LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – rel. Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso iscritto al n. 16047 R.G. 2006 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, alla Via dei Portoghesi 12;
– ricorrente –
contro
C.F., rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso, dagli avvocati FERAGLIA Michele e Danilo D’ANGELO, domiciliatario in Roma, alla Via Magna Grecia 84;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo del 17 ottobre 2005, depositata col n. 66/V/05 in data 8 febbraio 2006.
Viste le richieste scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza;
udita, in Camera di consiglio, la relazione del Dott. Papa.
PREMESSO IN FATTO
– che:
L’Agenzia delle entrate ricorre, con unico motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, indicata in epigrafe, che ha accolto il gravame del contribuente C.F. – libero professionista – contro la decisione negativa della Commissione provinciale in materia di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998-2000.
Denunciando “violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 144, nonchè del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, la ricorrente muove alla sentenza la censura di avere indebitamente valorizzato la scarsità dei mezzi impiegati e l’assenza di personale dipendente, senza considerare l’apporto in sè dell’attività professionale, produttiva comunque di un valore aggiunto, che si inserisce pur sempre nella autonoma organizzazione.
Il C. resiste con controricorso.
Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., il P.M. ha concluso per il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.
RITENUTO IN DIRITTO
– che:
Il ricorso non è fondato.
Intende, infatti, il collegio, in assenza di argomenti di segno contrario, aderire al consolidato indirizzo di questa Corte (v., per tutte, Cass., 5^, 3677/2007) che “in tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e art. 53, comma 1, del medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione di imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”.
L’accertamento di merito compiuto in sentenza risulta conforme al richiamato indirizzo, e correttamente risolto in favore del contribuente, che è risultato aver svolto la sua attività “nel periodo d’imposta, per quanto risulta in atti, necessaria per il funzionamento del proprio studio”, senza avvalersi dell’ausilio “di alcun dipendente o collaboratore con rapporto continuativo”, ed avendo “avuto quali praticanti i propri figli, che non hanno potuto dare un apporto idoneo al funzionamento dello studio in assenza del titolare”.
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
Ricorrono giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese della presente fase, tenuto conto che l’indirizzo giurisprudenziale richiamato si è consolidato dopo la proposizione del ricorso (inizi del 2007).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010