LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. CALABRESE Renato – Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 15966-2005 proposto da:
T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320-D, presso lo studio dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato T.G. difensore di sè
medesimo;
– ricorrente –
contro
MILANO ASSIC SPA;
– intimati –
sul ricorso 20275-2005 proposto da:
MILANO ASSICURAZIONI SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato SPINELLI GIORDANO TOMMASO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GHIAIA NOYA GIUSEPPE con delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrenti –
contro
T.G.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1113/2004 della CORTE D’APPELLO di BARI, Terza Sezione Civile, emessa il 05/10/2004; depositata il 10/12/2004;
R.G.N. 221/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2009 dal Consigliere Dott. CHIARINI MARIA MARGHERITA;
udito l’Avvocato DOMENICO SELLA per delega Avvocato SPINELLI TOMMASO GIORDANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso principale assorbito il ricorso incidentale condizionato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 16 novembre 1999 l’avv. T.G. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Trani la s.p.a. Assicurazioni deducendo: 1) il 21 aprile 1994 aveva stipulato con la convenuta un contratto per la responsabilità civile con un massimale di L. 500 milioni; in data 23 maggio 1997 lo aveva sostituito con altro contratto che estendeva la garanzia anche allo funzioni di Sindaco della Banca Popolare Andriese che svolgeva dal 1996 e perciò il massimale era stato elevato a L. un miliardo; 2) in data 23 ottobre 1997 la banca era stata sottoposta ad amministrazione straordinaria del Ministero del Tesoro ed aveva avviato azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 2393 c.c., contro tutti gli esponenti aziendali che nel quinquennio precedente avevano svolto funzioni amministrative e di controllo ed aveva chiesto sequestro conservativo su tutti i beni dei cessati amministratori e sindaci fino alla concorrenza di L. 50 miliardi, ed il G.D. aveva autorizzato la misura cautelare anche nei suoi confronti; 3) di questo e delle ipotesi di transazione – poi conclusa con la banca per L. 200 milioni – aveva informato l’assicurazione, e le aveva chiesto se voleva partecipare alla gestione della lite, secondo la clausola n. 13, in sede giudiziale o stragiudiziale, con conseguente assunzione di spese nella misura di un quarto del massimale, ma il responsabile dell’ispettorato sinistri dubitava della copertura assicurativa per le funzioni sindacali perchè la polizza era stata stipulata allorchè l’ispezione presso la banca era già avviata. Concludeva pertanto per l’accertamento di operatività della garanzia assicurativa e per la condanna dell’assicurazione a manlevarlo da ogni esborso nei confronti della banca fino alla concorrenza di un miliardo di lire in base al contratto, e in subordine ai sensi dell’art. 2041 c.c. e al pagamento di lire 200 milioni per spese e competenze per l’attività difensiva svolta e da svolgere, oltre al risarcimento dei danni per la violazione de principio di buonafede.
Il Tribunale di Trani, Sez. staccata di Andria, rigettava la domanda di accertamento di operatività della polizza per carenza di interesse non essendo certa la responsabilità dell’attore nei confronti della banca, presupposto logico – giuridico necessario per l’operatività della polizza, e la domanda di condanna dell’assicurazione alla refusione delle spese per l’attività svolta dal medesimo nel giudizio conseguente al sequestro, in mancanza di relativa liquidazione da parte del giudice; condannava l’assicurazione a risarcire i danni subiti dal T. in violazione dei doveri di correttezza e buonafede essendo stata informata del sequestro e della proposta transattiva ed essendo rimasta inerte.
