LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
C.F. – elettivamente domiciliato in ROMA, via Augusto Valenziani, 5, presso lo studio dell’avv. Lattanzi Alessandro, rappresentato e difeso dall’avv. Barba Americo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Prefetto di Lecce;
– intimato –
avverso il decreto del Giudice di pace di Lecce de 12.12.2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 27 ottobre 2009 dal Consigliere Dott. SALVATO Luigi;
con la partecipazione del P.M. in persona del S.P.G. Dott. RUSSO Rosario Giovanni.
RITENUTO IN FATTO
C.F. proponeva opposizione innanzi al Giudice di pace di Lecce avverso il decreto di rigetto dell’istanza di riesame del decreto di espulsione emanato in suo danno in data 19.6.2001, nonchè avverso detto decreto.
Il Giudice adito, con provvedimento del 12.12.07, rigettava l’opposizione, osservando che il decreto di espulsione era stato tradotto in una delle lingue previste dalla legge, ritenendo infondate le restanti censure.
Per la cassazione di questo provvedimento ha proposto ricorso C. F., affidato a due motivi; non ha svolto attività difensiva l’intimato.
Ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in Camera di consiglio è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata al ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- La relazione sopra richiamata ha il seguente tenore:
“1.- Il primo motivo denuncia omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo, nella parte concernente l’istanza di revoca de decreto di espulsione è stata rigettata dal Prefetto, senza tenere conto della doglianza concernente la mancata traduzione nella lingua albanese del decreto di espulsione del 2001.
Il Giudice di pace non si sarebbe avveduto che il primo motivo di opposizione concerneva il provvedimento impugnato in via principale, ossia il rigetto dell’istanza di autotutela, per un vizio proprio e non per un vizio del provvedimento presupposto (il decreto espulsivo). Il ricorrente conclude formulando quesito di diritto, con cui chiede l’annullamento del provvedimento (…) per omessa motivazione, dacchè non contiene alcuna pronuncia in ordine alla nullità del decreto di rigetto a seguito di istanza di autotutela.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e difetto di motivazione nella parte in il provvedimento impugnato ha rigettato la censura con cui aveva lamentato la mancata traduzione del decreto di espulsione del 2001 nella lingua albanese.
Il mezzo si chiude con il seguente quesito di diritto: si chiede l’annullamento del decreto del Giudice di pace di Lecce per violazione di legge ed omessa od insufficiente motivazione, dacchè esso non contiene alcuna specifica pronuncia sull’omessa motivazione in ordine alla sussistenza delle condizioni per la traduzione del provvedimento espulsivo in lingua veicolare, sebbene ciò sia stato prospettato come motivo di nullità del decreto espulsivo.
2.- Il primo motivo sembra manifestamente inammissibile.
Il provvedimento impugnato contiene espresso riferimento all’impugnazione con un unico atto di due diversi provvedimenti: il decreto del Prefetto di rigetto dell’istanza di autotuela; il decreto di espulsione emesso nel 2001, ed ha rigettato entrambe le domande.
Nella parte relativa al rigetto della prima domanda, il provvedimento non è riconducibile a quello disciplinato del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 8 quindi ad esso non è applicabile il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 bis, comma 4, con conseguente inammissibilità del ricorso per Cassazione, ai sensi di detta norma.
Il secondo motivo è manifestamente inammissibile.
A fronte della affermazione della sufficienza della traduzione in una delle lingue veicolari, il ricorrente, per censurarne la correttezza, ed al fine di dimostrare la decisività della doglianza, nell’osservanza del principio di autosufficienza, avrebbe dovuto trascrivere il decreto di espulsione, al fine di dimostrare che lo stesso mancava dell’attestazione in ordine alla impossibilità di reperire un interprete nella lingua dello straniero.
In difetto di tale modalità della formulazione del quesito il mezzo è manifestamente inammissibile, tanto rilevandosi indipendentemente da ogni considerazione sulla tardività dell’opposizione avverso il decreto di espulsione emesso il 19 giugno 2001 e senz’altro conosciuto e compresa dallo straniero almeno a far data dall’istanza di revoca proposta il 9 ottobre 2006.”.
2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano, con conseguente inammissibilità del ricorso e con la precisazione che, in relazione al secondo motivo di ricorso (ed all’opposizione al decreto di espulsione, va attribuito rilievo preliminare ed assorbente alla motivazione (pure contenuta nella relazione) secondo la quale l’opposizione era comunque tardiva, posto che l’istante doveva ritenersi avere avuto conoscenza e piena comprensione del decreto di espulsione fin dalla data in cui aveva presentato l’istanza di revoca; non deve essere resa pronuncia sulle spese di questa fase, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010