LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso iscritto al n. 2073 R.G. 2005 proposto da:
D.S.R.O., in giudizio di persona a mente dell’art. 86 c.p.c., con studio in Chivasso (TO) al Viale Vittorio Veneto 53/1, elettivamente domiciliato per legge in Roma, presso la Cancelleria della Corte;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte in data 24 maggio 2004, depositata col n. 15/26/04 il 21 giugno 2004.
Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso perchè manifestamente infondato;
udita, in Camera di consiglio, la relazione del Dott. Papa.
PREMESSO IN FATTO
– che:
L’Avvocato D.S.R.O. ricorre con unico complesso motivo, illustrato da memorie, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte indicata in epigrafe, che ha dichiarato inammissibile l’appello del contribuente avverso la decisione con cui la Commissione tributaria provinciale di Torino aveva respinto il suo ricorso contro il silenzio rifiuto delle istanze di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998-2001: si fonda, la sentenza impugnata, sulla mancata attestazione, nell’atto di appello depositato, della conformità a quello consegnato all’Ufficio, nella contumacia di quest’ultimo.
Deducendo “violazione di legge e falsa o errata applicazione delle norme procedurali di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 22 e conseguente eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e la manifesta violazione dei diritti dei contribuenti”, il ricorrente censura la sentenza in quanto non è la mera mancata attestazione di conformità a determinare la inammissibilità del ricorso, sibbene la reale non conformità della copia consegnata rispetto a quella depositata; e, d’altronde, non essendo – in caso di notifica a mezzo posta – quella depositata una copia, ma un vero e proprio originale, alla verifica della conformità si sarebbe potuto facilmente ovviare “sia chiedendo al ricorrente di completare il ricorso con la dichiarazione di conformità e sia chiedendo all’Agenzia delle entrate di depositare copia conforme del ricorso consegnatole”, non essendo consentita una immediata declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha chiesto il rigetto del ricorso, per manifesta infondatezza.
RITENUTO IN DIRITTO
– che:
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il collegio intende dare continuità all’indirizzo ancora di recente ribadito e precisato da Cass., 5^, 4615/2008, secondo cui “in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3 – richiamato, per il giudizio di appello, dall’art. 53 – che disciplina il deposito in segreteria della commissione tributaria adita della copia del ricorso notificato mediante consegna o spedizione a mezzo del servizio postale, va interpretato nel senso che costituisce causa di inammissibilità non la mancata attestazione, da parte dell’appellante, della conformità tra il documento depositato e quello notificato, ma solo la loro effettiva difformità, accertata d’ufficio dal giudice in caso di detta mancanza. Qualora, però, l’appellato sia rimasto contumace, venendo a mancare in radice la possibilità di riscontrare e denunciare la difformità, si impone la declaratoria dell’inammissibilità dell’appello, in quanto, in caso contrario, nell’ipotesi de qua la prescritta formalità risulterebbe priva di qualsiasi reale funzione”.
La seconda parte della massima contiene la ragione del superamento di tutte le deduzioni di segno contrario del ricorrente, che in realtà intenderebbe superare la sanzione alla mancata attestazione di cui si discute attraverso una disciplina del tutto innovativa, peraltro incoerente con quella codificata.
Di qui il rigetto del ricorso.
Non conseguono statuizioni sulle spese, perchè l’Agenzia intimata ha depositato un atto di costituzione, senza spiegare attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010