Con sentenza dal 10 dicembre 2004 la Corte di appello di Bari accoglieva l’appello principale del T. ed incidentale dell’assicurazione sulle seguenti considerazioni: 1) sussisteva l’interesse dell’assicurato all’accertamento dell’operatività della polizza costituendo la rimozione dell’incertezza sulla portata dei diritti ed obblighi del contratto un risultato giuridicamente rilevante in relazione all’azione esercitata nei suoi confronti dalla Banca popolare di Andria; 2) non sussisteva la decadenza dell’assicurazione dal diritto di impugnare il contratto per dichiarazioni inesatte o reticenti dell’assicurato perchè il sinistro sì era verificato prima del decorso di tre mesi dall’ammissione della banca alla procedura di amministrazione straordinaria da parte del Ministero del Tesoro e prima della conoscenza della banca della reticenza o inesattezza dell’assicurato, avendo gli ispettori accertato che i fatti addebitati al T. quale componente del collegio sindacale della banca erano ricompresi dall'*****, e addirittura che il sinistro era antecedente alla stipula della nuova polizza (*****); 3) comunque era sufficiente l’eccepita violazione dell’obbligo dell’assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere non avendo dichiarato nel maggio 1997 che la banca era sottoposta ad ispezione fin dal marzo 1997; 4) tale reticenza era determinante per l’assicurazione perchè alterava il rischio reale che, se conosciuto, avrebbe potuto indurla a non stipulare il contratto o a stipularlo a condizioni diverse; 5) l’omissione era gravemente colposa perchè l’assicurato aveva elevato il massimale di polizza per la sua responsabilità professionale dopo due mesi dall’avvio dell’ispezione e dopo più di un anno dall’inizio dell’incarico di sindaco revisore dei conti della banca e aveva informato l’assicurazione della procedura cautelare a suo danno (soltanto nel gennaio 1999, mentre la visita ispettiva si era conclusa nell’agosto 1997 e con decreto dell’ottobre 1997 erano stati nominati organi straordinari per l’amministrazione della banca che nel dicembre 1998 aveva chiesto il sequestro conservativo ante causam; 6) l’art. 3 delle condizioni di contratto precisava che a garanzia non era operante per danni conseguenti a circostanze o fatti già noti all’assicurato all’inizio del periodo di assicurazione mentre tal fine l’assicurato dichiarava, ai sensi degli artt. 1892 e 1893 c.c. che non era a conoscenza di nessun elemento che poteva far supporre un obbligo di risarcimento di danno a lui imputabile e tale clausola rivelava che per l’assicurazione era determinante ed essenziale conoscere l’avvio dell’ispezione bancaria; 7) conseguentemente la polizza non era operante per violazione dell’art. 1892 c.c. e neppure era operante l’obbligo dell’assicuratore di assumere, nella misura di un quarto della somma assicurata, le spese giudiziali sostenute dall’assicurato e legittimamente ed opportunamente l’assicurazione, conosciute le circostanze taciute dal T., aveva deciso di non assumere la lite in proprio; 8) alle lettere di costui l’assicurazione aveva risposto chiedendo la copia dei verbali di assemblea, dei bilanci e dei libri sociali relativi al periodo della sua carica il T. aveva risposto di non esser in possesso di tale documentazione, inviando invece le memorie difensive scritte per la causa con la banca ed informando l’assicurazione di ipotesi transattive invitandola a nominare un legale di sua fiducia, ma il responsabile dell’ufficio sinistri gli aveva manifestato seri dubbi sull’operatività della polizza, formalizzandoli formalmente del dicembre 1999; 9) quindi nessun obbligo di correttezza e buonafede era stato violato dall’assicurazione per aver assunto le necessarie informazioni per verificare la conformità del sinistro ai rischio protetto e perciò non era stata inerte.
Ricorre in via principale T.G. cui resiste la s.p.a.
Milano assicurazioni proponendo ricorso incidentale. Quest’ ultima ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Ai sensi dell’art. 335 c.p.c. i ricorsi vanno riuniti.
1.1 – Con il primo motivo il T. deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1892 c.c. nonchè contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.
1.1 – Il sinistro non consisteva nelle gravi perdite della banca andriese bensì nell’azione di responsabilità avviata nei confronti anche del ricorrente mediante la richiesta di sequestro conservativo, avvenuta nel dicembre 1998, e quindi dopo la stipula della polizza.
Infatti per sinistro, ai sensi dell’art. 3 delle condizioni particolari, deve intendersi ogni richiesta di risarcimento all’assicurato, compresa nell’oggetto di assicurazione nel corso del relativo periodo, e perciò l’attività produttiva di danno può anche esser stata posta in essere prima del contratto, purchè la richiesta risarcitoria sia successiva ad esso, anche per fatti antecedenti, come confermato dalle condizioni generali: “Tutte le garanzie relative all’esercizio della libera professione operano per gli eventi dannosi derivanti da fatti e circostanze resi noti all’assicurato per la prima volta nel corso della validità della polizza, anche se tali fatti si siano verificati prima della validità della stessa”.
