Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.1172 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. MARINUCCI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI TERAMO, in persona del Sindaco pro tempore C.

G., rappresentato e difeso dall’avv. D’Amario Ferdinando ed elettivamente domiciliato presso e nello studio legale del medesimo in Roma, via Trionfale n. 5637, giusta Delib. n. 65 del 14.03.2002;

– ricorrente-

contro

PURICELLI H.T. S.r.l., rappresentata e difesa dal Dott. DI BLASIO Giuseppe ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Teramo, via del Castello n. 16;

– intimata –

avverso la sentenza n. 262/06/02 pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila, Sez. 06, il 26 novembre 2002, depositata il 21 ottobre 2003 e non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 15/12/2009 dal Relatore Cons. Dott. Marinucci Giuseppe;

udito, per il ricorrente Comune di Teramo, l’Avv. Ferdinando D’Amario che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di Teramo notificava alla societa’ Puricelli Srl avviso di accertamento TARSU in rettifica, relativo agli anni dal 1997 al 2000, avendo la societa’ contribuente dichiarato una superficie tassabile di mq 700, inferiore a quella rilevata dall’ente con verbale di misurazione del 23.03.2000, di cui mq 5236 indicati come tassabili per produzione di rifiuti urbani e assimilati e mq 2223 esclusi da tassazione per produzione di rifiuti speciali non assimilati.

Avverso tali atti impositivi, la societa’ presentava ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Teramo, deducendo carenza di motivazione dell’atto, errata tassazione di locali ed aree produttive, mancata riduzione tariffaria per disservizio ed omessa riduzione D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 67, comma 2.

Il Comune di Teramo si costituiva in giudizio.

La Commissione adita, con la sentenza n. 49/03/2002, accoglieva il ricorso della societa’ sul presupposto della mancanza di prove in ordine all’effettiva produzione di rifiuti.

Avverso tale decisione, il Comune di Teramo proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila, deducendo violazione o falsa applicazione di norme di diritto per erronea interpretazione di legge, travisamento dei fatti e contraddittorieta’.

La C.T.R., con la sentenza n. 262/06/02, pronunciata il 26 novembre 2002 e depositata il 21 ottobre 2003, rigettava l’appello del Comune.

Avverso tale sentenza, il Comune di Teramo proponeva ricorso per Cassazione sorretto da due motivi.

Non svolgeva attivita’ difensiva l’intimata societa’.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, il Comune di Teramo ha dedotto “in ordine alle superfici: violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62 e 63.

Insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dal Comune ricorrente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Tutti i locali e le aree oggetto di accertamento sarebbero stati rilevati in sede di misurazione delle superfici imponibili, con verbale del *****.

Tale circostanza sarebbe stata da considerarsi come prova acquisita a cui il giudice di merito si sarebbe dovuto attenere.

Nel caso di specie, sarebbe stato violato sia il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 in base al quale il presupposto impositivo della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani sarebbe l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte, sia dell’art. 63 del medesimo D.Lgs. in quanto la tassa sarebbe dovuta da tutti coloro che detengono tali locali o aree, sotto il profilo della esistenza delle ragioni di diritto per l’applicazione della tassa.

In relazione alle circostanze di cui sopra, poi, sussisterebbe un omesso esame e motivazione sul punto, atteso che, in entrambi i gradi di giudizio, il Comune avrebbe rilevato come l’avviso di accertamento contenesse i presupposti di fatto, conosciuti dalla societa’ ricorrente, determinanti l’obbligazione tributaria.

Pertanto, ove i giudici avessero posto riferimento a tali deduzioni, avrebbero dovuto necessariamente procedere alla corretta applicazione degli articoli citati.

La decisione impugnata, inoltre, concretizzerebbe anche la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, secondo cui nella determinazione della superficie tassabile sarebbe posto in capo al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati che possano far escludere alcune aree dalla complessiva superficie imponibile.

Da ultimo, infine, nel caso di specie, ricorrerebbe il vizio di motivazione ed illogicita’ relativamente alla ragione addotta dal giudicante per negare la tassabilita’ dell’immobile, avendo individuato, nella pregressa comunicazione della societa’ contribuente, di mq 700 tassabili, una ragione sufficiente ad inficiare l’accertamento effettuato dal Comune.

Questo malgrado il Comune, odierno ricorrente, avesse eccepito che l’indicazione di mq 700, in quanto effettuata dalla parte, non sarebbe stata probante, stante la verifica della maggiore superficie imponibile effettuata e documentata dal Comune.

Il motivo di censura merita accoglimento.

