Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1025 del 21/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10693/2009 proposto da:

D.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NAZIONALE 204, presso lo studio dell’avvocato BOZZA Alessandro, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CIPROTTI ALESSIA, giusta mandato ad lites in calce al ricorso per revocazione;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI ROMA VELLETRI E CIVITAVECCHIA;

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI ROMA;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 29852/2008 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE del 21.10.08, depositata il 19/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito per la ricorrente l’Avvocato Alessandro Bozza che si riporta agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. EDOARDO VITTORIO SCARDACCIONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza 17 ottobre 2006 il tribunale di Roma ha applicato, a carico del notaio D. la sanzione della sospensione di due mesi dalle funzioni.

Con sentenza 21 giugno – 10 luglio 2007 la Corte di appello di Roma ha rigettato l’appello proposto avverso tale pronunzia dalla D..

Questa ultima ha proposto ricorso, avverso tale ultima sentenza affidato a tre motivi, ma questa Corte di cassazione, con ordinanza 21 ottobre – 19 dicembre 2008 n. 29852 ha dichiarato inammissibile il ricorso perchè tutti i quesiti di diritto formulati a conclusione degli stessi sono stati ritenuti inammissibili perchè non conformi al modello di cui all’art. 366 bis c.p.c..

Avverso tale ultima pronunzia, notificata il 3 marzo 2009 ha proposto ricorso per revocazione la D. con atto 2 maggio 2009, affidato a tre motivi.

La ricorrente, in particolare, premessa una propria soggettiva interpretazione dell’artt. 366 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4 (atteso, quanto alla prima disposizione che la interpretazione datane è in contrasto con il principio della conservazione degli atti che impronta il sistema giuridico processuale, quanto alla seconda che la sentenza che ebbe a pronunciare prevista dall’art. 395 c.p.c., n. 4, deve rivestire la dignità di una pronuncia) primo motivo denunzia la ordinanza 21 ottobre – 19 dicembre 2008 n. 29852 censurandola da un lato con il secondo motivo nella parte in cui la stessa ha ritenuto inammissibili i quesiti a suo tempo formulati, dall’altro con il terzo motivo per essere l’ordinanza oggetto di revocazione assolutamente superficiale e solo formale e non può quindi costituire un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e formula, al riguardo, i seguenti quesiti di diritto:

– dica la Corte di Cassazione se ai fini della preclusione dell’istanza di revocazione il decisum impugnato debba sottostare alla medesima ratio con cui è stato esaminato il quesito proposto dalla parte ex 366 bis c.p.c., oppure se un accesso superficiale al punto sia sufficiente a precluderne l’esame revocatorio (primo motivo);

– dica la S.C. se le prescrizioni di cui alla L. n. 89 del 1913, art. 152, commi 2 e 3, siano coordinate così che sia necessario il rispetto di ambedue congiuntamente (secondo motivo);

– se la motivazione di una sentenza della Corte di cassazione possa essere effettuata per relationem nel caso, il testo, gli estremi del verbale d’ispezione redatto dall’archivio notarile e sia così sufficiente una indicazione dei fatti storici contestati per riferimento terzo motivo.

In margine a tale ricorso – proposto contro una sentenza pubblicata successivamente al 2 marzo 2006 e, quindi, soggetto alla disciplina del processo di Cassazione così come risultante per effetto dello modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – è stata depositata relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., precisa, nella parte motiva:

2. Il ricorso pare inammissibile.

Almeno sotto tre, concorrenti, profili.

2.1. In primis, si osserva che a norma dell’art. 391 bis c.p.c., comma 1, sono suscettibili di ricorso per revocazione le ordinanze pronunciate dalla corte di cassazione ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5.

Nella specie – per contro – l’ordinanza impugnata è stata pronunciata ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1.

2.2. In secondo luogo, anche a prescindere da quanto precede le sentenze e le ordinanze della Corte di Cassazione sono suscettibili di revocazione qualora le stesse siano affette di errore di fatto ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

Certo quanto precede si osserva che nella specie la ricorrente non denunzia che la decisione impugnata è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta la inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilito, ma si limita a sottoporre a critica il provvedimento impugnato per avere dichiarato inammissibili i quesiti formulati da essa concludente ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. e per non avere adeguatamente motivato il proprio dictum.

2.3. In terzo luogo, non può non evidenziarsi come non esista alcuna relazione tra i motivi di censura e i quesiti nei termini come formulati, e come la pacifico giurisprudenza di questa Corte richiede siano formulati (cfr. recentemente, Cass. 18 settembre 2009, n. 20288, specie in motivazione).

3. Ritiene il Collegio di dovere fare proprio – con le precisazione appresso indicate – quanto esposto nella sopra trascritta relazione.

