LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE LUCA Michele – Presidente –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –
Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19990/2006 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO Luigi, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
M.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI Mario, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAL PIAZ CLAUDIO giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1184/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 22/06/2005 R.G.N. 352/05;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;
udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 11227/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Torino, in accoglimento della domanda proposta da M.D. nei confronti della s.p.a. Poste italiane, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra le parti il ***** per “esigenze eccezionali” ex art. 8 CCNL 1994 come integrato dall’acc. 25-9-97, per il periodo 21-10-1997/31-1-1998, e conseguentemente dichiarava l’instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato, condannando la società a pagare alla lavoratrice le retribuzioni maturate dal 29-9-2002 con detrazione dell’aliunde perceptum, oltre accessori e spese di lite.
La società proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.
La M. si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Torino, con sentenza depositata il 22-6-2005, respingeva l’appello e condannava l’appellante alle spese.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con un unico motivo.
La M. ha resistito con controricorso.
Da ultimo è stata depositata copia di verbale di conciliazione in sede sindacale concluso tra le parti in data 18-2-2009.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Dal verbale di conciliazione prodotto in copia risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che – in caso di fasi giudiziali ancora aperte – le stesse saranno definite in coerenza con il presente verbale.
Osserva il Collegio che il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.U. 29 novembre 2006 n. 25278).
In particolare, come questa Corte ha più volte affermato, “quando nel corso del giudizio di legittimità intervenga un fatto che determini la cessazione della materia del contendere (nel caso di specie, la conciliazione della lite tra dipendenti e datore di lavoro in sede sindacale), ovvero il venir meno, con la materia controversa, di qualsiasi posizione di contrasto tra le parti, ma non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o alla pretesa sostanziale, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, essendo venuto meno l’interesse alla definizione del giudizio, e, quindi, ad una pronuncia nel merito” (cfr. Cass. 27/10/2005 n. 20860, Cass. 9/11/2004 n. 21291, Cass. 5/8/2004 n. 15081, Cass. S.U. 26/7/2004 n. 14059, Cass. 23/4/2004 n. 7817, Cass. 16/4/2004 n. 7239, Cass. 12/11/2003 n. 17075, Cass. 27/1/2003 n. 1205, Cass. 26/4/2002 n. 6083, Cass. S.U. 8/1/2003 n. 78, Cass. S.U. 18/5/2000 n. 368).
Ricorrono, inoltre, giusti motivi, considerato l’accordo intervenuto, per compensare le spese del giudizio di cassazione tra le parti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010