LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2281-2009 proposto da:
B.S. (c.f. *****), G.L.
(c.f. *****), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA S.
TOMMASO D’AQUINO 116, presso l’avvocato FIORELLI STEFANO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FOGLIA GIAMPIERO, giusta procura a argine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
M.E., nella qualità di curatore speciale del minore Z.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO,44, presso l’avvocato BARTOLINI BALDELLI FRANCESCO, rappresentata e difesa dall’avvocato CESARO GRAZIA, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
contro
P.A., P.U., SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI MILANO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, B.S., COMUNE DI BESANA BRIANZA:
TUTORE DEL MINORE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 44/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2009 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato STEFANO FIORELLI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato GRAZIA OFELIA CESARO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale per i Minorenni di Milano, con decreto in data 29/5/2007, dichiarava lo stato di adattabilità del minore Z. F., nato nel *****.
Proponevano ricorso in opposizione i nonni materni, odierni ricorrenti, il padre del minore, nonni e zii paterni. Si costituivano il curatore del minore, nonchè il Comune di Besana Brianza, quale tutore del minore, che chiedevano respingersi le opposizioni; pure si costituiva la madre del minore, B.S., che aderiva alle domande degli opponenti.
Il Tribunale per i minorenni, con sentenza 21/11/2007 – 6/2/2008, rigettava le opposizioni.
Avverso tale sentenza proponevano appello i nonni paterni e materni del minore. Si costituivano il curatore e il tutore del minore che chiedevano il rigetto dell’appello.
Con sentenza 3/10/2008, la Corte d’Appello di Milano, Sezione per i Minorenni, rigettava i proposti appelli.
Ricorrono per cassazione B.S. e G.L.;
nonni materni, sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso il curatore del minore.
I ricorrenti hanno depositato memoria per l’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni svolte dai ricorrenti in memoria difensiva, circa l’inammissibilità del controricorso. Si eccepisce l’invalidità della procura a margine del controricorso, con la quale il curatore speciale Avv. M. delega l’Avv. Cesaro a rappresentarlo e difenderlo in giudizio, davanti a questa Corte, al fine di contraddire il ricorso, in mancanza di un’autorizzazione del giudice minorile. L’eccezione non ha pregio. Il curatore speciale è stato nominato dal Tribunale per i minorenni, ai sensi della L. n. 184, art. 17 nella sua originaria formulazione: nella disciplina vigente l’unico riferimento al curatore è contenuto negli artt. 15 e 16, per cui la sentenza sullo stato di adattabilità viene notificata al curatore speciale, “ove esista”. Tuttavia, nella disciplina originaria come in quella vigente, il curatore speciale rappresenta il minore nel processo (in quella previgente: nella fase di opposizione), ma non si precisa affatto che debba trattarsi di un avvocato. La prassi, per una condivisibile esigenza di semplificazione, ha condotto molto frequentemente alla nomina di un avvocato (e dunque nello stesso soggetto coesistono la posizione di rappresentante del minore e di difensore, ma le due funzioni restano concettualmente ed operativamente distinte). Dunque il curatore speciale, sia o non sia avvocato, potrà nominare un difensore.
Neppure ha pregio l’ulteriore eccezione di inammissibilità del controricorso, in quanto il curatore avrebbe “depositato meri interventi in giudizio” e non potrebbe assumere una diversa posizione giuridica, proponendo domande autonome nel controricorso. Va precisato che il curatore speciale è parte a tutti gli effetti;
nella specie, nelle fasi precedenti, si è costituito, con comparsa di risposta, formulando le proprie domande. Può dunque sicuramente contraddire, mediante controricorso, il ricorso avversario. Egli non ha proposto, nella specie, domande autonome, limitandosi a chiedere il rigetto del ricorso nonchè la rifusione delle spese legali del giudizio di cassazione (e non è certo la qualità di patrocinante a spese dello Stato che gli impedisce di formulare tale richiesta).