La censura è infondata.
E’ incontestato l’accertamento di fatto secondo cui nel ***** era stata avviata l’ispezione alla banca di cui il T. era sindaco – dall'***** – e pertanto i giudici di appello, con motivazione logicamente ineccepibile, si sono conformati al consolidato principio secondo il quale, poichè l’assicurato ha l’onere di collaborare alla determinazione del rischio rappresentandolo in maniera veritiera, completa e chiara art. 1892 c.c., comma 1, – avendo il T. taciuto detta circostanza – ritenuta determinante del consenso dai giudici di secondo grado alla luce della clausola n. 3 del contratto, di cui infra – allorchè, due mesi dopo, aveva esteso la garanzia assicurativa all’attività sindacale dal medesimo svolta, non ha ottemperato a detto obbligo.
1.2 – Se è vero che l’art. 1892 c.c., comma 3, esime l’assicuratore dall’impugnativa del contratto entro i tre mesi dalla scoperta della reticenza nei casi in cui il sinistro si è verificato prima che sia decorso detto termine, è vero che tale onere persiste se l’assicurazione è a rischio continuato, come nella fattispecie, nè è sostenibile che l’onere varrebbe per i. rischi futuri e non per quelli già verificatisi, perchè la facoltà è di annullare l’intero contratto, non di rifiutare il singolo risarcimento, ed infatti a norma dell’art. 1892 c.c., comma 3 l’assicuratore ha diritto ai premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui ha domandato l’annullamento. Pertanto, mentre nei contratti a rischio unico se il sinistro si è verificato prima della scadenza dei tre mesi e l’assicuratore, prima di detta scadenza, è convenuto in giudizio, può limitarsi a rifiutare la prestazione fino all’accertamento del giudizio di merito, se invece il contratto è a rischio continuato deve dichiarare nei tre mesi dal sinistro se intende avvalersi della facoltà di annullamento della polizza se nessuna azione è stata intrapresa nei suoi confronti durante la pendenza di detto termine. Di conseguenza, se non assolve a tale onere, i contratti restano operanti sia per i sinistri verificati anteriormente che per quelli successivi. Nella fattispecie la Milano assicurazioni, benchè il contratto fosse a rischio continuato ed avesse avuto la denunzia di sinistro nel gennaio 1999, unitamente alla comunicazione dell’istanza di sequestro conservativo, che menzionava l’ispezione della Banca d’Italia e la data della stessa (5 maggio – 8 agosto 1997), rendendola così edotta della circostanza taciuta, lasciava inutilmente decorrere il termine trimestrale.
La censura è infondata.
Come emerge dalla narrativa, il rischio che il T. ha assicurato, dopo l’inizio dell’ispezione alla banca, è il risarcimento del danno derivato alla banca in relazione alla sua attività sindacale presso la stessa.
Per giurisprudenza assolutamente pacifica per effetto del combinato disposto dell’art. 1892 c.c., commi 2 e 3, se a seguito del verificarsi dell’evento oggetto di assicurazione, l’assicuratore viene a conoscenza di dichiarazioni inesatte dell’assicurato, ascrivibili a sua dolosa preordinazione o a grave errore di valutazione o di apprezzamento, ed influenti sulla valutazione del rischio e perciò sul consenso dell’assicuratore, secondo il giudizio di merito, può limitarsi a rifiutare l’indennità eccependo la violazione dell’onere dell’assicurato (art. 1892 c.c., commi 1 e 3).
Soltanto nel caso in cui il rischio assicurato è continuato, l’assicuratore, venuto a conoscenza della reticenza colpevole, ha l’onere, per i rischi futuri che non intenda indennizzare, di far conoscere, nel termine legale di decadenza – art. 1892 c.c., comma 2, se intende impugnare o meno il contratto (Cass. 5401/1983).
Quest’ultimo principio è però inapplicabile nella specie perchè, come innanzi detto, l’evento si era già verificato all’atto della stipula del contratto di assicurazione essendo gli addebiti mossi al T. dall'*****.
Pertanto la censura va respinta.
2.- Con il secondo motivo deduce; “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1892 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza”.
