Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.1205 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.L. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOVAGLIERI GLANCARLO;

– ricorrente –

contro

B.C. *****, C.L.

*****, S.M. *****, SC.MA. *****, s.m.

*****, S.E. *****, S.L. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI 146, presso lo studio dell’avvocato SPAZIANI TESTA EZIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato VENUTI FRANCANDREA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1308/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 25/11/2009 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

udito l’Avvocato Andrea MANZI, con delega depositata in udienza dell’Avvocato Luigi MANZI e l’Avvocato TOVAGLIERI Gianmarco, difensori del ricorrente che hanno chiesto di riportarsi alle conclusioni di cui agli atti;

udito l’Avvocato SPAZIANI TESTA Ezio, difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.L. proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Presidente del Tribunale di Busto Arsizio gli aveva ingiunto di pagare la somma di L. 10.000.000 a favore di B.C. che, nella qualita’ di procuratore generale dei genitori S. A. e Br.Ca., si era affermato creditore del predetto importo sulla base di una ricognizione di debito sottoscritta dall’opponente.

A sostegno dell’opposizione deduceva che: la somma ingiunta non era dovuta, posto che la sottoscrizione della predetta scrittura gli era stata imposta da S.A. e Br.Ca. quale condizione per addivenire a un accordo in ordine all’eredita’ del padre Sc.An., accordo mai raggiunto per l’opposizione di S.G. e C.L.; che il genitore con una vendita dissimulante una donazione aveva trasferito le sue proprieta’ immobiliari ai figli A.S. e G.S. e ai rispettivi coniugi B.C. e C.L.. Pertanto, chiedeva la revoca del decreto e, in via riconvenzionale, la riduzione delle disposizioni testamentarie e della donazione effettuata dal genitore rispettivamente il *****, con il riconoscimento del diritto di erede dell’opponente nella misura de 1/6 delle proprieta’ immobiliari lasciate dal de cuius ovvero in subordine dalla quota di legittima.

B.C. chiedeva il rigetto della domanda.

Al presente giudizio veniva riunito quello promosso dal medesimo B.C., nella qualita’ di procuratore speciale dei genitori S.A. e Br.Ca., per ottenere la fissazione di un termine per l’adempimento della ricognizione di debito.

Si costituivano in giudizio i chiamati in causa S.G. e C.L., deducendo che avevano acquistato congiuntamente ad S.A. e Br.Ca. la quota di comproprieta’ pari al 50% dell’immobile sito in ***** per il prezzo di L. 12.000.000, versato a mezzo di assegni circolari, mentre il restante 50% era di D.R., moglie di Sc.An. e madre di A., G. e S.L.. Nel corso del giudizio di primo grado l’opposto dichiarava di rinunciare al decreto e di continuare la causa per il resto, accettando le domande proposte da S.L. che a sua volta accettava la rinuncia e dichiarava di rinunciare all’opposizione.

Con sentenza non definitiva n. 276/2001 il Tribunale dichiarava cessata la materia del contendere in ordine alla pretesa monitoria;

rigettava la domanda di simulazione dell’atto di vendita *****;

quindi, in relazione alla domanda di scioglimento della comunione, all’esito delle indagini condotte dal consulente tecnico che era stato incaricato di procedere alla redazione di un duplice progetto divisionale che tenesse conto della quota ereditaria che allo S. sarebbe spettata anche nell’ipotesi in cui fosse stata accolta la domanda di riduzione, riteneva necessario rimettere la causa in istruttoria, dovendosi procedere al sorteggio dei tre lotti per l’assegnazione degli immobili a ciascun gruppo delle parti in causa in base al primo progetto divisionale che peraltro era stato redatto dal consulente nell’ipotesi di accoglimento della domanda di riduzione. Rimessa la causa in istruttoria, il G.I. incaricava il consulente tecnico di procedere alla divisione del compendio immobiliare in due lotti da assegnarsi ai convenuto e ai chiamati, con determinazione del conguaglio a favore di S.L. titolare della quota di 1/6 dell’intero.

Con sentenza definitiva n. 837/2001 il Tribunale procedeva all’attribuzione degli immobili in base ai due lotti individuati dal consulente, mentre a S.L. era assegnata la somma di L. 56.480.000.

Con sentenza dep. l’11 maggio 2004 la Corte di appello di Milano, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta da S. L. avverso entrambe le decisioni del tribunale, poneva a carico di tutte le parti in via tra loro solidale le spese relative alla consulenza grafologica; rigettava nel resto l’appello.

