LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.R., domiciliato in Roma, Via Pisanelli 4, presso l’avv. G. Gigli, rappresentato e difeso dall’avv. ROSA P., come da mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.V.B., docimiliata in Roma, Via F.
Confalonieri, presso l’avv. MANZI L., che la rappresenta e difende unitamente all’avv. C. Bertacchi, come da mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
Presidente pro tempore del Consiglio provinciale di Bolzano;
– intimato –
contro
Presidente pro tempore del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige;
– intimato –
contro
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano;
– intimato –
contro
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Trento;
– intimato –
contro
Avvocatura Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano;
– intimato –
avverso la sentenza n. 135/2009 della Corte d’appello di Trento, depositata il 27 giugno 2009;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;
uditi i difensori, avv. Rosa per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, e avv. Polomidi, per delega, e Bertacchi per la resistente, che ne hanno chiesto;
Udite le conclusioni del P.M., Dr. APICE Umberto, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Trento ha confermato il rigetto della domanda proposta da B.R. per la dichiarazione di ineleggibilità di R.V.B. alla carica di consigliere provinciale di *****, cui era risultata eletta il *****.
Hanno ritenuto i giudici del merito che la causa di ineleggibilità prevista dalla L.R. n. 7 del 1983, art. 11, lett. c), richiamata dalla L.P. n. 3 del 2008, si applica solo agli amministratori che siano anche legali rappresentanti delle società con partecipazione maggioritaria della regione o delle province, in quanto le cause limitative del diritto costituzionale di elettorato passivo vanno interpretate restrittivamente. Sicchè R.V.B., essendo amministratrice ma non legale rappresentante di due società a partecipazione pubblica provinciale, è eleggibile.
Hanno precisato comunque i giudici del merito che la società consortile per azioni T.I.S. di cui R.V.B. era amministratrice, risultava partecipata solo in ragione del 41% da parte della Provincia autonoma di Bolzano, che non ne aveva pertanto una partecipazione maggioritaria. Mentre la B.L.S. s.p.a., interamente partecipata dalla provincia e rispondente al modello organizzativo in house, non era ancora operativa al momento delle elezioni, benchè già costituita e iscritta nel registro delle imprese, e R.V.B. se ne è dimessa dalla carica di amministratrice il *****, dopo essersi autosospesa prima della scadenza del termine per la presentazione delle candidature.
Contro questa sentenza ricorre ora per cassazione B.R. e propone nove motivi d’impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso R.V.B..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione della L.R. n. 7 del 1983, art. 11, richiamata dalla L.P. n. 3 del 2008, lamentando che i giudici del merito abbiano, in violazione dell’art. 51 Cost., abbiano ridotto l’ineleggibilità ai solo rappresentanti legali delle società a partecipazione maggioritaria della regione o delle province.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione della L.R. n. 7 del 1983, art. 11 e della L.P. Bolzano n. 4 del 2003, lamentando che i giudici del merito abbiano dato delle norme provinciali e regionali un’interpretazione contrastante con quella proposta dalla giurisprudenza per le analoghe norme statali. Il risultato di questa interpretazione è una sostanziale abrogazione del riferimento dell’ineleggibilità agli amministratori o dirigenti delle società a prevalente partecipazione regionale o provinciale.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione della L.R. n. 7 del 1983, art. 11, dell’art. 48 Cost. e dell’art. 12 preleggi.
Sostiene che la sostanziale abrogazione del riferimento agli amministratori o dirigenti delle società a prevalente partecipazione regionale o provinciale viola sia il principio costituzionale della libertà di voto (art. 48 Cost.), per le indebite pressioni cui può essere sottoposto l’elettorato in ragione della posizione istituzionale del candidato, sia la prescrizione dell’interpretazione conforme alla lettera della legge.
Con il quarto motivo il ricorrente deduce ancora violazione della L.R. n. 7 del 1983, art. 11 e dell’art. 12 preleggi, lamentando che i giudici del merito abbiano privilegiato il riferimento a una supposta intenzione del legislatore a discapito- della lettera della legge.
