LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 15569-2004 proposto da:
M.G. (c.f. *****), M.M.T.
(c.f. *****), M.V. (c.f.
*****), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso l’avvocato SINOPOLI VINCENZO, rappresentati e difesi dall’avvocato LOVELLI ALFREDO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI SAN GIORGIO JONICO;
– intimato –
sul ricorso 19581-2004 proposto da:
COMUNE DI SAN GIORGIO JONICO (c.f. *****), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso il dott. PLACIDI ALFREDO, rappresentato e difeso dall’avvocato LIUZZI MARINO, giusta procura speciale per Notaio avv. ERMANNO LECCESE di PALAGIANO (TARANTO) – Rep. n. 2311 del 13.10.09, depositata in udienza;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
M.G., M.M.T., M.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VLE ANGELICO 38, presso l’avvocato SINOPOLI VINCENZO, rappresentati e difesi dall’avvocato LOVELLI ALFREDO, giusta procura a margine del ricorso principale;
– controricorrenti al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 116/2004 della SEZ. DIST. DI TARANTO – CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 05/04/2004;
preliminarmente l’Avv. LIUZZI MARINO deposita procura speciale in sostituzione dell’Avv. PLACIDI;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/10/2009 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato LOVELLI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato LIUZZI MARINO che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, accoglimento di quello incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione dell’11.10.1988, R.G. adiva il Tribunale di Taranto chiedendo la condanna del Comune di S. Giorgio Jonico al risarcimento dei danni derivati dall’occupazione ed irreversibile trasformazione del suo fondo, sul quale erano state realizzate strade pubbliche pur in assenza di procedura di espropriazione. Nel corso del giudizio di primo grado si costituivano M.G., M.T. e V., eredi testamentari della defunta R..
Con sentenza non definitiva del 24.09-5.10.1999, resa nel contraddittorio delle parti, l’adito Tribunale, respinta l’eccezione di prescrizione sollevata dall’ente convenuto, riapriva l’istruttoria per l’espletamento di una nuova CTU. Successivamente, con sentenza definitiva del 13.01-28.01.2001, condannava il Comune di S. Giorgio Jonico al risarcimento dei danni subiti dagli attori a seguito di occupazione usurpativa ed alle spese di lite. Con sentenza del 27.02- 5.04.2004, la Corte di appello di Lecce, decidendo sul gravame proposto dal Comune l’11.01.2002, avverso entrambe le sentenze di primo grado, in parziale riforma della sentenza definitiva che nel resto confermava, condannava l’ente locale a pagare ai danneggiati la minore somma di Euro 681.335,00, da rivalutare in base istat dal 2001 alla data di pubblicazione della sentenza e con gli interessi legali di pari decorrenza, sulle somme rivalutate anno per anno. Condannava, inoltre, il Comune appellante al pagamento in favore degli appellati della quota pari ai due terzi delle spese di lite, che compensava per il residuo, in ragione dell’esito della lite. La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro ed in sintesi:
– che il Comune, nel ***** aveva destinato a strade pubbliche i terreni edificabili degli attori, rendendosi responsabile di un’occupazione usurpativa, e, dunque, di un illecito d’indole permanente, soggetto a prescrizione quinquennale con decorrenza dalla cessazione della permanenza e cioè dalla proposizione dell’azione risarcitoria – che doveva, quindi, essere confermato il rigetto dell’eccezione, di prescrizione del diritto risarcitorio dei M. e, pertanto, disatteso il relativo motivo di appello del Comune che il credito risarcitorio doveva essere soddisfatto per equivalente in base al valore del bene al momento della sua irreversibile trasformazione, rivalutato sino alla data della sentenza, con l’aggiunta degli interessi compensativi sulla somma capitale anno per anno rivalutata che i due ctu di primo grado nel calcolare il valore dell’area appresa avevano giustamente non considerato la sua destinazione ad opere di urbanizzazione primaria ed applicato il metodo analitico e però più attendibile risultava essere la determinazione in L. 125.000 a metro quadrato calcolata dal ctu Ma. rispetto al maggiore valore unitario indicato nella relazione dell’altro esperto d’ufficio, Mu.:
– che la superficie appresa doveva essere ritenuta di estensione pari a mq 10.554. Contro questa sentenza M.G., M. T. e V. hanno proposto ricorso per cassazione notificato il 24.06.2004, affidato a due motivi. Il Comune di S. Giorgio Ionico ha resistito con controricorso notificato il 14.09.2004 ed ha, a sua volta, proposto ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza. A sostegno del ricorso principale i M. denunziano:
1. “Violazione ed omessa od erronea applicazione delle norme dettate dall’art. 1224 c.c. e art. 1219 c.c., comma 2, n. 1, anche in relazione alla norma dettata dall’art. 329 c.p.c., comma 2. Omessa ed insufficiente (ovvero apparente e tautologica) motivazione, circa un punto decisivo della controversia”.
