Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.1181 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 18493 R.G. 2005 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, alla Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

P.P., rappresentato e difeso, con procura a margine del controricorso, dagli avvocati MANIACI Fausto e Bruno BERTUCCI, domiciliatario in Roma, alla Via F.S. Nitti 11;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in data 6 maggio 2004, depositata col n. 6/22/04 il 4 giugno 2004.

Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza;

udita, in Camera di consiglio, la relazione del Dott. Papa.

PREMESSO IN FATTO

– che:

L’Agenzia delle entrate ricorre, con unico complesso motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, indicata in epigrafe, che ha respinto il gravame dell’Ufficio di Milano ***** avverso la decisione con cui la Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso del contribuente P. P. – esercente attività di ragioniere commercialista – contro il silenzio rifiuto sulle istanze di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998-99.

Denunciando “violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 144, nonchè del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa, illogica ed incoerente motivazione su punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, la ricorrente muove alla sentenza la censura di avere indebitamente valorizzato la scarsità dei mezzi impiegati e l’assenza di personale dipendente, senza considerare l’apporto in sè dell’attività professionale, produttiva comunque di un valore aggiunto, dovendosi intendere, la autonoma organizzazione, “in senso economico più che in senso materiale”.

Il P. resiste con controricorso illustrato da memoria.

Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

RITENUTO IN DIRITTO

– che:

Il ricorso non è fondato. Intende, infatti, il collegio, in assenza di argomenti di segno contrario, aderire al consolidato indirizzo di questa Corte (v., per tutte, Cass., 5^, 3677/2007) che “in tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e art. 53, comma 1, del medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione di imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’ imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”.

L’accertamento di merito compiuto in sentenza risulta conforme al richiamato indirizzo, e correttamente risolto in favore del contribuente, che è risultato esercitare la sua professione “valendosi di un corredo strumentale minimo”.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Ricorrono giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese della presente fase, tenuto conto che l’indirizzo giurisprudenziale richiamato si è consolidato dopo la proposizione del ricorso (inizi del 2007).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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