LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 11372-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
S.A. titolare della ditta individuale Cine Control Sud;
– intimato –
avverso la sentenza n. 254/2005 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, del 16/12/05, depositata il 17/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’1/12/2009 dal Presidente Relatore Dott. FERMANDO LUPI.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.
FATTO E DIRITTO
Premesso che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione nei confronti di S.A., avverso l’indicata sentenza della CTR della Campania; che il contribuente non si è costituito;
avendo la Corte ritenuto ricorrere i presupposti per il procedimento in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., ha acquisito le conclusioni scritte del P.M., che ha chiesto l’accoglimento del ricorso per essere i due profili dell’unico motivo manifestamente fondati;
nella camera di consiglio odierna il ricorso è stato deciso.
La sentenza impugnata ha escluso il valore probatorio di dichiarazioni rese da terzi e ha ritenuto che non sussistessero elementi documentali e fattuali idonei a supportare l’avviso di rettifica per IRPEF e SSN del 1996.
Con il primo profilo l’Agenzia , deducendo violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 censura la sentenza impugnata per avere negato valore probatorio alle dichiarazioni rese da terzi ai verbalizzanti.
La censura è fondata, ha precisato questa Corte con sentenza n. 450/2008 che: La dichiarazione rilasciata da un terzo può, da sola, rappresentare la prova della falsità di un’operazione posta in essere da un imprenditore, e la valutazione circa l’idoneità della forza probante della stessa è di competenza del solo giudice di merito, quindi non suscettibile di esame da parte della Corte di cassazione. (Nella fattispecie, un imprenditore aveva subito un accertamento fiscale in seguito alla visita da parte della Guardia di finanza, che aveva evidenziato la presenza di fatture passive relative, a proprio avviso, ad operazioni commerciali inesistenti. La falsità delle fatture in questione era stata sostenuta sulla base di dichiarazioni rilasciate alla Guardia di finanza da parte di un soggetto terzo e, appunto, proprio in considerazione di tali dichiarazioni, l’Amministrazione finanziaria aveva sostenuto la pretesa tributaria derivante dalla ripresa a tassazione dei costi relativi alle false fatture. La pronuncia esprime consenso circa la tesi del contribuente secondo cui le dichiarazioni rese da terzi nel corso delle procedure di accertamento non hanno nel processo tributario valore di prova, ma solo valenza indiziaria e inoltre che gli elementi che sono alla base di una certa pretesa devono essere corredati dai caratteri di gravità, precisione e concordanza.
Tuttavia, i giudici di legittimità affermano anche che la valutazione delle predette caratteristiche è riservata alla competenza delle commissioni tributarie e, quindi, non è suscettibile di esame da parte della Cassazione. In sostanza, un accertamento può basarsi sulla sola dichiarazione di un terzo se il giudice di merito ritiene la stessa idonea allo scopo e ne fornisce una congrua motivazione).
Parimenti fondato è il secondo profilo che deduce vizio di motivazione essendo evidentemente illogica l’affermazione della mancanza di elementi fattuali e documentali quando era stata accertata l’alterazione della data di alcune fatture, la mancata specificazione del loro oggetto, la non corrispondenza nella contabilità degli emittenti, l’inattendibilità degli importi. La sentenza impugnata va pertanto cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla CTR della Campania che nel decidere si atterrà al trascritto principio di diritto. Allo stesso giudice si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della CTR della Campania.
Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010