LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –
Dott. ODDO Massimo – rel. Consigliere –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Sciovia “Capanna Margherita” di Mariangela Giovannelli & C.
s.n.c., in persona del legale rappresentante G.M. –
rappresentata e difesa in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso dagli avv.ti’ DALLA FIOR Marco e Beatrice Tomasoni del Foro di Trento e dall’avv. Stella Richter Paolo, presso il quale e’
elettivamente domiciliata in Roma, al viale Mazzini, n. 11;
– ricorrente –
contro
L.O. – rappresentato e difeso in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso dagli avv.ti PEDINELLI Giorgio e dall’avv. Riccardo Gherardi del Foro di Trento ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via A. Regolo, n. 12/D, presso l’avv. Italo Castaldi;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trento n. 279 del 18 ottobre 2006 — notificata il 16 novembre 2006;
Uditi per la ricorrente l’avv. Paolo Stella Richter e per il controricorrente l’avv. Italo Castaidi, delegato dall’avv. Gerardi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 13 giugno 2000, L.O., proprietario di terreni montani in Comune di *****, convenne la s.n.c. Sciovia “Capanna Margherita” di Mariangela Giovanelli & C. davanti al Giudice di pace di Cavalese e ne domando’ la condanna al risarcimento dei danni, quantificati in L. 5.000.000, connessi all’utilizzo dei propri terreni da parte della societa’ come pista da sci nelle stagioni invernali dal 1997 al 2000.
La societa’ convenuta si costitui’, eccependo l’incompetenza per valore del giudice adito e proponendo in via riconvenzionale domanda di accertamento dell’usucapione dei terreni utilizzati, e il Tribunale di Trento — sezione distaccata di Cavalese —, davanti al quale la causa venne riassunta a seguito della declinatoria di competenza del Giudice di pace, con sentenza del 14 ottobre 2004 rigetto’ la domanda del L. e, in accoglimento di quella riconvenzionale, dichiaro’ acquisita dalla societa’ la proprieta’ di quella parte dei terreni individuata dal c.t.u. come tracciato della pista da sci o comunque interessata al tracciato della relativa sciovia.
La decisione, gravata dal L., venne riformata il 18 ottobre 2006 dalla Corte di appello di Trento, che rigetto’ la domanda riconvenzionale e, in accoglimento di quella principale, condanno’ la societa’ a corrispondere all’attore la somma di Euro 2.582,28, oltre interessi dalla sentenza al saldo e spese del doppio grado di giudizio. Premesso che la pretesa della convenuta di usucapione dei terreni era fondata sul loro uso negli anni come pista da sci nel periodo invernale e per lo sfalcio dell’erba in quello estivo, osservarono i giudici di secondo grado che l’utilizzo stagionale dei terreni in conformita’ alla autorizzazione provinciale alla gestione della sciovia non costituiva un’attivita’ corrispondente all’esercizio della proprieta’, ma soltanto ad una sua limitazione, e che lo sfalcio estivo era funzionale alla manutenzione della pista.
La societa’ Sciovia “Capanna Margherita” e’ ricorsa per la cassazione della sentenza con quattro motivi, illustrati da successiva memoria, ed il L. ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la nullita’ della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 1140 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo negato che lo sfalcio una volta all’anno dei prati circostanti il rifugio, effettuato, almeno dagli anni ‘60, “dall’attuale ricorrente, dal marito della ricorrente e prima dal padre del marito ovvero dallo zio del marito”, costituisse manifestazione di un’attivita’ corrispondente all’esercizio della proprieta’, benche’ lo sfalcio ed il pascolo costituiscano i soli modi di coltivazione dei terreni montani; la sua illustrazione si conclude, ex art. 366 bis c.p.c., con il quesito di diritto:
“costituisce violazione dell’art. 1158 c.c. non ravvisare nella coltivazione del fondo esercitata attraverso lo sfalcio il possesso utile a maturare l’acquisto della proprieta’ per usucapione con il concorso degli altri requisiti previsti dalla norma”.
Il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 1140 c.c., avendo escluso che l’utilizzo dei terreni come pista da sci, pur rappresentando l’unico loro possibile uso in periodo invernale, integrasse una attivita’ corrispondente all’esercizio della proprieta’ e si risolvesse in un possesso utile all’usucapione; si conclude con il quesito di diritto:
“costituisce violazione dell’art. 1158 c.c. non ravvisare nell’utilizzo negli ani dei fondi quali pista da sci nel periodo invernale il possesso utile a maturare l’acquisto della proprieta’ per usucapione, con il concorso degli altri requisiti previsti dalla norma”.
Il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo erroneamente argomentato che lo sfalcio dei fondi costituiva attivita’ di manutenzione estiva della pista, pur essendo invece notorio che l’erba, venendo ricoperta dalla neve, non cagiona alcun fastidio agli sciatori, e che la gestione di una pista da sci implica necessariamente l’utilizzo di terreni non di proprieta’ del gestore.
