Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.1165 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14137-2007 proposto da:

ORMAD COM SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PO 9 presso lo studio dell’avvocato NAPOLITANO FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato PANSINI FRANCESCO SAVERIO BONIFACIO con studio in MOLFETTA VIALE PIO XI 2009 3-5-A (avviso postale), giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BARI *****;

– intimati –

avverso la sentenza n. 12/2006 della COMM. TRIB. REG. di BARI, depositata il 11/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/11/2009 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PANSINI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e il rinvio alla C.T.R.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE NUNZIO WLADIMIRO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Ormad Com s.r.l. propone ricorso per cassazione, successivamente illustrato da memoria, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che non si è costituita) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di recupero di credito di imposta per gli anni 2003 e 2004 per indebita utilizzazione del credito di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8, la C.T.R. Puglia, in parziale accoglimento dell’appello della contribuente, dichiarava legittimo l’operato dell’Ufficio limitatamente al recupero del credito relativo all’acquisto dell’immobile, affermando, per quel che in questa sede ancora rileva, che detto immobile era già stato utilizzato da altra società e pertanto non possedeva i requisiti di novità di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso, col quale si deduce omessa pronuncia in ordine al motivo d’appello col quale si denunciava la nullità della sentenza di primo grado per difetto di motivazione risulta inammissibile per inidonea formulazione del quesito di diritto, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la funzione propria del suddetto quesito è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il motivo che (come nella specie) si concluda con un quesito assolutamente generico in quanto privo di ogni specifità in relazione alla corrispondente “ratio decidendi” della sentenza impugnata e la cui formulazione sia del tutto inidonea ad esprimere rilevanza ai fini della decisione del motivo (v. tra molte altre Cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del 2009, nonchè SU n. 7257 del 2007 e SU n. 7433 del 2009).

In ogni caso non risulta che la ricorrente abbia depositato gli atti e documenti sui quali il motivo è fondato ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, a norma del quale, insieme col ricorso (e pertanto nello stesso termine previsto dal primo comma del citato art. 369 c.p.c.) devono essere depositati a pena di improcedibilità “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” (nella specie, sentenza di primo grado e atto d’appello, al fine di verificare la sussistenza della denunciata omessa pronuncia).

Come è evidente, la norma non distingue tra i vari tipi di censura proposti, e prevede il deposito non solo di documenti o contratti, ma anche di atti processuali, con la conseguenza che, anche in caso di denuncia di error in procedendo, gli atti processuali sui quali la censura si fonda devono essere specificamente e nominativamente depositati unitamente al ricorso e nello stesso termine, non rilevando a tal fine la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente, il deposito del fascicolo di parte (che in ipotesi tali atti contenga), se tale deposito non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c. e se all’atto del deposito viene indicato in modo generico il suddetto fascicolo senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso è fondato (v. tra le altre Cass. n. 2855 del 2009 e n. 24940 del 2009).

Anche il secondo motivo, col quale si deduce omessa e o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 risulta inammissibile, posto che il motivo (col quale si deduce vizio di motivazione) si conclude con una incongrua formulazione di quesito (non richiesta per il vizio denunciato), mentre risulta carente in relazione all’art. 366 bis c.p.c., comma 2 a norma del quale è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. Cass. n. 8897 del 2008).

E’ inoltre da aggiungere che la parte non individua (tantomeno in maniera autosufficiente) eventuali elementi decisivi trascurati dai giudici d’appello ed in ogni caso che una ipotetica omissione, insufficienza o erroneità della motivazione in diritto della sentenza non potrebbe in ogni caso essere censurata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, disposizione che attiene esclusivamente alla motivazione in fatto.

