LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
OLDMET SRL (gia’ Metalli Preziosi SPA), in persona dell’Amministratore unico pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA LARGO SOMALIA, 67, presso lo studio dell’avvocato GRADARA RITA, rappresentato e difeso dagli avvocati PANSIERI SILVIA, FALSITTA GASPARE, giusta delega in calce;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 12/2004 della COMM. TRIB. REG. di MILANO, depositata il 22/07/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 05/11/2009 dal Consigliere Dott. MERONE Antonio;
udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI, che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il resistente l’Avvocato PANSIERI, che ha chiesto l’inammissibilita’;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
La Oldmet s.r.l. (gia’ Metalli Preziosis.p.a.) ha impugnato un avviso di accertamento con il quale il competente Ufficio delle entrate, sulla base di controlli effettuati dalla guardia di finanza, recuperava l’iva indebitamente detratta nel 1995, con applicazione delle relative sanzioni, in relazione all’acquisto di argento di provenienza extracomunitaria, importato in sospensione di imposta, facendo apparire l’iva come corrisposta ad una societa’- cartiera, l’Aumetal s.r.l., apparente cessionaria dell’argento, che emetteva fattura in luogo di altra societa’, reale cessionaria (la Silvermix S.R.L.). Secondo la ricostruzione dell’amministrazione finanziaria, attraverso la fittizia interposizione della societa’- cartiera, la Oldmet s.r.l. aveva portato in detrazione l’iva fatturata da questa societa’, che pero’ non aveva mai pagato.
La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso della societa’ contribuente, rilevando che l’argomento della inesistenza di una adeguata struttura commerciale facente capo alla AUMETAL S.R.L., in base al quale l’amministrazione finanziaria ha ritenuto che si trattasse di una semplice “cartiera”, non era determinante nella specie perche’ la compravendita dell’argento puo’ avvenire mediante ordine al fornitore di consegnare direttamente all’acquirente finale.
La Commissione tributaria regionale ha confermato.
Avverso quest’ultima decisione, ricorre l’amministrazione finanziaria con un unico articolato motivo. La societa’ resiste con controricorso, illustrato anche con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
La difesa della societa’ ha anche depositato, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. una sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia passata in giudicato (n. 137/25/2006 depositata il 30 gennaio 2007), resa inter partes, avente ad oggetto un avviso di accertamento IRPEG/ILOR relativo all’esercizio 1995.
Il ricorso non puo’ trovare accoglimento.
Preliminarmente, va rilevato che il giudicato prodotto dalla societa’ non puo’ avere alcun effetto nel presente giudizio perche’ attiene a tributi diversi dall’iva (Cass. 8773/2008), perche’ riguarda la valutazione delle prove (Cass. 24067/2006), e, principalmente, perche’ il diritto comunitario osta alla applicazione “di una disposizione nazionale, come l’art. 2909 c.c. in cause vertenti sull’iva concernente un’annualita’ fiscale per la quale non si e’ ancora avuta decisione giurisdizionale definitiva, in quanto essa impedirebbe al giudice nazionale investito di tale causa di prendere in considerazione le norme comunitarie in materia di pratiche abusive legate a detta imposta” (CGUE, sentenza 3 settembre 2009, in causa C – 2/08).
Nel merito, con un unico ed “onnicomprensivo” motivo di ricorso, l’amministrazione ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, art. 21, comma 6 e art. 54, artt. 2697, 2727 e 2729 c.c.; artt. 112, 115 e 116 c.p.c. oltre a tutti i possibili vizi di motivazione (omissione, insufficienza, contraddittorieta’).
Il motivo e’ inammissibile sotto vari profili. La parte ricorrente riporta da p. 6 a p. 13 (ma non si capisce fin dove) i motivi di appello per eludere eventuali eccezioni di difetto di autosufficienza del ricorso. E’ evidente che cosi’ facendo, ammesso che tale metodo possa soddisfare le esigenze di autosufficienza dei motivi, viene meno un altro requisito di ammissibilita’ delle censure, vale a dire quello della specificita’ dei motivi stessi. Il ricorrente non puo’ limitarsi a riproporre l’atto di appello affinche’ il giudice di legittimita’ provveda poi a verificare la sussistenza di eventuali vizi complessivamente ed indifferenziatamente denunciati, come nella specie, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di norme di diritto e di un qualunque vizio di motivazione. Nella specie, la parte ricorrente si e’ sottratta all’onere di indicare specificamente perche’ le rationes decidendi della sentenza impugnata sarebbero insoddisfacenti e contrarie a norme di diritto. Per evitare “lacune” ha riversato sulla Corte tutto quanto gia’ dedotto senza una preventiva, analitica selezione dei punti carenti o errati della sentenza della CTR, raffrontati con specifiche e circoscritte censure asseritamente non esaminate o malamente rigettate.
Con tale metodo sono state proposte sostanzialmente censure di merito o censure non “aggiornate” alle esigenze del giudizio di legittimita’. In particolare, la parte ricorrente insiste nel sostenere che la Aumetal S.r.l. era una semplice “cartiera” e deduce che la CTR non avrebbe tenuto conto del fatto che la stessa era priva di qualsiasi struttura operativa. La censura non e’ autosufficiente perche’, come risulta dalla narrativa dello stesso ricorso (p. 5), la CTP ha argomentato che non “puo’ sostenersi che il fornitore mancava di adeguata struttura commerciale posto che in molti casi le aziende acquistano i beni qui considerati sulla base delle richieste di propri clienti disponendo l’invio di tali beni da propri fornitori direttamente ai propri clienti” (testo riportato tra virgolette nel ricorso). La ricorrente non spiega come avrebbe dovuto essere superato questo argomento.
La ricorrente amministrazione indica poi una serie di circostanze di fatto che avrebbero dovuto indurre la CTR a ritenere sussistente la frode, ricostruisce il meccanismo fraudolento che sarebbe alla base delle contestazioni formulate a carico della societa’, con gli elementi acquisiti a supporto ed invoca gli esiti dei controlli della guardia di finanza, acquisiti con il processo verbale di constatazione: tutte osservazioni e censure che attengono al merito.
A p. 17 del ricorso viene anche ipotizzato un travisamento dei fatti che riguarderebbe comunque il merito, ovvero, sussistendone i presupposti, andava denunciato come vizio revocatorio.
Altre censure ancora presuppongono la conoscenza del p.v.c. e quindi attengono al merito.
In definitiva, il ricorso va rigettato per la inammissibilita’ del motivo plurimo dedotto.
Le spese vanno compensate per la complessita’ della vicenda processuale, per la sua ostica ricostruzione ai fini del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010