Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.1110 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3589-2005 proposto da:

AUTOTRASPORTI MARINI ANTONIO & C. S.N.C. (P.I. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, M.A., C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 308, presso l’avvocato RUFFOLO UGO, rappresentati e difesi dall’avvocato ROSSI RITA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO AUTOTRASPORTI MARINI ANTONIO & C. S.N.C., FALLIMENTO M.A., FALLIMENTO C.G.;

– intimati –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’UFFICIO LEGALE DELLA FREZZA, rappresentato e difeso dagli avvocati COSSU BENEDETTA, CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, giusta procura in calce al ricorso notificato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 559/2 004 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 01/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2009 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato PIERA CARTONI MOSCATELLI, per delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Autotrasporti s.n.c. Marini Antonio ed i soci illimitatamente responsabili M.A. e C. G., in seno al giudizio d’opposizione introdotto innanzi al Tribunale di Ascoli Piceno avverso la sentenza del 12 febbraio 1997 che ne aveva dichiarato il fallimento, proposero querela di falso avente ad oggetto il verbale dell’udienza di comparizione celebratasi il 16 marzo 1996 innanzi al giudice designato, perchè non contenente le dichiarazioni di presenza della C., dell’Avv. S. M. e del Dott. B.M. e la produzione di otto documenti. Contestarono altresì la sussistenza dello stato d’insolvenza della società fallita.

Il g.i. rimise la causa al collegio che dichiarò inammissibile la querela per irrilevanza del verbale impugnato, in quanto i documenti erano stati rinvenuti agli atti e valutati, e respinse nel merito l’opposizione.

La Corte d’appello di Ancona, innanzi alla quale la statuizione venne impugnata dai falliti, odierni ricorrenti, con sentenza n. 3589 notificata il 6 dicembre 2004, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione.

Avverso questa decisione la società Autotrasporti Marini ha proposto il presente ricorso per cassazione in base a cinque motivi non resistiti dagli intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte territoriale ha sostenuto che:

1.- la querela di falso è inammissibile siccome non se ne ravvisa la concludenza. Nel merito la denunciata falsità non vale nè ad affermare nè ad escludere lo stato d’insolvenza. In rito l’asserita violazione del diritto di difesa non sarebbe idonea a configurare la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento, che peraltro neppure è stata espressamente invocata. L’omesso esame della memoria difensiva e dei documenti, se effettivamente verificatasi, potrebbe assurgere a ragione di error in judicando ma non darebbe luogo ad error in procedendo, o a violazione dell’art. 15, L. Fall. che è configurabile solo nel diverso caso di mancata audizione del fallendo nei termini di cui all’art. 15, L. Fall..

La nullità, ancorchè accertata, mai potrebbe indurre la revoca della dichiarazione di fallimento ma solo la rinnovazione dell’attività difensiva pretermessa. Il falso civile per omissione non è giuridicamente configurabile; ricorrerebbe solo se il verbale avesse attestato l’assenza delle persone ovvero la mancata produzione dei documenti.

La querela mira a togliere ad un documento la sua fede privilegiata ovvero a servire come prova, del che non è il caso in quanto nessuna pretesa è fondata sul verbale controverso.

I ricorrenti denunciano:

1. col primo motivo, violazione per falsa applicazione degli artt. 221, 222 e 223 c.p.c. e correlato vizio d’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, deducendo omessa pronuncia in ordine al denunciato difetto di competenza del collegio a pronunciare, oltre che sulla falsità del documento impugnato anche sull’ammissibilità della proposta querela di falso. Rilevano che l’istruttore pose in essere gli adempimenti previsti dagli artt. 223 e 224 c.p.c., esprimendo implicito giudizio di rilevanza del processo verbale oggetto della querela, sulla quale era preclusa al collegio ogni ulteriore delibazione.

2.- col secondo motivo, violazione dell’art. 15, L. Fall.. e correlato vizio di motivazione, assumendo d’aver dedotto in sede di gravame la nullità della sentenza di fallimento, sia per la violazione del loro diritto di difesa sia per il mancato esame, da parte del Tribunale che dichiarò il fallimento, dei documenti atti ad escludere lo stato d’insolvenza, che elencano. Essi, rinvenuti solo in sede d’opposizione, non sono comunque stati esaminati dall’organo giudicante.

