Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.1206 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.C. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato BOGGIA MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CHIARELLI ALBERTO;

– ricorrente –

e contro

COND. VIA ***** in persona dell’Amministratore pro tempore;

– intimato –

e sul ricorso n. 4873/2005 proposto da:

COND. VIA ***** in persona dell’Amministratore pro tempore B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FIDOLINI VITTORIO;

– controricorrente ricorrente incidentale –

contro

F.C. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato BOGGIA MASSIMO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CHIARELLI ALBERTO;

– controricorrente ricorso inc. –

avverso la sentenza n. 617/2004 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 13/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 26/11/2009 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

udito l’Avvocato BOGGIA Massimo difensore della ricorrente che ha chiesto accoglimento del ricorso principale e controricorso al ricorso incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 16 marzo 2001 il Tribunale di Firenze rigettava la domanda con cui F.C. aveva chiesto la condanna del Condominio di via ***** all’esecuzione dei lavori necessari al risanamento di un fondo di sua proprietà, interessato da infiltrazioni provocate da impianti condominiali nonchè al risarcimento del danno.

Con sentenza del 13 aprile 2004 la Corte di appello di Firenze, in riforma della decisione impugnata dall’attrice, condannava il Condominio al pagamento della somma di Euro 52.226,76 a titolo di risarcimento dei danni provocati all’immobile dell’attrice da infiltrazioni provenienti da impianti condominiali oltre interessi legali dal 29/10/1998 nonchè ai quattro quinti delle spese legali che per il residuo compensava.

Per quel che ancora interessa nella presente sede i giudici di appello ritenevano provata, alla stregua delle relazioni redatte nel 1991 e nel 1993 dal consulente tecnico d’ufficio arch. L., la responsabilità del Condominio ai sensi dell’art. 2051 c.c., ritenendo che l’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto in primo grado, peraltro con la comparsa conclusionale, non era stata riproposta in sede di gravame: nel determinare il complessivo importo di Euro 52.226,76, mentre Euro 7.928,65, pari a L. 15.352.000, era relativo alle spese per il ripristino dell’immobile, la somma di Euro 44.298,11, pari a L. 85.773.100, era liquidata con riferimento al danno preteso dall’attrice a titolo di mancato guadagno per la dedotta impossibilità di locare il bene a terzi; al riguardo, la sentenza osservava da un canto, che – per effetto delle infiltrazioni verificatesi- l’immobile non era stato utilizzato per i periodi ***** nonchè durante il periodo in cui erano stati eseguiti i lavori avvenuti nel 1995: pertanto, in considerazione del mancato godimento del bene, il pregiudizio era determinato con riferimento al valore locativo nella somma di L. 122.533.000 in base alla stima compiuta con la consulenza depositata nel 1998; peraltro, tale importo era poi ridotto del 30% sul rilievo che, secondo quanto risultato dalla deposizione della teste C. che aveva lavorato nell’immobile de quo alle dipendenze del marito dell’attrice, l’umidità del fondo esisteva ed in modo costante anche prima della causa e che non aveva impedito l’utilizzazione del bene; il che stava a significare che lo stato dei luoghi non era incompatibile con la possibilità di destinarlo a locazione seppure a un canone inferiore a quello di mercato.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la F. sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso l’intimato, proponendo ricorso incidentale affidato a due motivi. La ricorrente ha proposto controricorso al ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno riuniti, ex art. 335 c.p.c., il ricorso principale e quello incidentale,in quanto proposti avverso la stesa sentenza.

RICORSO PRINCIPALE. Con il primo motivo la ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata che aveva limitato i periodi in cui aveva ritenuto inutilizzabile l’immobile de quo, quando dalle stesse dichiarazioni rese dal Condominio con la comparsa conclusionale depositata in primo grado, dalle deposizioni dei testi nonchè dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio era risultato che il fondo era rimasto vuoto e non occupato per ulteriori 141 mesi rispetto a quelli riconosciuti, e ciò con riferimento ai periodi dal *****. Il motivo va disatteso.