Il quarto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo attribuito rilievo al contenuto dell’autorizzazione alla gestione della pista, benche’, non regolando essa i rapporti tra i privati, da essa non potesse escludersi che l’utilizzo esclusivo dei terreni tanto in periodo invernale che estivo si traducesse in un “possesso del diritto di proprieta’”. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.
Dispone l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 ed applicabile ratione temporis essendo stata la sentenza impugnata pubblicata successivamente al 2 marzo 2006, che, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilita’, con la formulazione di un quesito di diritto e, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione di assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
La norma, alla quale si correla il dovere imposto alla Corte di cassazione dall’art. 384 c.p.c., comma 1, di enunciare un principio di diritto nel caso in cui il ricorso venga deciso a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, ed in ogni altro caso in cui risolva una questione di particolare importanza, ha la funzione di consentire alle controparti ed al giudice, da un lato, l’immediata individuazione della questione sulla quale il motivo sollecita la pronuncia di legittimita’ e, dall’altro, il diretto e tempestivo riscontro della rilevanza e decisivita’ della stessa rispetto all’oggetto della controversia.
Corollario dell’art. 366 bis c.p.c., e della sua funzione e’ che il quesito di diritto deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie (cfr.:
Cass. civ., sez. 3^, sent. 17 luglio 2008, n. 19769), e che, nel caso di denuncia di un vizio di motivazione, la censura deve concludersi con una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente la specificita’ e la rilevanza del motivo (cfr.: Cass. civ., sez. 3^, sent. 4 febbraio 2008, n. 2652). A tali requisiti non obbediscono, anzitutto, i quesiti formulati all’esito del primo e del secondo motivo, giacche’, oltre ad essere privi dell’indicazione della regola di diritto applicata e di quella che invece avrebbe dovuto applicarsi, sollevano delle questioni che investono apprezzamenti di fatto e non la corretta applicazione delle norme in essi enunciate che definiscono il possesso e ne disciplinano gli effetti, attinendo essi alla mancata individuazione di una attivita’ corrispondente all’esercizio della proprieta’ nello sfalcio estivo della erba e nell’uso invernale di terreni come pista da sci.
Ne’, oltre che essere privi del richiesto momento di sintesi, colgono il segno i motivi attinenti alla motivazione della sentenza. Senza affrontare l’ulteriore problema che, affinche’ operi il trapasso del possesso dall’uno all’altro dei successivi possessori e il successore a titolo particolare possa unire al proprio il possesso del dante causa, e’ necessario che i trasferimenti trovi la propria giustificazione in titoli astrattamente idonei a trasferire la proprieta’ o altro diritto reale sul bene (cfr.: cass. civ., sez. 2^, sent. 22 aprile 2005, n. 8502), i giudici di appello, infatti, hanno sottolineato, da un lato, che lo sfalcio in periodo estivo ad opera della societa’ che gestiva l’impianto di risalita dell’erba cresciuta sui terreni utilizzati in inverno come pista da sci doveva ritenersi funzionale alla manutenzione degli impianti e, dallo altro, che l’attivita’ esercitata sui terreni in periodo invernale, in quanto conforme al titolo amministrativo che l’aveva autorizzata, non era sintomatica di possesso jure proprietatis. Il primo rilievo non e’ attinto dalla sola considerazione nei motivi che lo sfalcio dell’erba costituisce, unitamente al pascolo, una delle due sole possibilita’ di coltivazione di terreni montani ed e’ notorio che l’erba sulla pista non comporta disagi agli sciatori, giacche’, a prescindere dal richiamo ad un notorio apparentemente invocato per la prima volta in sede di legittimita’, esso trova il suo diverso e logico fondamento nella considerazione che lo sfalcio dell’erba nei terreni utilizzati come pista da sci doveva presumersi connesso alla gestione della sciovia costituente oggetto della societa’ e non quale concorrente esercizio da parte della medesima societa’ di una eterogenea attivita’ agricola.
Il secondo e’ eluso dalla censura che l’attivita’ svolta dalla societa’ non poteva desumersi dall’autorizzazione alla gestione della sciovia, non regolando essa i rapporti tra i privati, e che le piste da sci possono essere anche di proprieta’ del gestore della sciovia, in quanto il duplice assunto non e’ pertinente all’applicazione in concreto fatta dalla sentenza del principio che il corpus possessionis non va inteso in senso materialistico, ma in funzione dell’utilita’ che la cosa puo’ fornire e del potere in concreto esercitato dal possessore sulla cosa e che, in caso di attivita’ soggetta ad autorizzazione amministrativa, tanto l’utilita’ quanto il potere non possono non essere desunti dall’attivita’ autorizzata e presunti ad essa conformi.
All’inammissibilita’ dei motivi seguono il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 2.600,00 di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali, iva, cpa ed altri accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010