All’appello incidentale della banca per inoperatività della polizza in violazione dell’art. 1892 c.c. sia sotto il profilo oggettivo – inizio dell’ispezione della Banca d’Italia prima della stipula della polizza – che soggettivo – omissione di informazione di tale circostanza da parte del T. ed ampliamento della copertura assicurativa in relazione all’attività di sindaco – il ricorrente aveva replicato che i controlli della Banca d’Italia sono periodici, annuali, normali e asintomatici, in quanto si inquadrano nell’attività prevista dal D.Lgt. n. 385 del 1993, art. 54 e sono l’integrazione della vigilanza informativa demandata all’Istituto centrale per controllare la veridicità dei dati periodicamente acquisiti e valutare la qualità della gestione aziendale e di rispetto della normativa creditizia, e quindi non hanno in sè significato allarmante, ed infatti la c.d. procedura sanzionatoria, prevista dal D.Lgt., art. 145, prevede la contestazione degli addebiti, non l’avvio dell’ispezione, e pertanto questa circostanza era inidonea ad influire sul rischio assicurato e sulla determinazione dell’assicuratore. Quindi anche soggettivamente non poteva configurarsi il dolo o la colpa grave del T. per non aver riferito l’ispezione all’assicurazione, i cui esiti si manifestarono nell’ottobre del 1997, dopo due mesi e mezzo dalla sua conclusione, ed aver stipulato la polizza dopo più di due mesi dall’inizio dell’ispezione poteva semplicemente rappresentare una maggiore consapevolezza dell’attività di Sindaco, ma non dell’aggravamento del rischio, e comunque nel dubbio la valutazione deve esser favorevole all’assicurato. Perciò il controllo degli ispettori non poteva costituire circostanza influente sul rischio assicurato tale da poter dissuadere, se conosciuta, l’assicurazione dalla copertura assicurativa; e se oggettivamente la circostanza in sè non era rilevante, a maggior ragione non sussisteva il dolo o la colpa grave per la reticenza serbata al riguardo. Pertanto, poichè l’ispezione aveva ad oggetto l’attività della banca o non quella sindacale che sarebbe divenuta rilevante soltanto se fossero emerse irregolarità della amministrazione bancaria, non poteva il T. percepire il rischio e comunicarlo alla banca, nè la Corte spiega perchè l’ispezione, percepita come di routine, poteva alterare il rischio assicurato, nè a tal fine è idonea la considerazione che soltanto dopo due mesi dall’inizio dell’ispezione il T. decise di assicurare il rischio della sua attività sindacale, e non già dall’inizio dello svolgimento della medesima, e cioè dall’ *****, perchè tale ragionamento viola gli artt. 2727 e 2729 c.c..
D’altra parte, secondo il principio di buona fede, se la banca riteneva di dover valutare specificatamente alcuni rischi al fine di delimitarli, avrebbe dovuto sottoporre un questionario indicando quali circostanze riteneva rilevanti per la copertura assicurativa e tale obbligo non è stato assolto dall’assicurazione inserendo la clausola n. 3 in cui si precisa che la garanzia non era operante per i danni conseguenti a fatti e circostanze note all’assicurato all’inizio dell’assicurazione. Infatti la clausola n. 3 “A tale effetto l’assicurato dichiara, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 1892 e 1893 c.c. di non aver ricevuto alcuna richiesta di risarcimento del danno e di non essere a conoscenza di alcun elemento che possa far supporre il sorgere di un obbligo di risarcimento per fatto a lui imputabile” non è idonea a tal fine non essendo specificati i fatti che l’assicurazione riteneva rilevanti.
Il motivo, per la parte non assorbita nel motivo precedente, è infondato.
Ed infatti è lo stesso ricorrente, come innanzi riassunto, ad assumere che, dopo l’avvio dell’ispezione, aveva acquistato consapevolezza della responsabilità derivante dall’attività, già svolta da oltre un anno, di sindaco, tant’ è che decise di ampliare la copertura assicurativa estendendola al relativo rischio. Perciò se lo stesso assicurato si è prospettato l’eventualità che l’ispezione potesse rendere concretamente possibile l’addebito di tatti colpevoli nell’espletamento dell’attività sindacale, correttamente la Corte di merito, per effetto della predetta clausola contrattuale, avuto riguardo alla sua qualità professionale, ha ritenuto che ha violato l’obbligo di informare l’assicurazione dell’i avviata ispezione.
Pertanto il motivo va respinto.
3.- Con il terso motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1375 c.c.. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.