La sentenza ha determinato, alla stregua degli accertamenti compiuti dai consulenti tecnici e delle deposizioni testimoniali, l’arco temporale in cui l’immobile era rimasto inutilizzabile a causa delle infiltrazioni provenienti dagli impianti condominiali, così implicitamente escludendo che il mancato godimento per effetto dell’illecito potesse estendersi ad altri periodi. La ricorrente sostanzialmente denuncia la mancata valutazione: a) del comportamento processuale tenuto dal convenuto, sostenendo che dall’indicazione dei periodi in cui l’immobile era stato occupato, ai quali il convenuto aveva fatto riferimento, avrebbe dovuto sostanzialmente dedursi la mancata contestazione che negli altri periodi il bene non fosse stato occupato; b) delle deposizioni rese dai testi laddove costoro avevano riferito che l’immobile era rimasto chiuso e in stato di abbandono dal *****, circostanze che erano state confermate dal consulente tecnico d’ufficio arch. L. che durante il sopraluogo del 1991 aveva riferito che lo stato dei luoghi era tale da non consentire alcuna utilizzazione del fondo. Orbene, la doglianza si risolve nella censura dell’apprezzamento del valore probatorio degli elementi emersi dalle risultanze istruttorie, cioè in sostanza si critica il giudizio formulato sulla base delle circostanze emerse durante l’istruttoria ( chiusura dell’immobile): i Giudici hanno evidentemente escluso che la mancata utilizzazione dell’immobile fosse causalmente determinata dalle infiltrazioni provenienti dall’edificio condominiale; in definitiva l’attrice, prospettando una valutazione del materiale probatorio difforme da quella accolta dalla sentenza impugnata, sollecita un riesame delle risultanze processuale sottratto al sindacato di legittimità. Al riguardo, va ricordato che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione; tali vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, non essendo compito del giudice di legittimità verificare l’esattezza della decisione rispetto alle risultanze istruttorie: spetta alla Cassazione, che non può esaminare gli atti, tranne che sia dedotto un error in procedendo, quello di controllare, sotto il profilo logico e formale, la correttezza giuridica del provvedimento impugnato attraverso l’esame del suo contenuto.

Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando contraddittorietà e/o insufficiente motivazione, censura la sentenza impugnata laddove aveva ridotto del 30% il danno liquidato ed erroneamente compensato per 1/5 le spese del doppio grado di giudizio.

La sentenza aveva fondato il proprio convincimento sulla deposizione della teste C. che aveva lavorato alle dipendenze del marito dell’attrice dal 1970 al 1978, dando rilevanza alla circostanza riferita dalla predetta secondo cui il locale de quo era stato sempre molto umido, quando il danno lamentato in realtà aveva ad oggetto le esondazioni di liquami maleodoranti verificatesi nei locali ben tre anni dopo che la teste aveva cessato di prestarvi la propria attività lavorativa; non erano state prese in considerazione le testimonianze dei testi L. e P., agenti immobiliari che avevano riferito di non essere riusciti a vendere nè a locare, seppure prezzi vantaggiosi, l’immobile de quo, attesa la situazione ambientale, dello steso tenore era stata la deposizione di Pi.

G., marito dell’attrice. Non si comprendeva la decurtazione del 30% del danno patito dal fondo invaso da liquami maleodoranti, quando dalla sentenza impugnata era stata accertata la presenza di umidità provocata da difetti degli impianti condominiali. Del resto, la difesa della ricorrente aveva fatto presente che nel giugno del 1994 il fondo era stato locato a tale sig Ba. il quale dopo circa sei mesi era stato costretto ad abbandonare l’immobile a causa di una nuova fuoruscita di liquami dalla fossa biologica, le cui esalazioni rendevano l’aria irrespirabile.

Pertanto, si denuncia la omissione e comunque la non corretta valutazione delle prove testimoniali, delle prove documentali e delle relazioni tecniche, da parte della Corte, che aveva erroneamente compensato il 1/5 del spese processuali, pur riconoscendo che il Condominio era risultato pressochè soccombente.

Il motivo va disatteso nella parte in cui si censura la determinazione del danno liquidato.

Anche questa doglianza si risolve nella censura della valutazione degli elementi probatori, posto che la sentenza ha evidentemente ritenuto che il fenomeno accertato dai consulenti sia rimasto costante nel tempo nonostante il successivo verificarsi di infiltrazioni: nel ribadire quanto sopra si è detto in occasione dell’esame del primo motivo, il ricorrente avrebbe dovuto trascrivere, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, integralmente le deposizioni dei testi escussi in modo da dimostrare il vizio di motivazione che sarebbe consistito nell’avere omesso l’esame di circostanze decisive, cioè di fatti il cui accertamento avrebbe portato in modo certo a un risultato diverso, non essendo invece deducibile una diversa valutazione o interpretazione delle risultanze istruttorie. Per quanto concerne la regolamentazione delle spese processuali la censura è assorbita in considerazione di quanto si dirà infra in occasione dell’esame del terzo motivo.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta l’erronea e falsa applicazione delle norme in materia di risarcimento del danno, denunciando che la Corte di appello non aveva in alcun modo riconosciuto la rivalutazione monetaria della somma liquidata a titolo risarcitorio, mentre la decorrenza degli interessi legali era stata determinata dal 29 ottobre 1998. Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha liquidato il danno provocato dalle infiltrazioni provenienti dal Condominio in base alla stima compiuta nel 1998 dal consulente tecnico d’ufficio con gli interessi legali dal 29 ottobre 1998, senza procedere alla rivalutazione monetaria.