Col terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 8, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere i giudici d’appello ritenuto l’insussistenza nella specie del requisito della novità in relazione all’acquisto di un immobile strumentale utilizzato in precedenza da altra società, senza considerare che poteva considerarsi “nuovo” nel significato inteso dalla disposizione in esame anche un immobile strumentale risultante da radicale ristrutturazione di un bene acquistato usato, nel concorso delle condizioni previste dalla circolare n. 38 del 9-5-02, con la quale l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che può considerarsi nuovo ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8 anche un immobile derivante da radicale ristrutturazione realizzata dal cessionario, sempre che: gli interventi di ristrutturazione non costituiscano mero adattamento alle caratteristiche di una eventuale nuova categoria catastale; l’importo complessivo dei lavori sia comunque prevalente rispetto al costo d’acquisto: l’immobile successivamente ristrutturato sia stato acquistato dopo il 13-03-01 e il cedente attesti di non aver fruito della medesima agevolazione per lo stesso immobile, circostanze tutte riscontrabili nella specie.

La censura è fondata nei termini e nei limiti di cui in prosieguo.

La norma in esame – la cui rubrica reca “agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate” – al primo comma collega l’attribuzione del beneficio alla effettuazione di nuovi investimenti nelle suddette aree e al secondo comma specifica, tra l’altro, che per nuovi investimenti si intendono le acquisizioni di nuovi beni strumentali. La ratio di tale disposizione (come di altre prevedenti benefici collegati al requisito della “novità” di interventi in determinate aree il cui sviluppo lo Stato intende promuovere) è quella di incentivare nei territori agevolati le iniziative che apportino crescita della produzione e sviluppo in campo economico, con la conseguenza che la “novità” del bene strumentale acquisito va letta in chiave economica piuttosto che in termini esclusivamente materiali.

In tal senso, peraltro, si è orientata la giurisprudenza di questo giudice di legittimità con riguardo, ad es., all’esenzione dall’Irpeg prevista del D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 105 e successive modifiche per “nuove” iniziative produttive nel Mezzogiorno, specificando che il requisito della “novità” dell’iniziativa produttiva va inteso in chiave economica, sicchè, nel caso in cui esso si colleghi alla trasformazione di una struttura produttiva preesistente, la sua ricorrenza va accertata con riguardo al coacervo di parametri che, in mancanza di tipizzazione contenuta nel testo normativo, sono riconducibili agli ordinar fattori riferibili alla nozione di azienda (v. Cass. n. 2273 del 2004), aggiungendo che il suddetto requisito può ritenersi anche in presenza di una rilevante trasformazione di un’impresa produttiva preesistente – tale da incidere così significativamente sui livelli produttivi ed occupazionali da provocare risultati analoghi a quelli conseguenti all’avvio di una attività produttiva del tutto nuova – (v. Cass. n. 19510 del 2004) e che il beneficio non trova applicazione nelle ipotesi di semplice rinnovo, conversione ed ampliamento di opifici già esistenti, a meno che l’innovazione o la trasformazione siano talmente pregnanti da poter essere equiparati ad un “nuovo” stabilimento industriale (v. Cass. n. 5292 del 2004).

Da tutto quanto sopra esposto consegue che la “novità” del bene strumentale acquisito richiesta dalla L. n. 388 del 2000, art. 8 non può essere esclusa per il solo fatto che l’acquisto riguardi un immobile preesistente (posto che la finalità diretta e immediata della disposizione non è quella di favorire lo sviluppo edilizio delle zone interessate, bensì gli investimenti delle imprese eventualmente anche di costruzioni – indicate nella norma medesima), ben potendo in astratto configurarsi un investimento nuovo dal punto di vista economico – anche in caso di acquisizione e radicale trasformazione di una struttura preesistente utilizzata ad altri fini ed ormai dismessa, con la conseguenza che in tali ipotesi occorre accertare volta per volta se il soggetto onerato della relativa prova abbia fornito elementi sufficienti per valutare la “novità” in termini economici (nel senso della sua idoneità a promuovere ulteriormente lo sviluppo della zona interessata) e non esclusivamente materiali del bene strumentale acquisito.

Il motivo deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione all’accoglimento di tale motivo, con rinvio ad altro giudice che provvederà a decidere la controversia facendo applicazione del principio di diritto sopra esposto.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso e accoglie il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Puglia.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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