LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
EUROPA 2000 S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. 7^, n. 165, depositata il 17.3.2006;
Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott. Aurelio Cappabianca;
constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 3.
FATTO E DIRITTO
Premesso:
che la società contribuente propose ricorso avverso avviso di accertamento, con il quale, relativamente all’annualità 1994, l’Ufficio aveva determinato induttivamente, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 comma 2, un reddito di impresa di 1.
280.000.000, calcolato applicando una redditività del 25% sui ricavi presuntivamente non dichiarati di L. 1.121.014.000;
– che, in particolare, l’Ufficio aveva rilevato che, in capo alla società, erano emerse numerose e gravi irregolarità contabili ed aveva, altresì, riscontrato, che, la documentazione bancaria facente capo al socio ed a.u. ed alla di lui moglie e socia della società contribuente, rivelava cospicue movimentazioni in entrata ed in uscita, rispettivamente, di L. 544.893.759 e di L. 576.120.334, che, in quanto non altrimenti giustificate, erano state ritenute, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, ricavi non dichiarati;
– che, senza contestare i presupposti di fatto posti a base dell’accertamento, la società contribuente faceva presente di aver presentato denuncia-querela nei confronti del contabile, ritenuto responsabile della omessa tenuta dei libri e delle scritture obbligatorie, e sosteneva che la quantificazione del reddito non poteva non tener conto della propria effettiva capacità contributiva;
– che l’adita commissione tributaria accolse parzialmente il ricorso, determinando il reddito di impresa, per l’anno 1994, in L. 70.000.000;
– che, in parziale accoglimento dell’appello dell’Agenzia, la decisione fu riformata della commissione regionale, che rideterminò il reddito accertato in L. 138.000.000;
– che la decisione di appello risulta così testualmente motivata:
“ad avviso di questa Commissione Regionale, le argomentazioni svolte dall’Ufficio appaiono del tutto condivisibili. Ci si trova, infatti, in presenza di una situazione del tutto anomala in cui, a fronte di inesistenza di dichiarazioni di imposte e di mancato pagamento delle stesse, si ritrovano imponenti movimentazioni contabili ed incassi sui conti dei singoli soci, segno evidente che si è scelta una gestione contabile che, lungi dal poter semplicemente essere ricondotta ad un infedele comportamento del fiscalista, evidenzia una impostazione rivolta alla gestione in nero dei profitti aziendali.
Del tutto inadeguate, sia in fatto che in diritto appaiono le valutazioni fatte dai primi giudici che, peraltro, hanno negato concreta incidenza probatoria agli accertamenti bancari, sulla base dei quali deve essere rideterminato il reddito in esame. Ritenuto, pertanto, che le movimentazioni in entrata ammontano a 1. 544.893.759 e che non risulta contestata la redditività del 25, indicata dall’Ufficio, il reddito va determinato, applicando tale percentuale ai soli incassi, nella misura di L. 138.000.000 …”;
rilevato:
– che avverso la decisione di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, in due motivi;
– che la società contribuente non si è costituita;
osservato:
– che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia ha dedotto “nullità per omessa motivazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4” e formulato il seguente quesito di diritto “dica codesta Corte se, in materia di accertamento del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2 (e in assenza di documentazione contabile) e art. 32 comma 1, n. 2 qualora il Giudice tributario ritenga pienamente fondato l’utilizzo delle presunzioni utilizzate dall’Ufficio e tratte dall’esame di movimentazioni bancarie sia attive che passive, risultate prive di giustificazione da parte del contribuente, sia da ritenersi nulla per difetto di motivazione la sentenza d’appello che accolga le censure dell’Ufficio limitatamente ai soli incassi, ovvero escludendo la valenza delle operazioni di prelievo, senza argomentare sul perchè di tale differenziazione delle due categorie di operazioni”;
– che, con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia ha dedotto “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e art. 32, comma 1, n. 2 in relazione all’art 360 c.p.c., n. 3” e formulato il seguente quesito: “dica codesta Corte se, in materia di accertamento del D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 39, comma 2 (e in assenza di documentazione contabile) e art. 32, comma 1, n. 2 qualora il Giudice tributario ritenga pienamente fondato l’utilizzo delle presunzioni utilizzate dall’Ufficio e tratte dall’esame di movimentazioni bancarie sia attive che passive, risultate prive di giustificazione da parte del contribuente, integri violazione dell’art. 32, comma 1, n. 2, la sentenza che, accogliendo le censure dell’Ufficio, ridetermini il reddito limitatamente ai soli incassi, ovvero con esclusione degli importi oggetti dei prelevamenti, pur se abbia riconosciuto che neppure rispetto a tale seconda categoria di operazioni il contribuente ha allegato alcuna giustificazione idonea a vincere la presunzione di equivalenza con maggiori ricavi occultati”;
considerato:
– che i motivi di ricorso, che, per la stretta connessione, possono essere congiuntamente esaminati sono manifestamente fondati;
– che occorre, invero, osservare, che – mentre, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte (e lo stesso dato letterale della disposizione), in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 comporta che, non solo i versamenti, ma, anche, i prelevamenti operati sui conti correnti bancari vanno imputati a ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività, se questi non dimostri di averne tenuto conto nella base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (v. Cass. 11750/08, 14675/06, 18016/05, 9103/01) – la decisione impugnata non fornisce argomentazione alcuna in merito alla ritenuta operatività della presunzione limitatamente ai versamenti;
ritenuto:
– che, pertanto, il ricorso va accolto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c., e che la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.
P.Q.M.
la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra. sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010