LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
G.M., T.E., S.L., P.
E., I.S., B.D., C.I., T.M., D.V.E., A.E., C.M.C., L.D., G.P., M.B. – elettivamente domiciliati in ROMA, viale Pinturicchio, 21, presso lo studio dell’avv. ABBATTE Ferdinando Emilio, dal quale sono rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore;
– intimata –
avverso il decreto della Corte d’appello di Roma depositato il 29 novembre 2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 27 ottobre 2009 dal Consigliere Dott. SALVATO Luigi;
udito per i ricorrenti l’avv. Tebaldi Rosanna, su delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che “nulla osserva”.
RITENUTO IN FATTO
G.M., T.E., S.L., P. E., I.S., B.D., C.I., T.M., D.V.E., A.E., C.M.C., L.D., G.P. e M.B. adivano la Corte d’appello di Roma, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, in riferimento al giudizio promosso innanzi al T.a.r. del Lazio con ricorso dell’aprile 1993, avente ad oggetto l’adeguamento triennale dell’indennita’ giudiziaria, deciso con sentenza del 10.12.2003.
La Corte d’appello di Roma, con decreto del 29 novembre 2006, riuniti i distinti ricorsi proposti dalle parti, fissata la ragionevole durata del giudizio in anni tre ed il parametro dell’equa riparazione per il danno non patrimoniale in Euro 1.000,00 per anno, liquidava per il periodo di anni 7, in favore di ciascun ricorrente, Euro 7.000,00 per tale voce di danno, condannando la convenuta alle spese del giudizio.
Per la cassazione di questo decreto hanno proposto ricorso le parti sopra indicate affidato a due motivi; non ha svolto attivita’ difensiva la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in Camera di consiglio e’ stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai ricorrenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- La relazione sopra richiamata ha il seguente tenore:
“1.- I ricorrenti, con il primo motivo, denunciano violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2), nonche’ omessa, insufficiente ed illogica motivazione in relazione al capo del decreto che, benche’ abbia fissato la ragionevole durata del giudizio in anni tre, ha poi liquidato l’equa riparazione in relazione al periodo di sette anni, omettendo di tenere conto dell’ulteriore periodo di otto mesi e in detti termini e’ formulato quesito di diritto.
1.2.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge (artt. 90 e 91 c.p.c., D.M. n. 127 del 2004, artt. 4 e 5), nella parte in cui il decreto ha liquidato le spese del giudizio, omettendo di liquidare distintamente gli onorari, dato che la riunione e’ stata disposta all’esito delle discussioni in C.c. e di procedere all’aumento del 40% ai sensi del D.M. cit., art. 5, punto 4 nelle voci analiticamente indicate nel ricorso, con conseguente violazione dei minimi di tariffa.
Sono infine formulati quesiti volti a conoscere:
a) se la liquidazione di un unico onorario sia legittima soltanto a decorrere dal momento della riunione;
b) se nella liquidazione degli onorari e dei diritti debbano essere osservati i minimi di tariffa.
2 – Il primo motivo sembra manifestamente fondato, nei limiti ed entro i termini che seguono.
La Corte d’appello ha, infatti, fissato la durata ragionevole del processo in tre anni, fissando il parametro dell’equa riparazione in Euro 1.000,00 per anno e per il periodo di irragionevole durata, indicato in anni 7 ha liquidato Euro 7.000,00.
Tuttavia, poiche’ il giudizio presupposto e’ stato instaurato con ricorso dell’aprile 1993 e definito con sentenza del 10.12.2003, risulta palese che, sulla scorta dei dati assunti dallo stesso decreto, il periodo di irragionevole durata e’ stato di anni 7, mesi sette e giorni 10, sicche’ risulta palesemente carente di motivazione la quantificazione del danno in relazione al periodo di soli sette anni.
In relazione a detta censura il decreto va casso e la causa puo’ essere decisa nel merito, assorbito il secondo motivo, occorrendo procedere alla riliquidazione delle spese del giudizio.
Pertanto in applicazione del parametro assunto dalla Corte d’appello ed in relazione alla durata irragionevole del giudizio dalla stessa fissata – non censurati in questa sede – andra’ attribuita a ciascun ricorrente, a titolo di equa riparazione per il danno non patrimoniale, la somma di Euro 7.590,00, oltre interessi legali dal decreto.
Le spese seguiranno la soccombenza.”.
2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano, in quanto danno applicazioni a principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, pure indicata nella relazione, con la precisazione che la mancata censura in ordine al parametro per la liquidazione non permette il riesame della decisione in ordine a tale punto, in ordine alla possibilita’ di avere riguardo ad un parametro inferiore (di Euro 750,00 per anno di ritardo) in riferimento a primo triennio eccedente il termine di durata ragionevole.
In relazione alle censure accolte il decreto va cassato e la causa puo’ essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, mediante condanna dell’intimata a pagare a ciascun ricorrente la somma di Euro 7.670,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, nonche’ alle spese della fase di merito e di legittimita’, liquidate come in dispositivo, distratte in favore del difensore, antistatario.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato limitatamente al capo concernente le spese e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare a ciascun ricorrente Euro 7.670,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, nonche’ le spese della fase di merito che liquida in complessivi Euro 2.451,00 (di cui Euro 1.861,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari) e di questa fase, liquidate in Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, distratte in favore dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate.
Dispone che la Cancelleria provveda alle comunicazioni della L. n. 89 del 2001, art. 5.
Cosi’ deciso in Roma, il 27 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010