LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
A.M. – elettivamente domiciliato in ROMA, via Sicilia, 235, presso lo studio dell’avv. Di Gioia Giulio, dal quale è
rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso il decreto della Corte d’appello di Roma depositato il 7 giugno 2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 27 ottobre 2009 dal Consigliere dott. SALVATO Luigi;
udito per il ricorrente l’avv. Amato Felice, su delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, il quale “nulla osserva”.
RITENUTO IN FATTO
Questa Corte, con sentenza n. 25009 del 2005, accoglieva il ricorso proposto da A.M. avverso il decreto della Corte d’appello di Roma del 26 settembre 2002, di rigetto della domanda diretta ad ottenere l’equa riparazione (L. n. 89 del 2001) in relazione al giudizio definito in primo grado con sentenza a lui favorevole, depositata il 23/12/1998, giudizio che aveva promosso con ricorso depositato il 16/06/1994, dinanzi al Pretore del lavoro di Benevento, onde ottenere la corresponsione degli interessi legali e del maggior danno da svalutazione sulle prestazioni economiche assistenziali a cui aveva titolo come invalido civile e che gli erano state liquidate con ritardo, rinviando la causa alla stessa Corte di appello, in diversa composizione, anche in ordine alle spese della fase di legittimità.
A.M. riassumeva il giudizio innanzi a detta Corte che, con decreto del 7 giugno 2007, accoglieva la domanda limitatamente al danno non patrimoniale e liquidava Euro 2.300,00, oltre le spese del giudizio di merito.
Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso A. M. affidato a due motivi; non ha svolto attività difensiva l’intimato.
Ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in Camera di consiglio è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata al ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- La relazione sopra richiamata ha il seguente tenore:
“1.- Il ricorrente, con il primo motivo, denuncia violazione e falsa applicazione della L. 13 giugno 1942, art. 24 (…), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui il decreto non ha provveduto in ordine alle spese della fase di merito conclusa con il decreto cassato dalla sentenza di questa Corte n. 25009 del 2005, nonchè della fase di legittimità, nonostante la relativa statuizione recata da detta pronuncia e in tali sensi formula quesito di diritto.
Il secondo motivo denuncia omessa motivazione su di un fatto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine alla mancata liquidazione delle spese sopra indicate.
2.- Il primo motivo è manifestamente fondato.
La mancata statuizione sulle spese del giudizio integra una vera e propria omissione di carattere concettuale e sostanziale e costituisce un vizio della sentenza, consistente in quello di omessa pronuncia, stante la mancanza di qualsiasi decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che è stata ritualmente proposta e che richiede pertanto una pronuncia di accoglimento o di rigetto.
In relazione a detta omissione, è dunque contraddittoria la denuncia contestuale denuncia del vizio sia di omessa pronuncia che di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, poichè il primo implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4, non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, (per tutte, Cass. n. 15882 del 2007; n. 5444 del 2006). Tuttavia, ai fini della ammissibilità del ricorso per Cassazione, non costituisce condizione necessaria la esatta indicazione delle disposizioni di legge delle quali viene lamentata l’inosservanza, nè la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, purchè si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia. Ne consegue che è ammissibile il ricorso per Cassazione che lamenti l’omessa pronuncia da parte del giudice del merito ai sensi dell’art. 112 c.p.c., ancorchè la censura sia prospettata sotto il profilo della violazione di norma sostanziale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), anzichè sotto il profilo dell'”error in procedendo” (in relazione al citato art. 360 c.p.c., n. 4) (Cass. n. 6671 del 2006). In applicazione di detto principio, il mezzo è fondato nella parte in cui – al di là dell’errore sopra rilevato – denuncia con chiarezza il vizio di omessa pronuncia, palesemente sussistente, non avendo la Corte territoriale liquidato le spese della prima fase di merito e quelle del giudizio di legittimità, nonostante in tal senso avesse disposto la sentenza n. 25009 del 2005, che ha dato luogo al giudizio di rinvio concluso con il decreto qui impugnato.
In relazione alla censura accolta – essendo inammissibile il secondo motivo -, il decreto andrà cassato nella parte relativa alle spese e la causa potrà essere decisa nel merito, con condanna dell’intimato a pagare le spese delle due fasi di merito e della citata fase di legittimità.”.
2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano, in quanto danno applicazioni a principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, pure indicata nella relazione, con la precisazione che per la fase di merito in sede di rinvio la Corte d’appello ha liquidato le spese, senza che sul quantum vi sia stata censura.
In relazione alle censure accolte il decreto va cassato nel capo relativo alle spese e la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, mediante condanna dell’intimato a pagare le spese della prima fase di merito e di quelle delle due fasi di legittimità, nell’importo liquidato in dispositivo, con attribuzione al difensore antistatario.
Relativamente alla liquidazione, va precisato che l’omissione concerne soltanto la mancata liquidazione delle spese della fase di merito cassata e della prima di legittimità, mentre non è stata censurata la liquidazione delle spese della fase di rinvio.
PQM
LA CORTE Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato limitatamente al capo concernente le spese e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a pagare le spese della prima fase di merito che liquida in Euro 825,00 di cui Euro 311,00 per diritti ed Euro 445,00 per onorario, nonchè della fase di legittimità, che liquida per ciascuna in Euro 650,00, di cui Euro 100,00, per esborsi, quindi in complessivi Euro 1.300,00, oltre spese generali ed accessori di legge, con attribuzione al difensore, avv. Giulio Di Gioia, antistatario.
Dispone che la Cancelleria provveda alle comunicazioni della L. n. 89 del 2001, art. 5.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010