Per quel che interessa nella presente sede i giudici di appello, nel confermare il rigetto della domanda di simulazione dell’atto del *****, osservavano che, da un lato, era provato l’esborso della somma versata dagli acquirenti con assegni circolari a titolo di corrispettivo mentre, dall’altro lato, non era stato dimostrato che gli assegni predetti fossero tornati nella disponibilita’ degli acquirenti ne’ erano mai pervenuti a formalizzazione definitiva degli accordi che avrebbero riconosciuto all’appellante la quota di 1/6 e che comunque potrebbero avere costituito una soluzione transattiva della controversia in atto senza assumere alcuna valenza confessoria, cosi’ come tale efficacia non avrebbe potuto assumere l’accertamento in ordine alla non autografia della scrittura con cui Sc. A. avrebbe dichiarato che il prezzo riscosso era superiore a quello risultante dall’atto di vendita, atteso che la non autografia nessuna rilevanza avrebbe potuto avere sull’oggetto del presente giudizio; irrilevante era altresi’ la circostanza che successivamente alla vendita Sc.An. avesse con testamento olografo nominato eredi universali i soli figli A. e G.: il rilievo secondo cui tale disposizione sarebbe stata superflua ove il compendio fosse stato gia’ donato, non era condivisibile, atteso che il testatore avrebbe inteso in tal modo disporre dei beni ulteriori che in ipotesi avrebbero potuto entrare a far parte del suo patrimonio prima della morte. Infine, era respinto il motivo con il quale era stata censurata la sentenza definitiva laddove aveva proceduto alla divisione attraverso l’attribuzione a due gruppi proprietari di due lotti omogenei e al solo Luigi di una quota di denaro, cosi’ discostandosi da quanto statuito con la sentenza non definitiva che aveva disposto il sorteggio di tre lotti per l’attribuzione degli immobili a tre gruppi proprietari. La Corte rilevava l’errore in cui era incorsa la sentenza non definitiva la quale, pur avendo respinto la domanda di simulazione della vendita, aveva poi disposto l’assegnazione in base al primo progetto divisionale redatto per l’ipotesi in cui fosse stata invece accertata la simulazione. Peraltro, secondo i giudici di appello, la sentenza definitiva aveva proceduto correttamente a revocare tale statuizione che non era vincolante, tenuto conto del carattere non decisorio ma soltanto ordinatorio delle modalita’ di prosecuzione del processo che quella decisione aveva stabilito.

Infine, la sentenza ha ritenuto che nessuna censura specifica era stata formulata con il gravame avverso le modalita’ della divisione.

Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione S. L. sulla base di due motivi. Resistono con controricorso gli intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata laddove aveva ritenuto non provata la denunciata simulazione dell’atto del *****, avendo trascurato di considerare la valenza della falsita’ della scrittura con la quale era stato dichiarato che il prezzo corrisposto era superiore a quello indicato nel rogito di trasferimento; non era stata considerata l’anomalia di un testamento che privilegiava ancora e soltanto coloro che avevano gia’ acquistato il bene che non era nella disponibilita’ del testatore, risultando una motivazione apparente quella secondo cui il testatore avrebbe inteso disporre di beni che avrebbe potuto acquistare successivamente; non aveva considerato la copiosa documentazione (una convenzione intercorsa fra le parti e una procura), da cui era risultato le controparti avrebbero ceduto al ricorrente, a titolo assolutamente gratuito, la quota di 1/6 dell’eredita’ paterna, tenuto conto che tali atti erano sottoscritti da una parte in causa mentre l’altra, senza alcuna ragione, non ebbe a sottoscriverli; non aveva ammesso le prove testimoniali ritenendole ininfluenti. Il motivo e’ infondato.

La Corte ha escluso che potessero ricavarsi elementi in ordine alla denunciata simulazione: a) dalla falsita’ dell’autografia del documento attestante che il prezzo pagato fosse superiore a quello pattuito nel rogito, rilevando che tale falsita’ avrebbe potuto incidere eventualmente sulla misura del prezzo ma non certamente sull’oggetto del presente giudizio;

b) dalla redazione del testamento che sarebbe stato superfluo, perche’ l’unico immobile esistente nel patrimonio era quello gia’ acquistato da A. e G., posto che il testatore avrebbe inteso disporre relativamente a beni che avrebbe potuto acquistare in futuro;

