LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE LUCA Michele – Presidente –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –
Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 7138/2006 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO Luigi, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
I.G., già elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SEBASTIANO VENIERO 78, presso lo studio dell’avvocato PETTORINO MARIO, rappresentata e difesa dall’avvocato CELEBRIN Primo, giusta delega in calce al controricorso e da ultimo domiciliata d’ufficio presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrente –
avverso il provvedimento n. 717/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/03/2005 R.G.N. 1710/03;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;
udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per: dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata in data 4-6-2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento della domanda proposta da I.G. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, accertata la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti per il periodo 4-11-1999/31-1-2000, dichiarava la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato fin dal ***** e condannava la società al pagamento delle retribuzioni maturate e maturande.
La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma, con il rigetto della domanda di controparte.
La I. si costituiva resistendo al gravame e proponendo appello incidentale, ribadendo la illegittimità del termine apposto al contratto precedente intercorso dal 26-10-1998 al 31-1-1999 nonchè della relativa proroga.
La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza depositata il 4-3-2005, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, accertata la nullità del termine apposto a tale primo contratto, dichiarava la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato a decorrere dal 26-10-1998 e condannava la società a pagare, a titolo di risarcimento del danno, una somma pari alle retribuzioni maturate dalla data del 20-9-2001 fino alla sentenza di appello, oltre rivalutazione e interessi, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Infine è stata depositata copia di verbale di conciliazione in sede sindacale concluso tra le parti in data 17-2-2009.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Dal verbale di conciliazione prodotto in copia risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che – in caso di fasi giudiziali ancora aperte – le stesse saranno definite in coerenza con il presente verbale.
Osserva il Collegio che il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.U. 29 novembre 2006 n. 25278).
In particolare, come questa Corte ha più volte affermato, “quando nel corso del giudizio di legittimità intervenga un fatto che determini la cessazione della materia del contendere (nel caso di specie, la conciliazione della lite tra dipendenti e datore di lavoro in sede sindacale), ovvero il venir meno, con la materia controversa, di qualsiasi posizione di contrasto tra le parti, ma non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o alla pretesa sostanziale, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, essendo venuto meno l’interesse alla definizione del giudizio, e, quindi, ad una pronuncia nel merito” (cfr. Cass. 27-10-2005 n. 20860, Cass. 9/11/2004 n. 21291, Cass. 5-8-2004 n. 15081, Cass. S.U. 26-7-2004 n. 14059, Cass. 23-4-2004 n. 7817, Cass. 16-4-2004 n. 7239, Cass. 12/11/2003 n. 17075, Cass. 27-1-2003 n. 1205, Cass. 26-4-2002 n. 6083, Cass. S.U. 8-1-2003 n. 78, Cass. S.U. 18-5-2000 n. 368).
Ricorrono, inoltre, giusti motivi, considerato l’accordo intervenuto, per compensare le spese del giudizio di cassazione tra le parti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010