LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2477-2009 proposto da:
L.P.S. (c.f. *****), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LISBONA 12, presso l’avvocato IANNELLI VITTORIO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ***** (c.f. *****), nella qualità di tutore dei minori T.M., T.I.R., in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO T.
SOLERA 7/10, presso l’avvocato PIROCCHI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati PEZZULLO SALVATORE, AMMENDOLA SALVATORE, MORAMARCO ANNA MARIA, SURANO MARIA RITA, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI MILANO, CURATORE SPECIALE DEI MINORI T.M. E R.
I., D.M.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 45/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 02/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2009 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato ALESSANDRO LEMBO, per delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e deposita certificato di analisi dell’Università di *****;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 4-12-2007, il Tribunale per i Minori di ***** dichiarava lo stato di adottabilità dei minori T.M. e I. figli di T.A. e di L.P. S., sulla base delle risultanze di una C.T.U., disposta ed espletata in corso di causa.
Avverso tale sentenza proponeva appello la madre dei minori, L. P., eccependone la nullità, per mancata convocazione dei parenti entro il quarto grado, e in particolare della nonna materna, A. M., e, nel merito, chiedendo revocarsi la dichiarazione di adottabilità dei minori.
Costituitosi il contraddittorio, il Comune di ***** in persona del Sindaco pro tempore, quale tutore dei minori, chiedeva rigettarsi l’appello.
La Corte d’Appello di Milano, sezione per i minorenni, con sentenza 13/11-12/12/2008, rigettava l’appello proposto.
Propone ricorso per cassazione la L., sulla base di tre motivi.
Resiste, con controricorso, il Comune di *****.
Le parti hanno depositato memoria per l’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ai sensi dell’art. 372 c.p.c., va dichiarata irricevibile la documentazione prodotta per la prima volta nel presente giudizio di legittimità (certificato relativo alla ricerca di sostanze stupefacenti, sui capelli della L.; relazione dell’ASL).
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 1 con riferimento all’interesse del minore a crescere nella propria famiglia di origine.
Il motivo va rigettato, siccome infondato.
La L. n. 184 del 1983, art. 1 introduce una generale enunciazione di principio, per cui il minore ha diritto di crescere ed essere educato nella propria famiglia. Non pare evidentemente accettabile un interpretazione del principio in senso assoluto: il minore dovrebbe essere educato sempre e comunque nella famiglia di origine (ciò che contraddirebbe il contenuto stesso della L. n. 184 e i principi costituzionali: l’art. 30 Cost., comma 2 precisa che, anche in caso di incapacità dei genitori, devono essere comunque assicurati i compiti di educazione, mantenimento, istruzione dei figli).
II significato dell’enunciazione che apre la L. n. 184, anche alla luce dei commi successivi dell’art. 1 (per cui sono disposti a favore della famiglia interventi di sostegno ed aiuto, al fine di prevenire situazioni di abbandono) è ben diverso: il minore ha diritto ad essere educato nella propria famiglia di origine finchè ciò sia possibile, ed è pertanto necessario individuare tutti gli strumenti di aiuto e sostegno ad esso, seguendo del resto le indicazioni dell’art. 31 Cost., perchè essa possa assolvere ai suoi compiti educativi; ma quando questo programma non ottenga l’effetto sperato, si farà luogo all’adozione, sciogliendo ogni legame con la famiglia di origine.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione della L. n. 184 del 1983, art. 12 per mancata notifica della sentenza di primo grado alla nonna materna, A.M.. Anche tale motivo va rigettato, in quanto infondato.
Va osservato che, ai sensi della novellata L. n. 149 del 2001, art. 10 con una disposizione che non trova riscontro alcuno nella disciplina previgente, all’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza (e dunque se i genitori sono deceduti, risultino irreperibili, ecc. …), i parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore; genitori o, in mancanza, parenti che acquistano la qualità di parti necessarie nella procedura (e si provvederà, da parte del giudice, ove non nominino un proprio difensore, a nominarne uno d’ufficio).
In diversa prospettiva, l’art. 12 precisa che, quando attraverso le indagini effettuate, consta l’esistenza di genitori o parenti entro il quarto grado (che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore) il Tribunale fissa la loro comparizione (sul punto, ma con riferimento alla disciplina previgente, Cass. n. 8526 e 22499 del 2006). In presenza dunque di genitori, è da ritenersi che i parenti entro il quarto grado non acquistino la qualità di parti necessarie, e che nei loro confronti, non sia previsto invito a nominare un difensore, nè, in caso di inottemperanza, si provveda a nominarne uno d’ufficio.
In ogni caso, deve trattarsi di parenti “che abbiano mantenuto rapporti significativi” con il minore. Nella specie, come chiarisce la sentenza impugnata, l’ A., nonna materna, è stata convocata e sentita approfonditamente nel corso del giudizio di primo grado, ma dall’audizione della stessa – come precisa il giudice a quo – è emersa la totale mancanza di rapporti significativi con i minori, con i quali essa ha avuto scarsissime occasioni di frequentazione, fin dalla loro nascita: l’ A., nonostante i servizi avessero predisposto per lei un programma di contatto con i minori, ha visitato questi solo quattro volte in un anno, potendoli al contrario vedere ogni quindici giorni. Prosegue la pronuncia impugnata, osservando che l’ A. non è mai pervenuta ad un rapporto equilibrato con la figlia, della quale ha sempre giustificato ogni comportamento, senza considerare le difficoltà personali di questa, e senza assumere un atteggiamento di protezione verso i nipoti.
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice a quo non avrebbe considerato gli esiti di numerosi elementi istruttori, e avrebbe recepito acriticamente alcune indicazioni dei servizi sociali, rivelatisi invece inidonei a perseguire lo scopo di protezione dei minori e della stessa L..
Anche questo motivo va rigettato, siccome infondato.
Con motivazione adeguata e non illogica, la Corte di merito valuta la posizione dell’odierna ricorrente, precisando che essa ha goduto di un aiuto eccezionalmente consistente, da parte di una vera e propria rete di servizi sociali, a ***** durante i suoi trasferimenti in *****, e tuttavia non ha mai modificato il suo stile di vita “turbolento e imprevedibile”, del tutto inadeguato ad una serena ed armoniosa crescita psicofisica dei minori. Precisa ancora il giudice a quo che essa ha alternato periodi di astensione dalla droga a ricadute; anche riguardo ai progetti di vita futura, oscilla tra intendimenti di recupero iniziati e mai conclusi ed impulsive (e inconcludenti) iniziative di autonomia, confermando una grave inaffidabilità e incapacità genitoriale. Per di più la L. ha sempre mostrato di non accorgersi -secondo la sentenza impugnata – dei gravi danni che i suoi atteggiamenti e comportamenti provocavano sui minori, con gravi disagi psicologici, come emerso dalla C.T.U. in atti.
Va, conclusivamente rigettato il ricorso.
La natura della causa richiede la compensazione delle spese per il presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del presente giudizio di legittimità; a norma del D.L. n. 196 del 2003, art. 52 in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli atti identificativi delle parti, dei minori e dei parenti.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010