3.1. Si osserva, in particolare, che il primo degli evidenziati dalla relazione sopra trascritta profili di inammissibilità del ricorso non sussiste.

Successivamente alla proposizione del presente ricorso – infatti – C. Cost. 9 luglio 2009, n. 207 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 391 bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 16, nella parte in cui non prevede la esperibilità del rimedio della revocazione per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4), per le ordinanze pronunciate dalla Corte di Cassazione a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1).

3.2. Pur se, in tesi, ammissibile sotto il profilo di cui sopra il ricorso, peraltro – come puntualmente evidenziato nella relazione – è inammissibile almeno sotto due altri profili, atteso che il ricorso stesso prescinde totalmente cioè ha come non scritte ben due norme del vigente codice di rito.

3.2.1. Giusta la testuale previsione di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4; 4) “Le sentenze … possono essere impugnate per revocazione”..

“4. se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa, vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.

Non controverso quanto precede si osserva che nella specie parte ricorrente (per revocazione) censura la sentenza 19 dicembre 2008, n. 29852, di questa Corte lamentando:

– da un lato, che detta sentenza è priva dei requisiti voluti dall’art. 132 c.p.c. (id est prospettando una nullità della sentenza sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) (primo motivo di revocazione);

– dall’altro, che la stessa sentenza ha esaminato la portata dell’art. 152 Legge Notariato in maniera assolutamente superficiale, senza dare conto della ratio del loro decisum (cioè è incorsa in violazione o falsa applicazione di norme di diritto, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) (secondo motivo di revocazione);

– da ultimo che la motivazione della detta sentenza è assolutamente inadeguata, facendo riferimento, senza riportarli a motivi e fatti esposti nella incolpazione, richiamandosi al verbale di accertamento effettuato dal Consiglio Notarile distrettuale (in altri termini è affetta, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, da omessa o insufficiente motivazione) (terzo motivo).

E di palmare evidenza – concludendo sul punto – che parte ricorrente, con i molteplici motivi sopra riassunti non prospetta errori di fatto in cui sarebbero incorsi i giudici di questa Corte nella sentenza ora impugnata, e rilevanti sotto il profilo di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, ma vizi della sentenza stessa rilevanti, eventualmente, come motivi di ricorso per cassazione.

Atteso, come risulta dalla stessa formulazione letterale del combinato disposto di cui agli artt. 391 bis e 395 c.p.c. – che la revocazione delle sentenze della corte di cassazione – contrariamente a quanto suppone la difesa dell’odierno ricorrente – non è un quarto grado di giudizio cui sono soggette le sentenze della Corte di Cassazione (allorchè – per ventura – giusta la soggettiva opinione della parte soccombente, siano incorsi in vizi che ove posti in essere dal giudice di appello legittimano la impugnazione della sua sentenza con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c.) è evidente che correttamente è stata evidenziata la inammissibilità del ricorso.

3.2.2. Contemporaneamente preme evidenziare che l’art. 366 bis c.p.c. – nella sua formulazione vigente ratione temporis – dispone che “Nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”.

In margine a tale disposizione questa Corte regolatrice non dubita:

– da un lato, che la disposizione, è applicabile anche al ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., avverso le sentenze della Corte di cassazione (pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del detto D.Lgs.), con la conseguenza che la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara ed immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c. (per tutte, cfr. Cass., sez. un., 30 ottobre 2008, n. 26022);

– dall’altro, che la funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. 7 aprile 2009, n. 8463) sì che non corrisponde alla prescrizioni di legge il quesito che prescinda del tutto dalla fattispecie concreta rilevante nella controversia, sì da non porre il giudice di legittimità in condizione di comprendere, in base alla sola sua lettura, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice a qui e di rispondere al quesito medesimo enunciando una regula iuris (Cass., sez. un., 27 marzo 2009, n. 7433).

Non controverso quanto precede è palese la violazione anche di tale disposizione da parte dell’odierna ricorrente (con necessità di dichiarare anche sotto tale profilo la inammissibilità del ricorso), stante la assoluta irrilevanza, e non pertinenza rispetto alle censure svolte, dei quesiti che concludono i vari motivi del ricorso per revocazione.

A tale ultimo riguardo non può tacersi, infine, che una volta che questa Corte abbia ritenuto la genericità di quesiti posti a conclusione di un ricorso per cassazione, la relativa statuizione – ove non ricorrano errori revocatori rilevanti sotto il profilo di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4 – non è – contrariamente a quanto suppone la difesa dell’odierna parte ricorrente – ulteriormente censurabile con un nuovo giudizio di cassazione, ancorchè proposto per revocazione della precedente pronunzia.

Il proposto ricorso, conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile.

Nessun provvedimento deve adottarsi in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità non avendo gli intimati svolto in questa sede attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010

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