3.- col terzo motivo denunciano violazione degli artt. 162 e 354 c.p.c. e sostengono che la decisione sarebbe errata laddove assume che la denunciata nullità, al più imporrebbe, la rinnovazione dell’attività difensiva da essa preclusa. In ogni caso, ciò non preclude la revoca della dichiarazione di fallimento.

4.- col quarto motivo, denunciano violazione dell’art. 2700 c.c., artt. 116, 130 e 221 c.p.c., art. 44 disp. att. c.p.c. ed ancora vizio di motivazione. Censurano la sentenza impugnata laddove ha escluso la configurabilità giuridica del falso civile per omissione, ammesso invece secondo consolidato orientamento – Cass. nn. 3066/2007 e 1884/1996.

5.- col quinto motivo, violazione dell’art. 342 c.p.c. e artt. 5 e 6, L. Fall., ed ancora una volta vizio di motivazione. Criticano la decisione impugnata nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello perchè non spiegherebbe le ragioni per cui i debiti risultanti dallo stato passivo siano da considerare correnti e normali, ovvero non indicativi dello stato d’insolvenza.

Trattasi di considerazioni errate ed infondate. Non assorbenti rispetto alle censure mosse con riguardo all’esposizione debitoria maturata nei confronti dell’INPS, la cui insussistenza avrebbe dovuto indurre al riesame della situazione patrimoniale della società. In sostanza, il giudicante ha finito per dichiarare il fallimento d’ufficio.

Il primo motivo non risulta meritevole d’accoglimento. Si fonda infatti su base fattuale inconsistente. Ed invero, dall’esame dei verbali del processo di primo grado, ammesso in questa sede in ragione della natura processuale del vizio denunciato, emerge che il g.i., dopo la proposizione in via incidentale della querela, dato atto altresì del rinvenimento dei documenti la cui produzione si era denunciata esser stata omessa nel verbale redatto in sede d’istruttoria prefallimentare, ebbe a rimettere la causa al collegio sia per la definizione del merito che per la decisione in ordine all’ammissibilità della querela, omessi i preventivi adempimenti prescritti dall’art. 222 c.p.c., dunque qualsiasi giudizio circa la rilevanza del documento controverso e l’ammissibilità dell’incidente di falso. La sequenza procedimentale, asseritamente viziata, non trova pertanto riscontro.

Occorre comunque rilevare che, benchè il dettato normativo, nel judicium rescindens affidi all’istruttore il giudizio sulla rilevanza processuale dell’atto inciso dalla querela e sull’ammissibilità della proposizione della querela stessa, che in tale fase deve essere autorizzata formalmente, non è precluso al collegio, giudice del falso – nel judicium rescissorio -, il riesame dei presupposti suddetti, atteso che il provvedimento dell’istruttore, avente non solo veste ma anche natura d’ordinanza, non potrebbe giammai assumere autorità di giudicato. Come questa Corte ha già avuto modo d’affermare con orientamento risalente – Cass. n. 3848 del 1979 – dal quale non vi è ragione di discostarsi, sostenuto peraltro da autorevole dottrina, il provvedimento dell’istruttore che autorizza la querela va assoggettato al regime proprio delle pronunce istruttorie, ed i suoi vizi formali così come la sua correttezza nel merito sono suscettibili di riscontro in sede di decisione della causa, dunque da parte del collegio, giudice dell’incidente di falso, che ha pertanto il potere di apprezzarne la concludenza e di escluderla, smentendo il precedente giudizio espresso dall’istruttore.

Le critiche esposte nel mezzo in esame sono perciò prive di fondamento.

Restano assorbite le censure, in quanto collegate al motivo esaminato, esposte nel terzo e quarto motivo.

Il secondo motivo è anch’esso privo di fondamento.

