Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.1111 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30760-2005 proposto da:

DEUTSCHE BANK S.P.A. (c.f. *****), in persona del condirettore dirigente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 6, presso l’avvocato ACQUARELLI PIERLUIGI, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 53/2 005 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 04/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2009 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato P. ACQUARELLI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 53 depositata il 4 gennaio 2005, il Tribunale di Napoli, in riforma di precedente pronuncia del Giudice di Pace di Napoli, ha accolto la domanda proposta con citazione 24-9/5-10-2001 da I.G., tesa ad ottenere la condanna della DEUTCHE BANK al pagamento in suo favore della somma di Euro L. 3.405.037, pari alla differenza fra la somma versatagli in L. 66.594.963 e quella che asseriva essergli dovuta nell’importo di L. 70.000.000, prestabilito a titolo di rimborso alla scadenza del certificato di deposito, acquistato il ***** presso l’agenzia ***** della banca al prezzo di L. 49.452.363, contenente previsione di interessi lordi in L. 23.483.014.

Ricorre ora per cassazione la banca in base a due mezzi, ulteriormente illustrati mediante memoria difensiva, depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

L’intimato non ha spiegato difesa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la banca ricorrente denuncia contraddittoria motivazione in ordine all’asserita prevalenza della clausola aggiunta al modulo, indicante il valore di rimborso, rispetto alle condizioni contrattuali ivi previste. Sostiene che alla clausola era sottesa funzione meramente informativa e non modificativa delle condizioni contrattuali, confermata dall’impossibilità di avere preventiva contezza delle variazioni della ritenuta fiscale applicabile, prima della scadenza del titolo. Il dato contrattuale è stato comunque contraddittoriamente valorizzato a beneficio dell’attore, escludendo la natura meramente indicativa della somma prevista a titolo di rimborso, che d’altronde avrebbe potuto essere inferiore alla somma indicata, se l’aliquota fosse stata ritoccata in minus.

Col secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1365, 1366 e 1342 c.c., ascrive al Tribunale napoletano errata interpretazione del contenuto del contratto controverso i sia perchè non tiene conto del comportamento dei contraenti successivo alla sua conclusione, segnatamente dell’omessa contestazione del chiarimento trasmesso al cliente di cui alla lettera ***** circa l’aumento dell’aliquota fiscale.

Il giudice d’appello infine si contraddice, avendo in precedenza affermato che il valore di rimborso rappresentava calcolo basato su variabile non conoscibile al momento della sottoscrizione.

L’interpretazione è fondata su favor per il cliente, in violazione del quadro normativo rubricato.

I motivi, logicamente connessi e perciò meritevoli d’esame congiunto, sono infondati.

Il Tribunale ha affermato che la clausola che stabiliva L’anzidetto valore di rimborso, aggiunta al modulo proprio sopra la parte che prevedeva la corresponsione degli interessi alle date indicate al netto della ritenuta fiscale vigente, prevaleva su quest’ultima clausola, prestampata, ai sensi dell’art. 1342 c.c., comma 1. I criteri generali di computo ivi fissati erano da ritenersi pertanto incompatibili con la diversa volontà espressa, e come tali inoperanti. Ha perciò respinto la tesi difensiva della banca convenuta che aveva eccepito il valore meramente informativo della clausola controversa precisando che il minor importo versato derivava dall’applicazione della ritenuta fiscale non già nella misura del 12,50% ma in quella del 27%, che era entrata in vigore lo stesso giorno in cui ebbe ad eseguire il conteggio degli interessi, e l’ha perciò condannata a versare all’ I. la somma di Euro 1.758,55 oltre accessori dalla domanda.

Tale percorso argomentativo, sorretto da tessuto motivazionale, puntuale ed immune da vizio logico o errori di diritto, si sottrae a critica.

Il giudice d’appello ha condotto l’esegesi sul tenore della clausola aggiunta al testo del modulo nel pieno rispetto del disposto dell’art. 1342 c.c. che prevede testualmente che nei contratti conclusi mediante moduli o formulari predisposti da una delle parti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte prevalgono su quelle stampate nel formulario se sono con esse incompatibili. Secondo il tenore letterale della norma, al fine di stabilire se la clausola abbia portata derogativa di una delle condizioni ovvero spieghi funzione solo esplicativa, il giudice è perciò tenuto a riscontrare quale sia l’intento delle parti contraenti mediante l’esame globale della convenzione sulla base del testo del contratto, comunque nel rispetto dei criteri interpretativi sanciti in linea generale dall’art. 1362 e segg. cod. civ.. (Cfr. Cass. nn. 2372/1993, 4643/1995).

Conducendo la propria indagine su questo tracciato, il Tribunale napoletano ha ritenuto che l’aggiunta alla clausola che stabiliva il criterio di computo degli interessi, già predisposta e dattiloscritta , di quella controversa, che predeterminava l’importo spettante al contraente a titolo di rimborso comprensivo degli accessori in una somma prestabilita, era incompatibile con la dizione a stampa, dunque non specificava la regola generale, ma vi apportava deroga. A sostegno ha rilevato che già alla data del 20 giugno 1996 era in vigore il D.L. n. 323 del 1996.

Ha evidentemente applicato correttamente sia la norma codicistica richiamata, sia il disposto dell’art. 1362 c.c. che assegna al senso letterale delle parole usate, laddove consenta di percepire in modo sia chiaro sia immediato la volontà delle parti contraenti, ruolo decisivo nella ricostruzione della comune volontà che, preclude, escludendone la necessità, il ricorso agli ulteriori canoni esegetici (Cass. n. 18180/2007).

Il tessuto motivazionale che sorregge tale percorso argomentativo, come rilevato, è puntuale e logico, e dunque non merita critica.

Ne discende il rigetto del ricorso, omessa la pronuncia sul governo delle spese in assenza d’attività della parte intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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