioni semplici due diversi orientamenti:

– con ordinanze n. 25 febbraio 2008, n. 4852 e 19 ottobre 2007, n. 21876, in particolare è stato affermato che nel procedimento camerale ex art. 380 bis c.p.c., il termine ultimo per poter rinunziare efficacemente al ricorso coincide con la notificazione alle parti della relazione scritta approntata dal consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., apparendo tale interpretazione adeguatrice idonea a superare il difetto di coordinamento tra l’art. 390 c.p.c., (il quale dispone che la parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finchè non sia cominciata la relazione all’udienza o sia notificata la richiesta del Pubblico Ministero di cui alL’art. 375 c.p.c.) e gli artt. 375 e 380 bis nel testo di cui alla novella recata dal D.Lgs. n. 40 del 2006, e risultando coerente con il principio ispiratore della disciplina processuale in tema di rinunzia nel giudizio di cassazione, rappresentato dall’intento di attribuire a detto atto l’effetto suo proprio di portare all’estinzione del giudizio soltanto a condizione che esso intervenga prima dell’attivazione del momento decisionale;

– diversamente con ordinanze 23 gennaio 2008, n. 1473 e 14 settembre 2007, n. 19255 si è – invece – ritenuto che nel regime processuale conseguente all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 40 del 2006, la previsione dell’art. 390 c.p.c., si deve intendere riferibile esclusivamente al caso in cui la decisione venga adottata con il rito di cui all’art. 380 ter c.p. e, mentre quando alla decisione sì pervenga con il rito di cui all’art. 380 bis c.p.c., il termine ultimo della rinuncia è quello del passaggio in decisione del ricorso, non potendosi istituire un’analogia tra la notificazione delle conclusioni del p.m. e la notificazione della relazione di cui al citato art. 380 bis c.p.c..

Ciò, essenzialmente, per la ragione che la funzione del procedimento preparatorio costruito sulla relazione non è solo quella di consentire alle parti la migliore illustrazione delle proprie difese, in rapporto al preventivo esame che già ne è stato fatto dal relatore ed alle preannunziate possibilità di esercizio dei poteri della corte nella fase della decisione, ma anche quella di favorire una più rapida definizione del contenzioso, col mettere le parti in condizione di meglio valutare la convenienza di farlo d’accordo tra loro.

Investite del riferito contrasto le Sezioni Unite, hanno ritenuto che vada privilegiata la seconda alternativa ermeneutica, in quanto più in linea con il complesso delle innovazioni apportate con la novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, che è inequivocamente volta al rafforzamento della funzione nomofilattica della corte di legittimità, a sua volta certamente agevolata da una definizione del giudizio di cassazione alternativa alla decisione (Cass., sez. un., 16 luglio 2008, n. 19514).

Fra tali innovazioni riveste un ruolo sintomatico – hanno nella specie evidenziato le Sezioni Unite – la nuova formulazione dell’art. 391 c.p.c., comma 2, il quale prevede che il rinunciante possa (e non più debba) essere condannato alle spese, così avallando l’ipotesi che sì sia voluto dar luogo ad una sorta di incentivazione alla rinuncia.

L’obiezione che, col ritenere la rinuncia efficacemente intervenuta pur dopo la notificazione al ricorrente della relazione con la quale è prospettato un determinato esito del ricorso si finisce con l’attenuare la remora a presentare ricorsi inammissibili o manifestamente infondati – hanno ancora evidenziato le Sezioni Unite – sembra superabile col rilievo che la possibile condanna alle spese comunque continua a svolgere un ruolo potenzialmente deterrente; mentre la tesi secondo la quale il termine utile per rinunciare non può essere successivo all’avvio della fase decisionale, poichè a quel punto s’è comunque provocato un impiego di tempo e di energie intellettive per l’esame del ricorso, è superata dalla considerazione che la rinuncia da comunque luogo ad un “risparmio di attività” in quanto esime il collegio dall’esame del ricorso sia in sede di adunanza in camera di consiglio sia di eventuale pubblica udienza (cui la causa deve essere rinviata ex art. 380 bis c.p.c., comma 5, se il collegio ritenga, che “non ricorrono le ipotesi di cui all’art. 375 c.p.c.”).

Deve conclusivamente affermarsi – hanno affermato le Sezioni Unite – che il termine utile per la rinuncia, nei casi di cui all’art. 380 bis c.p.c., va individuato nel momento in cui è precluso alle parti l’esercizio di un’ulteriore attività processuale e non in quello, antecedente, della notifica agli avvocati della relazione depositata dal consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. (Cass. sez. un., 16 luglio 2008, n. 19514, cit.).

A tale giurisprudenza si adeguata la giurisprudenza successiva (ad esempio, nello stesso senso, Cass. 7 novembre 2008, n. 26850).

4. Non controverso, in diritto, quanto precede, certo, in linea di fatto, che nella specie la rinuncia è intervenuta prima della data fissata per l’adunanza in camera di consiglio, il processo di cassazione deve dichiararsi estinto, a tanto non ostando che il ricorso fosse inammissibile, secondo quanto prospettato nella riportata relazione.

Nulla sulle spese di lite, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte: dichiara estinto per rinuncia il giudizio di cassazione; nulla sulle spese di lite di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010

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