Con il quinto motivo il ricorrente deduce ancora violazione della L.R. n. 7 del 1983, art. 11 e dell’art. 12 preleggi, lamentando che i giudici del merito abbiano considerato cumulativa un’elencazione palesemente disgiuntiva delle cariche cui si ricollega l’ineleggibilità, come dimostrato dall’uso della particella “o”.
Contrariamente a quanto i giudici del merito affermano, il riferimento agli amministratori o dirigenti non è meramente specificativo dei riferimento ai legali rappresentanti.
Con il sesto motivo il ricorrente deduce ancora violazione della L.E. n. 7 del 1983, art. 11 e dell’art. 12 preleggi, lamentando che erroneamente i giudici del merito abbiano fatto riferimento alla mens legis nell’interpretazione di una norma dal senso letterale chiarissimo.
Con il settimo motivo il ricorrente deduce ancora violazione della L.R. n. 7 del 1983, art. 11 e dell’art. 12 preleggi, lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente ricostruito l’intenzione del legislatore, sulla base della prassi della commissione di convalida delle elezioni, e siano pervenuti all’illogica conclusione di considerare eleggibili gli amministratori e non i consulenti delle società a prevalente partecipazione regionale o provinciale.
Con l’ottavo motivo il ricorrente deduce violazione della L.R. n. 7 del 1983, art. 11, lamentando che i giudici del merito abbiano ritenuto sufficiente a escludere la causa di ineleggibilità le sopravvenute dimissioni, peraltro solo da una delle due società interessate. Nè è attendibile, o comunque rilevante, che l’altra società, la BLS, non avesse ancora iniziato la sua attività al momento delle elezioni. Mentre è indiscusso in giurisprudenza che la partecipazione maggioritaria dell’ente pubblico rileva anche quando si tratti di maggioranza solo relativa.
Con il nono motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 2325, 2380, 2380 bis, 2382, 2383, 2384 e 2385 c.c. e falsa applicazione della L.R. n. 7 del 1983, art. 11, lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente interpretato il concetto di società in house providing. 2. Il ricorso è fondato nei limiti di cui si dirà.
Occorre premettere che, contrariamente a quanto il ricorrente sostiene, non è causa di ineleggibilità la carica di amministratrice della T.I.S. cui R.V.B. era ancora preposta al momento delle elezioni, trattandosi di società nella quale la provincia di ***** aveva una partecipazione di maggioranza solo relativa.
Secondo quanto prevede la L.R. n. 7 del 1983, art. 11, lett. c), infatti, non sono eleggibili “i rappresentanti legali, amministratori o dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario della Regione o delle Province autonome”. Sicchè non è sufficiente che l’ente pubblico abbia una partecipazione idonea ad assicurargli il controllo della società, come pure s’è talora affermato in giurisprudenza con riferimento all’analoga normativa statale applicabile alle regioni a statuto ordinario (Cass., sez. 1^, 20 maggio 2006, n. 11893, m. 589162), ma è necessario che la partecipazione dell’ente pubblico al capitale della società sia superiore al 50 per cento (Cass., sez. 1^, 14 gennaio 2008, n. 626, m. 601533, Cass., sez. 1^, 16 luglio 2005, n. 15104, m. 582404).
E’ causa di ineleggibilità invece l’incarico di amministratrice della B.L.S. s.p.a., società a totale partecipazione pubblica, che R.V.B. ricopriva al momento della sua elezione.
Nè rileva il fatto che in precedenza l’amministratrice avesse dichiarato la sua autosospensione dall’incarico, posto che le sue dimissioni effettive sopravvennero all’elezione, perchè, secondo la giurisprudenza di questa corte, le cause di ineleggibilità alle cariche pubbliche elettive, diversamente dalle cause di incompatibilità, limitano il diritto di elettorato passivo e, “ove non siano rimosse entro un certo termine precedente le elezioni, le invalidano, senza che al cittadino sia consentito di scegliere, una volta eletto, tra l’ufficio precedentemente ricoperto e quello elettivo” (Cass., sez. 1^, 21 luglio 1998, n. 7123, m. 519881, Cass., sez. 1, 11 ottobre 1999, n. 11368, m. 530703).
