LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
K.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 246, presso lo studio dell’avvocato MORI PIETRO, rappresentato e difeso dall’avvocato PATTI ALESSANDRO, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DI LODI;
– intimata –
avverso il decreto del GIUDICE DI PACE di LODI del 2/04/08, depositato il 03/04/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/10/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. DIDONE Antonio;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. PATRONE Ignazio.
RILEVA IN FATTO K.K. proponeva opposizione avverso il decreto di espulsione emesso in suo danno dal Prefetto di Lodi in data 27.2.2008.
Il Giudice di pace di Lodi, con decreto del 3 aprile 2008 rigettava l’opposizione.
Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso K. K. affidato a due motivi; non ha svolto attivita’ difensiva l’intimato.
OSSERVA IN DIRITTO 1.- Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione di norme (art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo che il decreto di espulsione fa erroneamente riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 in quanto l’espulsione e’ disciplinata dall’art. 13 del T.U. e siffatta erronea indicazione avrebbe leso il suo diritto di difesa, essendo sul punto insufficiente la motivazione del provvedimento impugnato.
E’, quindi, formulato il seguente quesito di diritto: “l’erronea indicazione nel decreto prefettizio di espulsione dello straniero della norma sulla quale tale espulsione si fonda determina la nullita’ del provvedimento?”.
Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione di norme (art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo che nella specie sarebbe applicabile l’art. 13, comma 2, lett. b) ed il comma 2 bis.
A suo avviso l’espulsione dello straniero non potrebbe essere giustificata soltanto dalla mancata presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, occorrendo una valutazione di meritevolezza a protrarre il soggiorno nel territorio dello Stato e, comunque, egli, anche se dopo la scadenza dei termini, aveva presentato la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.
L’istante svolge quindi argomenti a conforto della meritevolezza a rimanere in Italia, richiamando anche Cass. S.U. n. 7892 del 2003.
Infine, in violazione dell’art. 13, comma 2-bis, cit., non sono state valutate le ragioni che fondavano il diritto al ricongiungimento familiare.
E’quindi formulato il seguente quesito di diritto: “La mancata presentazione da parte dello straniero della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno nei termini di legge giustifica di per se’ la sua espulsione dal territorio dello Stato, omettendo qualsiasi valutazione in ordine alla sua situazione personale e familiare?”.
2.- Il primo motivo appare manifestamente infondato.
Al riguardo, e’ sufficiente osservare che l’art. 5, comma 4, stabilisce la modalita’ di richiesta del rinnovo del permesso di soggiorno, sicche’ la sua indicazione nel decreto di espulsione, tenuto conto che la ragione della sua adozione e’ stata appunto la mancata presentazione della domanda di rinnovo del permesso, non puo’ affatto inficiare la validita’ del provvedimento.
Il secondo motivo appare manifestamente infondato. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 7892 del 2003, hanno affermato: “non potendo darsi prevalenza ad una interpretazione che subordini il riconoscimento del diritto al rinnovo del permesso di soggiorno alla mera osservanza dei termini stabiliti dalla legge per la sua presentazione, dev’essere ribadita la interpretazione gia’ avanzata da questa Corte a sezione semplice, secondo cui la spontanea presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno oltre il termine di sessanta giorni dalla sua scadenza non consente l’espulsione automatica dello straniero, la quale potra’ essere disposta solo se la domanda sia stata respinta per la mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti richiesti dalla legge per il soggiorno dello straniero sul territorio nazionale, mentre la sua tardiva presentazione potra’ costituirne solo indice rivelatore nel quadro di una valutazione complessiva della situazione in cui versa l’interessato”.
In virtu’ del principio cosi’ enunciato, risulta chiaro che la mera violazione del termine impedisce l’espulsione automatica, purche’ anteriormente all’emissione del decreto lo straniero abbia presentato la domanda di rinnovo del permesso, essendo evidentemente inidonea a questo scopo la presentazione della medesima in data successiva alla pronuncia del decreto.
Nella specie, il provvedimento impugnato non da atto che la richiesta di rinnovo sia stata presentata anteriormente a detto momento e, peraltro, precisa anche che “non esiste alcuna richiesta di permesso di soggiorno per motivi familiari”. Il ricorso nulla precisa su questo punto, poiche’ si limita ad indicare che l’istante “ha spontaneamente presentato (doc. all.) pur dopo la scadenza dei termini la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno” (pg. 3), ma, in violazione del principio di autosufficienza, non indica la relativa data e non trascrive, nell’osservanza del principio di autosufficienza, l’atto dal quale cio’ dovrebbe desumersi. Ne consegue che, in tal modo, il mezzo si presenta, in questa parte, manifestamente inammissibile, risultando precluso a questa Corte il giudizio di decisivita’ sul punto controverso. La doglianza relativa al mancato ricongiungimento e’ parimenti manifestamente infondata.
A fronte dell’affermazione contenuta nel decreto dell’insussistenza delle condizioni in base alle quali il ricorrente potrebbe invocare il diritto al ricongiungimento, l’istante si limita infatti ad indicare che il genitore ed il fratello minore sarebbero titolari di carta di soggiorno, senza darsi carico di trascrivere gli atti che cio’ dovrebbero dimostrare e, comunque, senza indicare di avere esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, ai sensi dell’art. 29 del T.U. come dispone l’art. 13, comma 2 bis di detto testo legislativo.
Pertanto, il ricorso, stante la manifesta infondatezza, puo’ essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge”.
3.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano e che conducono al rigetto del ricorso.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, il 19 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010