c) dalla dedotta conclusione di accordi fra gli eredi per il riconoscimento della quota di un 1/6 dell’eredita’, osservando non solo che tali accordi non erano stati mai formalizzati ma che comunque gli stessi potevano essere finalizzati a una soluzione transattiva delle controversie in atto fra i coeredi. Orbene, la sentenza impugnata ha esaminato e valutato gli elementi probatori acquisiti, ritenendo con motivazione congrua e corretta che gli stessi non offrissero la prova della simulazione invocata dal ricorrente, tenuto conto che era stato accertato l’effettivo pagamento del prezzo pattuito da parte degli acquirenti attraverso gli assegni circolari prodotti. In realta’, la doglianza, pur facendo riferimento a vizi di motivazione, da cui la sentenza – come si e’ detto – e’ immune, si risolve nella censura dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie, che e’ evidentemente oggetto riservato dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito, formulando il ricorrente una interpretazione del materiale probatorio difforme da quella accolta in sentenza. Al riguardo, va sottolineato che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura solamente quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione, non consistendo nella difformita’ dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merito. La sua deduzione con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’ non gia’ il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale bensi’ la mera facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti( Cass. 828/2007). Va, infine, considerato in relazione al valore – transattivo o meno degli eventuali accordi intercorsi fra gli eredi – la censura in ordine alla relativa interpretazione, che ha ad oggetto un accertamento di fatto riservato al giudice di merito,e’ incensurabile in sede di legittimita’, se non per violazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e segg. che nella specie non sono stati neppure dedotti mentre, quando denunci la mancata ammissione di una prova testimoniale, il ricorrente, in virtu’ del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, deve trascrivere integralmente le circostanze capitolate in modo da consentire alla Corte di verificarne la decisivita’: onere che nella specie non e’ stato ottemperato.

Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di legge, censura la decisione (definitiva) di primo grado laddove aveva ritenuto affette da errore materiale le prescrizioni della sentenza (non definitiva) che aveva indicato come dovevano essere attribuite, e in quale misura, le quote di proprieta’, non trattandosi di errore materiale e neppure di prescrizioni semplicemente ordinatorie e quindi revocabili o modificabili a parte del G.I., come invece ritenuto dalla Corte di appello, anche perche’ non solo si parlava di quote ma anche e soprattutto perche’ queste quote dovevano essere attribuite in natura e non essere monetizzate. Erroneamente il Giudice di appello aveva supposto che proprio l’attore avesse chiesto che fosse formato un progetto divisionale e stabilisse le quote come all’attuale, trascurando le richieste formulate in sede di precisazione delle conclusioni, richieste che, in ogni caso, non erano state mai prese in considerazione. Inoltre il C.T.U. nel suo elaborato aveva ricompreso nel coacervo divisionale immobili di sicura proprieta’ del ricorrente.

Il motivo e’ infondato.

I giudici di appello hanno esattamente ritenuto che era priva di valore decisorio la statuizione di cui alla decisione non definitiva con la quale in sostanza si impartivano disposizioni dirette alla prosecuzione del processo per procedere alle operazioni divisionali dell’immobile caduto in successione: pertanto, poteva essere emendato, come aveva fatto la sentenza definitiva, l’errore circa le modalita’ di assegnazione dei lotti e delle quote rispettivamente spettanti che erano state dalla decisione non definitiva stabilite in base al progetto divisionale formulato nell’ipotesi di accoglimento della domanda di riduzione e di simulazione e non invece in base a quello alternativo redatto nel caso di rigetto di tali domande, ipotesi che nella specie si era verificata: la natura meramente ordinatoria di tali statuizioni ne rendeva legittima la revoca da parte della decisione definitiva. Per quanto concerne, poi, le deduzioni circa le modalita’ di divisione con l’attribuzione delle relative quote va rilevato che la sentenza di appello ha ritenuto che nessuna censura specifica era stata al riguardo formulata con il gravame, per cui il ricorrente avrebbe dovuto invocare la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame trascrivendo, in virtu’ del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il motivo di appello in modo da consentire alla S.C di verificare la rituale e specifica formulazione, In relazione alla circostanza che fra gli immobili oggetto di divisione sarebbero stati compresi beni di proprieta’ del ricorrente la questione non essendo stata trattata dalla sentenza impugnata deve ritenersi nuova e, involgendo accertamenti di fatto, e’ inammissibile, dovendo qui ribadirsi le considerazioni sopra formulate sugli oneri del ricorrente il quale avrebbe dovuto dimostrare di averla ritualmente sollevata con l’appello incidentale. Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei resistenti delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 3.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.800,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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