Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.1178 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 15494 R.G. 2005 proposto da:

STUDIO BOLELLI E ASSOCIATI, nelle persone degli associati Dott. B.G., Dott. S.P. e Dott. D.P.

T.P., rappresentato e difeso, con procura in calce al ricorso, dagli avvocati prof. FALSITTA Gaspare e Silvia PANSIERI, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla Piazza Conca d’Oro 25, presso l’avv. Rita GRADARA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, alla Via dei Portoghesi 12;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia del 28 aprile 2004, depositata col n. 13/2/04 il 3 maggio 2004.

Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza;

udita, in Camera di consiglio, la relazione del Dott. Papa.

PREMESSO IN FATTO

– che:

Lo Studio Bolelli e Associati, nelle persone dei Dottori commercialisti B.G., S.P. e D.P. T.P., ricorre, con unico complesso motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, indicata in epigrafe, che ha accolto il gravame dell’Agenzia delle entrate, Ufficio di Milano *****, contro la decisione della Commissione provinciale, la quale aveva disposto il rimborso dell’IRAP versata per l’anno 1999.

Richiamate le disposizioni del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, lett. c), D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, comma 3, e art. 49, comma 1, (T.U.I.R.), nonchè la sentenza della Corte Costituzionale 156/2001, il giudice a quo ha concluso: “Nel caso di specie, l’associazione professionale possiede innegabilmente un’autonoma organizzazione nel senso sopraccitato, data dai capitali e dai beni strumentali impiegati e dalle collaborazioni interne ed esterne che hanno contribuito al conseguimento dei dati gestionali. Infatti, dall’esame della dichiarazione dei redditi agli atti di causa, risultano corrisposte somme ad un totale di 5 dipendenti per L. 227.232.000, compensi per collaboratori coordinati e continuativi per L. 2.397.000, inoltre L. 64.103.000 corrisposte a terzi per prestazioni afferenti l’attività professionale e L. 55.322.000 per altre prestazioni di lavoro autonomo (per un numero non precisato di collaboratori). A parte gli altri costi di gestione. Sono evidenziati inoltre beni strumentali per L. 298.651.000, e canoni di locazione finanziaria per L. 32.504.000. Tali elementi non postulano certamente la mancanza di mezzi organizzati ai fini dello svolgimento dell’attività e della produzione del reddito. E’ chiaro che la situazione descritta non può essere paragonata a quella in cui vi è assoluta mancanza di mezzi organizzati essendo l’attività svolta direttamente e personalmente dal professionista. Di conseguenza ben si raffigura nella fattispecie il valore aggiunto previsto dal legislatore”.

Denunciando “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 1 e 2, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, i contribuenti associati censurano la sentenza come quella che, avendo travisato il concetto di autonoma organizzazione, intendendolo come mera organizzazione di quantità anche minime di qualche fattore produttivo, avrebbe omesso ogni accertamento in ordine ai presupposti necessari per potersi ritenere realizzata una autonomia organizzativa propriamente intesa, che è quella denotante una capacità contributiva qualificata, autonoma, ulteriore e diversa rispetto alla remunerazione dell’attività lavorativa. In via gradata, propongono questione di legittimità costituzionale in ordine alla interpretazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, per contrasto con l’art. 3 Cost., quando si prescinda da una ricchezza ulteriore e diversa rispetto al reddito personale, una ricchezza generata da una organizzazione autonoma.

L’Agenzia non svolge attività difensiva. Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

RITENUTO IN DIRITTO

– che:

Il ricorso non è fondato.

Intende, infatti, il collegio, in assenza di argomenti di segno contrario, aderire al consolidato indirizzo di questa Corte (v., per tutte, Cass., 5^, 3677/2007) che “in tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e art. 53, comma 1, del medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione di imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”.

L’accertamento di merito compiuto in sentenza risulta conforme al richiamato indirizzo, e correttamente risolto a sfavore dei contribuenti, alla stregua della motivazione più sopra riportata.

Del resto, già per l’esercizio precedente, sulla scorta di dati analoghi, le ragioni dello Studio associato furono disattese dalla Commissione regionale, ed il conseguente ricorso in cassazione è stato respinto con la decisione – di contenuto analogo a quella presente – di Cass., 5^, 6499/2007.

Ne resta totalmente superata la proposta questione di legittimità costituzionale, in assenza di specifici argomenti che valgano ad indubbiare seriamente il diritto vivente, consolidatosi, del resto, in conformità con l’indirizzo espresso dalla richiamata Corte Cost.

n. 156 del 2001.

Di qui, per ogni verso, la reiezione del ricorso.

Non conseguono statuizioni circa le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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