LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI ROMA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA 8, presso lo studio dell’avvocato BIASIOTTI MOGLIAZZA GIOVANNI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BONANNI PIETRO, giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
ICS SRL, I.D.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 5296/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 21.11.07, depositata il 17/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;
udito per il ricorrente l’Avvocato Daniela Gambardella (per delega avv. Giovanni Francesco Biasiotti Mogliazza) che si riporta agli scritti;
E’ presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
La Corte, letti gli atti depositati:
OSSERVA E’ stata depositata la seguente relazione;
1 – Con ricorso notificato il 21 gennaio 2009 il Comune di Roma ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 17 dicembre 2007 dalla Corte d’Appello di Roma, confermativa della sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni proposta da I.D. ma non aveva accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Comune e la condanna alle spese della chiamata in causa, soc. I.C.S., tenuta alla manutenzione delle strade.
Gli intimati, I.D. e I.C.S. S.r.l., non hanno espletato attivita’ difensiva.
2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche’ la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in Cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.
In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.
Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).
3. – Con il primo motivo il ricorrente lamenta contraddittoria motivazione circa il rigetto della domanda riconvenzionale proposta dal Comune di Roma, mentre con il secondo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. con riguardo alla condanna alle spese di lite del secondo grado di giudizio.
In violazione della specificita’ dei motivi prescritta dall’art. 366 c.p.c., n. 4 il ricorrente tratta congiuntamente le due censure, non consentendo di verificare quali argomentazioni attengano al vizio di motivazione e quali alla violazione o falsa applicazione (non specificate) di norme di diritto.
Inoltre manca il momento di sintesi necessario a circoscrivere il fatto controverso e a specificare le ragioni dell’addotta contraddittorieta’ della motivazione, mentre il quesito di diritto (il giudice pone a carico dell’attore le spese giudiziali sopportate (anche) dal terzo, pur se nei confronti del medesimo non risultino proposte specifiche domande, giacche’ la partecipazione di costui al giudizio, in secondo grado, trova giustificazione sotto il profilo del litisconsorzio processuale) si rivela astratto e del tutto svincolato dalla fattispecie e dalla motivazione della sentenza impugnata.
Giova osservare, in proposito, che la Corte territoriale ha rilevato che in primo grado le spese del chiamato in causa erano state poste a carico dello I. e che con l’appello incidentale il Comune di Roma aveva costretto la I.C.S. a difendersi dalla sua pretesa.
4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
Il ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltato in Camera di consiglio;
Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non danno adeguata risposte alle ragioni d’inammissibilita’ indicate nella relazione;
5.- Ritenuto:
che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;
visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010