Si basa su affermazione priva di contenuto concreto, in quanto è incontroverso che i ricorrenti espletarono effettiva difesa in sede d’istruttoria pre-fallimentare, anche mediante la produzione documentale, sottoposta al giudice designato, la cui verbalizzazione si assume omessa.

La denuncia d’omesso esame degli anzidetti documenti, pacificamente acquisiti al bagaglio istruttorio in primo grado, che, come si afferma correttamente nella decisione impugnata al più procurerebbe error in judicando, non è assistita da autosufficienza. Se ne fornisce infatti elenco, ma non se ne riproduce il testo, quanto meno nella parte che sarebbe concretamente idonea ad escludere il ritenuto stato d’insolvenza. Ma del resto, il mancato esame di atti rilevanti depositati in cancelleria, se non inficia l’esattezza del giudizio espresso sullo stato d’insolvenza, che sia risultato accertato alla stregua di altre e diverse emergenze, spiega rilievo solo formale e non comporta affatto la revoca del fallimento.

Il quinto motivo è inammissibile.

La Corte territoriale ha sostenuto nel merito che, i motivi d’appello, laddove smentiscono lo stato d’insolvenza assumendo che le posizioni debitorie accertate dal primo giudice alla stregua dello stato passivo rappresentano debiti correnti, peraltro accumulatisi nel tempo e non saldati nei tempi ordinari, erano privi di specificità in quanto tale motivazione, ex se idonea a sorreggere il rigetto dell’opposizione, è stata fatta segno di denuncia assistita da generica autoreferenza, inidonea a spiegare perchè il debiti accertati nel seno della procedura fossero correnti e normali ovvero inespressivi dello stato d’insolvenza. Tanto con assorbimento dell’indagine sulla posizione dell’INPS, creditore istante.

I ricorrenti:

1.- deducono infondatezza di tali considerazioni, affidando la denuncia d’erroneità del censurato approdo ad argomentazioni a loro volta generiche, fondate su astratto richiamo ai motivi d’appello, asseritamente specifici, che non riproducono nelle parti salienti, rimettendone la lettura a questo collegio in palese spregio del principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione.

2.- Sotto altro profilo, ne smentiscono la fondatezza nel merito, perciò inammissibilmente, laddove sostengono che le risultanze dello stato passivo confermerebbero che, di contro, le posizioni debitorie accertate sono riconducibili a debiti correnti e deponevano per una condizione di stabilità dell’azienda, evidentemente apprezzata dai suoi contraenti.

3.- Sostengono che il Tribunale, accertata l’assenza dei requisiti che avrebbero consentito al creditore istante di chiedere il fallimento, non avrebbe potuto respingere l’opposizione attingendo le prove dell’insolvenza dal solo esame delle risultanze dello stato passivo. A contrastare siffatte deduzioni occorre considerare, secondo il costante orientamento di questa Corte (tra le tante Cass. nn. 184/1988, 5869/1993), che l’accertamento della situazione debitoria, sintomatica dello stato di crisi irreversibile dell’imprenditore nei cui confronti è stato chiesto il fallimento, in sede d’opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, va compiuto con riferimento alla data dell’anzidetta pronuncia ma la prova della sussistenza delle condizioni che l’hanno giustificata può ben desumersi anche da evenienze diverse da quelle che hanno determinato il fallimento, purchè siano anteriori alla pronuncia. In questa prospettiva è indubbio che le risultanze dello stato passivo assumono rilevanza decisiva, rientrando nel potere del giudicante riscontrare la sussistenza dei presupposti della dichiarazione di fallimento sulla base degli atti acquisiti al fascicolo fallimentare.

La denuncia in esame non contrasta tale enunciato, ma sollecita un nuovo apprezzamento degli anzidetti dati probatori, che è precluso in questa sede.

4.- Si dilungano infine sull’asserita estinzione del debito verso l’INPS, creditore istante, che rappresenta, come rilevato dal giudice d’appello, questione assorbita.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso deve essere respinto. Non vi è luogo a provvedere sul governo delle spese del presente giudizio in assenza d’attività difensiva degli intimati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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