Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.1122 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 sono domiciliati;

– ricorrenti –

contro

L.A. residente a *****, rappresentata e difesa, giusta delega a margine del controricorso, dall’Avv. Cerulli Irelli Giuseppe, elettivamente domiciliata nel relativo studio in Roma, Via Toscana;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 47/39/2003 della Commissione Tributaria Regionale di Milano – Sezione n. 39, in data 04/11-02/12/2003, depositata il 09 dicembre 2003.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 1 dicembre 2009 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Viste le conclusioni scritte del Procuratore Generale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La contribuente impugnava in sede giurisdizionale il silenzio rifiuto opposto alla domanda di rimborso dell’IRPEF relativa all’anno 1996.

L’adita CTP di Milano dichiarava inammissibile il ricorso, con decisione che veniva riformata in appello dalla sentenza della CTR, in questa sede impugnata, la quale riteneva,invece, ammissibile e fondata la domanda di rimborso della contribuente.

Agenzia e Ministero, con atto notificato il 22-24 gennaio 2005, hanno proposto ricorso per cassazione. L’intimata contribuente, giusto controricorso e successiva memoria in data 26.11.2009, ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.

Con istanza 22.06.2009, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso venga accolto, per manifesta fondatezza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

visto il ricorso, come sopra notificato, con cui l’Agenzia ed il Ministero censurano l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e dell’art. 11 preleggi;

Vista la richiesta del Procuratore Generale;

Visti tutti gli atti di causa;

Considerato, preliminarmente, che l’impugnazione proposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, giusto consolidato orientamento giurisprudenziale, è a ritenersi inammissibile, in quanto non è stato parte nel giudizio di appello ed il ricorso risulta notificato il 22-24 gennaio 2005, quindi, dopo la data del 1 gennaio 2001, a decorrere dalla quale l’Agenzia delle Entrate è subentrata all’Amministrazione delle Finanze nei rapporti giuridici già facenti capo a quest’ultima;

Considerato che, avuto riguardo all’epoca del consolidarsi dei principi in tema di legittimatio ad causa e ad processioni del Ministero e dell’Agenzia, le spese del giudizio tra il Ministero e la contribuente vanno compensate;

Considerato che la decisione impugnata fa malgoverno dell’orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato, secondo deve ritenersi, sia che la questione relativa alla decadenza del contribuente dal diritto al rimborso di somme indebitamente versate, – essendo materia sottratta alla disponibilità delle parti, – è rilevabile d’ufficio in appello, ed anche in sede di legittimità, salvo il giudicato o l’esigenza di accertamenti di fatto(Cass. n. 9952/2003, n. 10591/2002, n. 9940/2000, n. 13221/2004), sia pure che il termine di decadenza per la presentazione della domanda di rimborso, previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 decorre dalla data dei versamenti, e ciò anche per quelli eseguiti in acconto, nel caso in cui, al momento del versamento gli stessi non fossero dovuti (Cass. n. 1198/2005, n. 3084/2004, n. 9885/2003), sia infine, che “in tema di rimborso delle imposte sui redditi, il più ampio termine di decadenza per la presentazione della relativa istanza, stabilito in quarantotto mesi dalla data del versamento – in luogo dei diciotto mesi originariamente previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 – dalla L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 1, comma 5, mentre trova applicazione nel caso in cui, alla data di entrata in vigore di detta Legge (18 maggio 1999), sia ancora pendente il termine originario, non è applicabile qualora, alla data predetta, tale termine sia già’scaduto, avendo ciò determinato, in base ai principi generali in tema di efficacia delle leggi nel tempo, il definitivo esaurimento del rapporto tra il contribuente, che pretende il rimborso, e l’amministrazione finanziaria. Per i versamenti già effettuati alla data di entrata in vigore della novella del 1999, pertanto, ciò che conta, al fine di poter beneficiare del prolungamento del termine, è che alla data stessa sia ancora pendente il termine previgente, mentre non assume rilievo la pendenza di una controversia nella quale si discuta della tempestività di detta istanza. (Cass. n. 924/2005, n. 20978/2004);

Considerato, altresì, che dagli atti in esame si evince sia la data della domanda di rimborso (07.07.2000) sia pure quella dell’ultimo versamento di cui è chiesto il rimborso (20.06.1997);

Considerato, quindi, che alla data di entrata in vigore(18 maggio 1999) della L. n. 133 del 1999, il termine di decadenza previsto dall’originario testo del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 era ormai decorso; Considerato che il ricorso va, quindi, accolto per manifesta fondatezza e, per l’effetto, va cassata l’impugnata decisione;

Considerato, altresì, che non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, desumendosi dagli atti in esame sia la data dell’ultimo versamento (20.06.1997) di cui si chiede il rimborso, sia quella della domanda di rimborso (07.07.2000), – dati fattuali, peraltro, non contestati dalla contribuente che si limita a sostenere la legittimità della pretesa prospettando l’efficacia retroattiva della normativa sopravvenuta, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda di rimborso, perchè tardivamente proposta;

Considerato che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro milleduecento, di cui Euro mille per onorario ed Euro duecento per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile l’impugnazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze e compensa le spese del giudizio tra lo stesso e la contribuente; accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa l’impugnata sentenza e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso e la domanda di rimborso; condanna la contribuente al pagamento, in favore dell’Agenzia Entrate, delle spese del giudizio, in ragione di complessivi Euro milleduecento, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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