Nella sentenza impugnata si sostiene che la società a partecipazione pubblica non era ancora in attività al momento dell’elezione di R.V.B., sicchè, trattandosi di società organizzata secondo il modello in house, la causa di ineleggibilità non sarebbe stata operativa.
Sennonchè il maggior potere di ingerenza dell’ente pubblico locale nell’amministrazione della società partecipata, cui sia affidato in house un servizio pubblico (Cons. Stato, sez. 5^, 26 agosto 2009, n. 5082), non esclude affatto, ma anzi giustifica vieppiù, l’operatività della causa di ineleggibilità. Nè rileva che la società non abbia ancora intrapreso l’attività per la quale risulta costituita e iscritta nel registro per le imprese, perchè l’incidenza sulla libertà di voto, cui la causa di ineleggibilità si ricollega, può derivare anche dalla prospettiva di un futuro esercizio dei poteri connessi alla carica di amministratore. Occorre dunque stabilire se la causa di ineleggibilità in discussione sia applicabile anche agli amministratori che non abbiano la legale rappresentanza della società a partecipazione pubblica, atteso che, secondo la L.R. n. 7 del 1983, art. 11, non sono eleggibili “i rappresentanti legali, amministratori o dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario della Regione o delle Province autonome”.
Come la stessa corte d’appello ha riconosciuto, a favore dell’interpretazione più estensiva depone il fatto che il riferimento ad amministratori e dirigenti non sia racchiuso tra due virgole, destinate a definirne i termini come apposizione del principale riferimento ai legali rappresentanti. Ciò nondimeno i giudici del merito hanno ritenuto che il riferimento ad amministratori e dirigenti vada inteso come meramente specificativo del riferimento ai legali rappresentanti, perchè all’interpretazione della norma come elencazione cumulativa si oppone sia l’uso della disgiuntiva “o” tra i termini “amministratori” e “dirigenti” sia la mancanza dell’articolo determinativo prima di entrambi tali termini.
Infatti in altre disposizioni della stessa legge le elencazioni cumulative sono appunto caratterizzate dall’uso sìa della congiunzione “e” sia dell’articolo determinativo.
Sennonchè questi argomenti a base grammaticale appaiono irrilevanti a fronte dell’argomento logico per cui, se il legislatore regionale avesse voluto limitare l’incompatibilità ai soli legali rappresentanti delle società a partecipazione pubblica, non vi sarebbe stata alcuna esigenza di fare riferimento agli amministratori e ai dirigenti in funzione specificativa. Questi riferimenti si rendono necessari solo in funzione di un’elencazione cumulativa, che peraltro risulta conforme non solo all’analoga disciplina dettata dalla normativa statale per le regioni a statuto ordinario, ma anche alla disciplina dettata dalla provincia di Trento, che ha un identico statuto di autonomia speciale. Infatti la L.P. Trentina n. 2 del 2003, art. 16, comma 1, lett. c), prevede che non sono eleggibili “il legale rappresentante, l’amministratore delegato, il consigliere delegato o il direttore generale delle società con capitale maggioritario della Regione o della Provincia di Trento”. Sicchè, contrariamente a quanto sembra ritenere la corte d’appello, è evidente che l’amministratore delegato, il consigliere delegato e il direttore generale sono ineleggibili anche quando non abbiano la legale rappresentanza della società.
Nè hanno rilevanza le prassi interpretative della stessa amministrazione interessata, cui la corte d’appello si richiama.
In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata. E non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa corte può decidere nel merito.
Si giustifica la compensazione delle spese, in ragione della novità della questione.
PQM
La Corte, in accoglimento del ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata. Decidendo nel merito, accerta l’ineleggibilità di R.V.B. alla carica di consigliere provinciale di *****, cui era risultata eletta il *****, la dichiara pertanto decaduta da tale carica e proclama eletto in sua vece B.R..
Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2010