Orbene, costituendo l’obbligazione di risarcimento del danno un’obbligazione di valore sottratta al principio nominalistico, la rivalutazione monetaria è dovuta a prescindere dalla prova della svalutazione monetaria da parte del danneggiato e deve essere anche d’ufficio quantificata dal giudice, tenendo conto della svalutazione sopravvenuta fino alla data della liquidazione. E’ altresì risarcibile il nocumento finanziario (lucro cessante) subito a causa del ritardato conseguimento della somma riconosciuta a titolo di risarcimento del danno, con la tecnica degli interessi computati non sulla somma originaria nè su quella rivalutata al momento della liquidazione, ma sulla somma originaria rivalutata anno per anno ovvero sulla somma rivalutata in base ad un indice medio.

Pertanto, la sentenza impugnata è erronea perchè non si è attenuta a tali principi ai quali dovrà attenersi il giudice di rinvio.

In considerazione dell’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale e della conseguente cassazione (seppure parziale) della decisione impugnata, viene ad essere caducata, ex art. 336 c.p.c., la statuizione sulle spese processuali, che dovranno essere liquidate dal giudice di rinvio in base all’esito finale della lite.

RICORSO INCIDENTALE. Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che l’eccezione di prescrizione non era stata proposta in appello, quando invece con la comparsa di costituzione aveva dedotto che era prescritta la domanda relativa ai danni maturati successivamente all’atto di citazione che non poteva avere al riguardo effetto interruttivo, essendo necessaria la proposizione di autonoma domanda. Il motivo è infondato.

L’attrice aveva chiesto l’esecuzione delle opere rese necessarie ad eliminare le infiltrazioni nonchè il risarcimento dei danni derivanti dall’umidità provocata dagli impianti condominiali.

Va premesso che la prescrizione si basa sull’inerzia del titolare del diritto e che la proposizione della domanda giudiziale ha efficacia interruttiva della prescrizione che si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi dell’art. 2945 c.c., con riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino con stretto nesso di causalità a quel rapporto, senza che occorra che il loro titolare proponga, nello stesso o in altro giudizio, una specifica domanda diretta a farli valere (Cass. 18570/2007) Nella specie, appare del tutto fuori luogo ipotizzare la prescrizione del diritto relativamente al risarcimento dei danni maturati nel corso del giudizio, atteso che la richiesta di questi ultimi era sempre collegata causalmente alla medesima condotta illecita (causa petendi) di cui il Condominio è stato chiamato a rispondere ex art. 2051 c.c.. Pertanto, la citazione costituiva valido atto interruttivo della prescrizione efficace per a stregua della deposizione della teste C., hanno invece escluso, avendo piuttosto ritenuto che per le condizioni in cui versava l’immobile poteva essere locato a un canone inferiore del 30% rispetto a quello di mercato, avendo al riguardo considerato il valore locativo dell’immobile stimato ancora dal consulente . Ed il procedimento al riguardo adottato alla stregua di tali risultanze è corretto, atteso che il danno subito dal proprietario è “in re ipsa”, discendendo dalla ridotta disponibilità ed utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso, per cui la determinazione del risarcimento del danno ben può essere, in tal caso, operata dal giudice sulla base di elementi presuntivi semplici, con riferimento al ed. danno figurativo e, quindi, con riguardo al valore locativo del bene (Cass. 10498/2006; 1294/2003). Il ricorso incidentale va rigettato. Pertanto, va accolto il terzo motivo del ricorso principale, mentre sono da rigettare il primo e il secondo, quest’ultimo per quanto in motivazione; la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.

PQM

Riunisce i ricorsi, accoglie il terzo motivo del ricorso principale rigetta il primo e il secondo, quest’ultimo per quanto in motivazione nonchè il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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