Sostengono che la decorrenza degli interessi compensativi e della rivalutazione avrebbe dovuto essere fissata non alla data del 1.01.2001, come stabilito dalla Corte con determinazione tra l’altro immotivata e conforme a quella di 1^ grado, che però era stata adottata in aderenza all’aggiornamento dei valori per capitale ed interessi al 31.12.2000, ma alla precedente data di perpetrazione dell’illecito (aprile/maggio 1984), cui era anche riferibile il valore venale unitario recepito dalla Corte, quale indicato in una consulenza d’ufficio del 1990, in cui era stato specificato che tale valore si riferiva all’epoca dell’illecito. Premesso che il Comune, che aveva proposto appello avverso il capo della sentenza di primo grado contenente la liquidazione del danno, non può a ragione invocare il giudicato in ordine alla decorrenza della rivalutazione e degli interessi compensativi precedentemente attribuiti (cfr Cass. SU 200708520), la censura si rivela proponibile ma inammissibile per difetto di autosufficienza.
L’illustrazione del motivo, infatti, non comprende anche la trascrizione dei passi degli atti richiamati (sentenza di primo grado e CTU), da cui dovrebbero trarsi gli elementi di riscontro delle doglianze (in tema cfr, tra le altre, Cass. 1999083839), che, pertanto, si sostanziano in critiche generiche ed apodittiche, tra l’altro in contrasto con i richiami della sentenza impugnata ai criteri legali ed alle modalità temporali di commisurazione del risarcimento.
2. “Violazione ed omessa ovvero erronea applicazione delle norme dettate dagli artt. 2056 e 1223 c.c., nonchè della norma dettata dall’art. 329 c.p.c., comma 2. Omessa ed inadeguata motivazione circa un punto decisivo della controversia”.
Sostengono che il risarcimento avrebbe dovuto attenere anche al danno da indisponibilità del bene nel periodo intercorso tra la data di spossessamento e quella d’irreversibile trasformazione, come già ritenuto dal Tribunale, che per questo pregiudizio aveva liquidato L. 218.681.343 oltre rivalutazione ed interessi dall’aprile 1984, con statuizione che il Comune non aveva impugnato. Si dolgono pure del difetto di motivazione in ordine all’espunzione di questa voce, non argomentata anche rispetto alla mancanza sul punto di gravame del Comune. Anche questo motivo di ricorso non ha pregio, dal momento che viola anch’esso il principio di autosufficienza del ricorso con riguardo al richiamato capo della sentenza di primo grado, inerente alla liquidazione del pregiudizio da occupazione temporanea, il quale costituisce componente autonoma del danno (cfr Cass. 200509361), capo che, d’altra parte, non risultando impugnato in appello, non necessitava di ultronee argomentazioni in sede di gravame.
A sostegno del ricorso incidentale il Comune deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5:
a. vizi motivazionali inerenti alla non ravvisata prescrizione del diritto al risarcimento del danno, sia con riferimento alla collocazione temporale del termine iniziale della prescrizione quinquennale dell’azionato diritto al risarcimento (quanto meno in relazione alle porzioni dell’area occupate e trasformate nel ***** (p.lle *****), con inconcludente qualificazione della vicenda in termini di occupazione usurpativa e sia sotto il profilo della cessione bonaria del bene intervenuta tra questi e la proprietaria;
b. omessa motivazione in ordine alla cessione bonaria del bene in favore dell’ente civico;
c. omessa motivazione in ordine alla richiesta di rinnovo di ctu e contraddittoria motivazione relativamente alla quantificazione del danno, con riproposizione dei rilievi già sottoposti al giudizio della Corte di merito in ordine alle due ctu svolte in primo grado, a parere dell’ente locale contraddittorie, inattendibili e non avvalorate da documentazione. Il motivo non ha pregio, dal momento sia che non coglie la ratio decidendi dell’avversata conclusione, secondo cui ricorrendo un’occupazione cd. usurpativa, che costituisce un fatto illecito permanente, il relativo termine quinquennale di prescrizione, decorrendo di giorno in giorno, non poteva ritenersi compiuto, sia che in ordine alla qualificazione della vicenda in termini di occupazione cd. usurpativa è intervenuto il giudicato interno, non essendo stata sul punto impugnata la pronuncia di primo grado, sia che risulta inammissibilmente dedotta per la prima volta, in questa sede la nuova circostanza di fatto costituita dall’esistenza di una “cessione bonaria per tacita intesa” dei beni, sia ancora che il giudice d’appello non ha l’obbligo di motivare il diniego di rinnovazione della CTU, che può essere anche implicito, bensì di rispondere alle censure tecnico – valutative mosse dalla parte alle valutazioni di ugual natura contenute nella sentenza impugnata (cfr. Cass. 199904852) e sia infine la genericità ed apoditticità dei residui rilievi critici, avverso anche l’operato dei CTU (in tema cfr Cass. 200306753).
Conclusivamente i ricorsi riuniti devono essere respinti. La reciproca soccombenza legittima la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010