Avendo il T. informato l’assicurazione della richiesta del provvedimento cautelare anche nei suoi confronti, se la ragione della non operatività della polizza era aver taciuto l’avvio dell’ispezione prima della stipula della medesima, non vi era motivo di istruire la pratica chiedendo i verbali dell’assemblea, bilanci e libri sociali e quindi tale comportamento dell’assicurazione era inutile e scorrettamente dilatorio, perchè non ha consentito al T. di decidere tempestivamente le diverse ipotesi transattive, ed anzi egli avrebbe resistito nella controversia senza assumersi l’onere della transazione.
Il motivo è infondato.
Ed infatti la Corte di merito ha evidenziato che, proprio al fine di valutare se la reticenza del T. era in buona fede, l’assicurazione, eseguendo la clausola n. 3 nel rispetto dell’art. 1375 c.c. ha chiesto la documentazione suindicata il cui mancato invio ha costituito per la Corte di merito ulteriore argomento di (prova della consapevolezza del valore determinante sul consenso del l’assicurazione del silenzio sull’ispezione della banca in corso già da due mesi all’atto della stipula della polizza.
Pertanto il motivo va respinto.
4 – Con il ricorso incidentale con cui la s.p.a. Assicurazioni Milano deduce: “Violazione ed erronea applicazione art. 100 c.p.c.. Erronea valutazione dei fatti di causa. Contraddittorietà ed insufficiente motivazione. Omessa motivazione per mancata valutazione di un fatto essenziale ai fini della decisione”.
La domanda proposta dall’avv. T. ha introdotto un giudizio di garanzia impropria che sussiste ogniqualvolta il collegamento dell’obbligazione indennitaria con quello principale è meramente occasionale ed estrinseco, ferma l’opportunità del simultaneus processus. Il contratto di assicurazione ne è l’esempio tipico perchè, se si verificano eventi pregiudizievoli nella sfera giuridica dell’assicurato scaturenti da una pronuncia giurisdizionale, costui può chiamare in giudizio l’assicuratore per far valere i diritti nascenti dal contratto.
Nella fattispecie manca agli atti di causa l’accertamento negoziale o giudiziale della responsabilità dell’assicurato e perciò l’obbligazione dell’assicuratore non poteva esser ritenuta liquida ed esigibile e di conseguenza difetta l’interesse ad agire nei confronti dell’assicurazione per ottenere una condanna di manleva eventuale, per i danni cagionati alla banca.
Diversamente sarebbe sempre ammissibile la domanda di colui che avendo stipulato un contratto di assicurazione agisce a “futura memoria” nei confronti dell’assicurazione per accertare il diritto ad esser garantito da domande possibili, ma non ancora proposte nei suoi confronti. E poichè al momento della citazione dell’assicurazione difettava un danno concreto per il T., non vi era il suo interesse ad agire. Infatti dagli atti di controparte e dalla sentenza impugnata non emerge una domanda di condanna nei confronti del T. da parte degli organi straordinari della banca e neppure la transazione è stata portata a conoscenza dell’assicurazione. La documentazione prodotta non ha nessun valore probatorio a tal fine, consistendo nel verbale dell’udienza in cui il G.D. aveva revocato, nel febbraio 2000, il provvedimento cautelare ordinando al conservatore dei registri immobiliari la cancellazione della trascrizione in base alla dichiarazione de presidente della banca che affermava aver l’assemblea all’unanimità approvato la proposta transattiva relativa all’azione di responsabilità proposta dai commissari straordinari.
Questi documenti non sono opponibili alla banca perchè non contengono un negozio transattivo, la cui prova è rigorosamente formale ai sensi dell’art. 1967 c.c., ma la notizia di avvenuta transazione tra più soggetti, con posizioni giuridiche autonome, in relazione ad un giudizio di cui l’assicurazione non è stata parte, e senza specificare se il T. è stato riconosciuto responsabile, se abbia effettuato dei pagamenti, etc..
Quindi se costui ha celato la vicenda transattivi, il suo interesse alla manleva non sussiste. Il motivo è assorbito dovendosi esaminare solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (S.U. 5456/2009).
5. – Concludendo il ricorso principale va respinto ed il ricorso incidentale va dichiarato assorbito. Il ricorrente principale va condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale a pagare le spese del giudizio di cassazione pari ad Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2010