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti eccepiscono la nullità della sentenza di appello, per violazione della L. n. 184 del 1983, art. 17, nel testo originario, perchè il dispositivo non è stato letto in udienza (come prevedeva appunto l’art. 17, nella formulazione previgente). Il quesito proposto appare adeguato, e dunque non va dichiarato inammissibile il motivo, come richiesto da controparte.
E’ bensì vero che, nella formulazione originaria, l’art. 17 prevedeva la lettura del dispositivo in udienza; non così l’art. 17 novellato, che nulla precisa al riguardo, limitandosi a prevedere che la sentenza (d’appello; ma analogamente accadrà per quella di primo grado) si pronunci in camera di consiglio, provvedendosi al suo deposito in cancelleria, entro quindici giorni.
Come è noto, alcune disposizioni della L. n. 149 del 2001 (ivi compreso il novellato art. 17) sono entrate in vigore a seguito di varie proroghe di validità della disciplina anteriore il 1/7/2007.
Nella specie, il ricorso in appello è stato depositato in data 2/4/2008, e la sentenza della Corte di merito è datata 3/10/2008.
Del tutto legittimamente quindi, all’esito del procedimento in appello, non è stato pubblicato il dispositivo mediante lettura in pubblica udienza.
Nè si potrebbe sostenere l’applicabilità della normativa previgente. In mancanza di ogni disposizione transitoria al riguardo (dopo l’ultima proroga fino al 30/6/2007) vale il principio generale tempus regit actum (riconducibile all’art. 11 preleggi per cui la legge non dispone che per l’avvenire), in virtù del quale gli atti processuali sono regolati dalla legge vigente al momento del loro compimento.
Con il secondo motivo, i ricorrenti chiedono sollevarsi questione di legittimità costituzionale della L. n. 184, art. 8 nella sua formulazione originaria, che non prevedeva l’assistenza del difensore e le garanzie del contraddittorio fin dall’inizio del procedimento per contrasto con l’art. 24 Cost.. Anche in tal caso il quesito appare adeguato e il ricorso non va dichiarato inammissibile, come chiede il controricorrente.
La questione appare manifestamente infondata. La diversità di disciplina appare palese espressione di una scelta discrezionale del legislatore, che sfuggirebbe necessariamente al controllo dei giudici della Consulta (al riguardo Cass. 10645 del 2008).
Del resto, anche il sistema previgente aveva una sua coerenza sistematica: è vero che nell’ambito di tale procedura, non era prevista, fin dall’inizio, l’assistenza obbligatoria del difensore (ma ovviamente ciascuna parte poteva munirsi di difensore) e non operava il principio del contraddittorio, ma proprio per questo era prevista una fase di opposizione al decreto di adottabilità, a carattere prevalentemente contenzioso, articolata su tre gradi di giudizio. Estesa oggi – assai più opportunamente, senza dubbio – l’assistenza del difensore e il principio del contraddittorio, fin dall’inizio della procedura, è stata eliminata la fase di opposizione. Il giudizio di primo grado, che si apre con il ricorso del P.M., si chiuderà con una sentenza del Tribunale per i minorenni sullo stato di adottabilità. Potrà seguire la fase di appello e di cassazione.
Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il motivo va dichiarato inammissibile.
Come è noto, l’art. 366 bis c.p.c., ancora vigente per i rapporti pregressi, precisa che l’illustrazione di ciascun motivo, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso e/o delle ragioni per cui la dedotta insufficienza di motivazioni la rende inidonea a giustificare la decisione. Secondo giurisprudenza consolidata, ove si lamenti, come nella specie, insufficienza o contraddittorietà della motivazione, la censura deve contenere un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) che ne circoscriva i limiti, così da non ingenerare incertezze in sede di esame del motivo e valutazione della sua ammissibilità (per tutte, Cass. S.U. N. 20603 del 2007). Tale sintesi è del tutto assente nella specie. Ne consegue l’inammissibilità del motivo. Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
La natura della causa richiede la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso dichiara compensate le spese del presente giudizio di legittimità; a norma del D.L. n. 196 del 2003, art. 52 in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri atti identificativi delle parti, dei minori e dei parenti.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010