LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI ENRICO, rappresentato e difeso dall’avvocato GAFFURI GIANFRANCO, giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –
e contro
UFFICIO DISTRETTUALE II DD DI GALLARATE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 419/2000 della COMM. TRIB. REG. di MILANO, depositata il 09/10/2000;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/11/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;
lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE Dott. VELARDI Maurizio, con cui chiede il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
M.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia dep. il 9 ottobre 2000 che aveva, su appello dell’Ufficio, riformato la decisione della CTP di Milano che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento con cui erano stati tassati gli importi corrispostigli quali maggiori oneri per costo di locazione conseguenti a trasferimento ad altra sede di lavoro.
La CTR in particolare ha escluso la natura risarcitoria dell’indennità ritenendola emolumento lavorativo soggetto al relativo regime tributario.
Il ricorrente fonda il ricorso su tre articolati motivi di violazione di legge e omessa pronunzia nonchè vizio motivazionale.
L’Agenzia delle Entrate e il Ministero dell’Economia e delle Entrate hanno resistito con controricorso. La causa è stata rimessa alla decisione in camera di consiglio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In ordine al motivo fondato sulla violazione dell’art. 112 c.p.c., il M. si duole della omessa pronunzia in ordine alla questione relativa alla dedotta carenza di titolarità passiva del prestatore di lavoro dovendo invece ritenersi la esclusiva capacità del sostituto d’imposta.
Questa Corte (Cass. 10636 del 09/05/2007) ha ritenuto che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione.
Orbene nel caso in esame la questione, seppure non oggetto di esplicita pronunzia, era la premessa necessaria nel senso che il suo accoglimento avrebbe definito il giudizio: avendo la CTR esaminato il merito della questione ha implicitamente e necessariamente rigettato il rilievo.
Rilievo d’altra parte infondato in quanto questa Corte (Cass. 14033/06) ha ritenuto che il fatto che il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 64, comma 1, definisca il sostituto d’imposta come colui che “in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri … ed anche a titolo di acconto” non toglie che anche il sostituito debba ritenersi fin dall’origine (e non già solo in fase di riscossione) obbligato solidale al pagamento dell’imposta: in tale qualità, anch’egli è pertanto soggetto al potere di accertamento ed a tutti i conseguenti oneri, fermo restando il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo aver eseguito la ritenuta, non l’abbia versata all’Erario, in tal modo esponendolo all’azione del fisco.
Con il secondo motivo il contribuente si duole di violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 48, comma 1, nonchè della nozione giuridica di reddito fiscale desumibile dall’intero corpo normativo concernente la sua tassazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 12 disp. gen. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; motivazione omessa o, comunque, insufficiente su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
In particolare assume il M. che alle somme erogate dal datore di lavoro per compensare i sacrifici del maggior costo dei canoni di locazione in occasione di un trasferimento di sede del dipendente non potrebbe negarsi la natura reintegrativa di un danno emergente e pertanto risarcitoria.
Questa Corte (Cass. 2006/01958) ha già esaminato analogo caso e ha ritenuto che le somme corrisposte dal datore di lavoro al proprio dipendente in occasione del trasferimento ad altra sede a titolo di differenza per il maggior canone di locazione sono componenti del reddito tassabile, e vanno pertanto assoggettate ad IRPEF per l’intero ammontare, se percepite in periodi di imposta anteriori al 1 gennaio 1998 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314), e, quindi, sia nel vigore del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 48, sia ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48 (nel testo anteriore alla sostituzione operata dal citato D.Lgs. n. 314 del 1997). Così anche Cass. 2001/13482.
Da questo insegnamento il Collegio non si ritiene di doversi distaccare, non essendo stati dedotti validi argomenti in contrario.
In ordine al terzo motivo con cui il contribuente si duole della violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 55, u.c. e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2 e della L. 21 luglio 200, n. 212, art. 10, comma 3 sullo stato soggettivo dell’autore dell’illecito fiscale e sull’incertezza obiettiva della normativa, è lo stesso ricorrente ad assumerne la novità, onde il motivo è inammissibile.
Ricorrono equi motivi a causa delle questioni trattate e, in particolare, del consolidarsi successivo della giurisprudenza, per compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010