Al riguardo e’ sufficiente rilevare che la pregressa conoscenza dell’ufficio a seguito di comunicazione del contribuente della superficie idonea a produrre rifiuti non costituisce elemento ostativo ai fini dell’accertamento dello stesso.

Con il secondo motivo, il Comune di Teramo ha lamentato “in ordine al regime fiscale: violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 59 e 62, e del D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 7, 21 e 49.

Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dal Comune ricorrente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Travisamento dei fatti. Extra petitione”.

La decisione parrebbe viziata dal momento che l’intervenuta assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani non avrebbe potuto consentire l’esclusione dalla tassa delle superfici produttive dei rifiuti assimilati: a fronte della qualificazione giuridica dei rifiuti come “urbani assimilati”, si sarebbe dovuto ritenere sussistente l’obbligo di corresponsione della tassa a prescindere dall’effettivo conferimento al servizio pubblico comunale svolto in regime di privativa.

Inoltre, la sentenza impugnata sarebbe viziata da violazione ed erronea interpretazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, commi 1, 2 e 7 e del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59 laddove si confonderebbe la gestione comunale in regime di privativa dei rifiuti urbani ed assimilati con il dovere di emanare apposito regolamento di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani e, per altro verso, la possibilita’ di esonero da detta privativa con l’obbligo della corresponsione della tassa: l’art. 21 prevedrebbe, al comma 1, la privativa comunale dello smaltimento dei rifiuti in argomento; al comma 2, lett. g, l’assimilazione con il regolamento comunale dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani; al comma 7 un esonero dall’obbligo di conferimento al servizio pubblico di nettezza urbana ma non un esonero dalla tassazione.

Poiche’ l’ente impositore avrebbe istituito e svolto regolarmente il servizio di nettezza urbana nella zona dell’esercizio industriale accertato, sarebbe stato del tutto irrilevante, ai fini impositivi, che la contribuente avesse volontariamente non fruito del servizio e provveduto a proprie spese allo smaltimento dei rifiuti prodotti, in quanto l’elemento rilevante sarebbe stato quello dell’istituzione, da parte del Comune, del servizio pubblico di raccolta.

Il presupposto dell’imposizione sarebbe l’obiettiva possibilita’ di usufruire del servizio, a prescindere dalla effettiva fruizione dello stesso da parte del produttore dei rifiuti: infatti anche l’ipotesi di recupero dei rifiuti assimilati non condurrebbe all’esonero tributario ma solo, semmai, ad un coefficiente di riduzione della tassa, atteso che il regime fiscale applicabile ai rifiuti urbani assimilati non consisterebbe in una detassazione ma solo nella riduzione della misura della tariffa stabilita sulla base dei criteri fissati con apposita norma regolamentare.

Ma, nella fattispecie, non avrebbe potuto porsi un riferimento al recupero, neppure ai fini della riduzione della tassa, dal momento che non ci sarebbero stati i requisiti e le modalita’ richieste dall’apposita norma regolamentare, stante la titolarita’ esclusiva del Comune della gestione dei rifiuti urbani ed assimilati.

Il produttore dei rifiuti non avrebbe potuto autodisapplicare la privativa comunale, cosi’ come erroneamente ritenuto dal giudice:

tale disapplicazione, infatti, sarebbe soggetta a preventiva autorizzazione della stessa P.A. che, quale titolare, dovrebbe esercitare i poteri di rilascio e di controllo gestionale.

Anche questa censura e’ fondata.

Lo smaltimento in proprio dei rifiuti non costituisce elemento ostativo ai fini dell’imposizione.

Nella stessa sentenza, al riguardo, si nota:

“l’obbligazione relativa al pagamento TARSU ha infatti una chiara origine tributaria e non gia’ di corrispettivo per un servizio pubblico reso”.

La locuzione costituisce un elemento che evidenzia anche la contraddittorieta’ della motivazione.

Non si vede, infatti, in forza di quali motivazioni questi principi non debbano avere applicazioni per le annualita’ 1998 – 1999 – 2000, in presenza di un provvedimento di assimilazione dei rifiuti operato con regolamento comunale.

Le altre ragioni opposte in relazione a un dedotto recupero dei rifiuti assimilati possono dar vita, se provate, ad eventuali riduzioni dell’imposta, sempre che siano previste dalle norme regolamentari, giammai ad esenzioni.

Consegue l’accoglimento del ricorso con la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio, anche per le spese, ad altra Sezione della C.T.R. Abruzzo.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della C.T.R. Abruzzo.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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