Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.1208 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IMPRESA ANTONIO CASTELLI SAS *****, in persona del socio accomandatario C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO 2, presso lo studio dell’avvocato VITOLO MASSIMO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOLU ILVO;

– ricorrente –

e contro

C.F.;

– intimato –

e sul ricorso n. 949/2005 proposto da:

C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DON MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato MARTUCCELLI CARLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERGO DOMENICO;

– controricorrente ric. incidentale –

e contro

IMP ANTONIO CASTELLI SAS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 47/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/01/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 02/12/2009 dal Consigliere Dott. BUCCIANTE Ettore;

udito l’Avvocato VITOLO Massimo, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato MARTUCCELLI Carlo, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 17 maggio 2000 il Tribunale di Como – adito dalla s.a.s. Impresa Antonio Castelli e in via riconvenzionale dall’architetto C.F. – dichiaro’ interamente compensati i reciproci crediti delle parti, derivanti dal rapporto di prestazione d’opera professionale tra loro intercorso relativamente alla progettazione e direzione dei lavori di un complesso edilizio:

furono determinati nel medesimo importo di L. 23.500.000 sia il risarcimento dei danni dovuto all’attrice per gli errori e i ritardi con cui l’incarico era stato espletato, sia il residuo compenso spettante al convenuto.

Impugnata da C.F., la decisione e’ stata riformata dalla Corte d’appello di Milano, che con sentenza del 16 gennaio 2004, in parziale accoglimento del gravame, ha condannato la s.a.s. Impresa Antonio Castelli a pagare all’appellante la somma di L. 23.500.000 con gli interessi legali dalla domanda e ha compensato tra le parti le spese dell’intero giudizio. A questa conclusione il giudice di secondo grado e’ pervenuto ritenendo: che il compenso ancora dovuto a saldo al professionista era stato esattamente determinato dal Tribunale, alla stregua delle pattuizioni intercorse tra le parti e dell’entita’ delle prestazioni svolte; che vi erano stati effettivamente ritardi, incompletezze ed errori nella progettazione, ma la committente non aveva provato i conseguenti danni ne’ fornito elementi che ne consentissero la quantificazione, mediante la liquidazione compiuta in via equitativa dal primo giudice.

La s.a.s. Impresa Antonio Castelli ha proposto ricorso per Cassazione, in base a due motivi. C.F. si e’ costituito con controricorso, formulando a sua volta due motivi di impugnazione in via incidentale. Sono state presentate memorie dall’una parte e dall’altra.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In quanto proposti contro la stessa sentenza, i due ricorsi vengono riuniti in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 c.p.c..

Tra le censure rivolte dalle parti alla sentenza impugnata deve essere presa in esame prioritariamente, stante il suo carattere preliminare ed assorbente, quella formulata con il primo motivo del ricorso incidentale: si sostiene che “il Giudice d’Appello ha confermato che generici ritardi erano esistenti, ma non ha esposto alcuna motivazione che giustifichi l’imputazione degli stessi a carico dell’Arch. C.”, ritardi che peraltro la stessa societa’ Castelli aveva mostrato di ritenere insussistenti, come anche le presunte carenze dei progetti, in una sua lettera del 10 febbraio 1992.

La doglianza non puo’ essere accolta.

La giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass. 11 giugno 2008 n. 15483) e’ univocamente orientata nel senso che “e’ legittima la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame, purche’ il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto”.

Appunto in questa ipotesi si verte nella specie, poiche’ la Corte d’appello, nel “condividere quanto illustrato in prime cure”, non si e’ limitata ad aderire acriticamente alle conclusioni cui era pervenuto sul punto il Tribunale, ma le ha fatte proprie richiamando le prove documentali e testimoniali acquisite e dandone una valutazione diversa da quella propugnata da C.F..

D’altra parte, le risultanze di tali prove non sono state in alcun modo indicate nel ricorso incidentale, il quale difetta pertanto del requisito della “autosufficienza”. Soltanto della lettera del 10 febbraio 1992 e’ stato riportato il contenuto, dal quale tuttavia risulta che il documento e’ inconferente, poiche’ la committente si era bensi’ dichiarata disposta al pagamento richiestole dal professionista, ma “salvo verifiche e chiarimenti necessari”.

Con il primo motivo del ricorso principale la s.a.s. Impresa Antonio Castelli lamenta che la Corte d’appello, pur non essendo stata investita della questione, ha ritenuto non provati i danni conseguenti ai ritardi e agli errori di cui ha riconosciuto essersi reso responsabile C.F..

La doglianza e’ fondata.

Nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado l’appellante aveva tra l’altro contestato la sua “responsabilita’ dei ritardi – peraltro minimi ed inidonei a causare gli asseriti, e non provati, danni – nella consegna degli elaborati”, senza ulteriormente dedurre alcunche’ a proposito di tale dedotto difetto di prova. Il punto non aveva dunque formato oggetto di un motivo di gravame che fosse dotato del necessario carattere della specificita’, il quale richiede, secondo la giurisprudenza di legittimita’ (v., tra le piu’ recenti, Cass. 19 febbraio 2009 n. 4068) che “alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico – giuridico delle prime”. La semplice assiomatica affermazione incidentale, secondo cui i danni erano “asseriti, e non provati”, non contiene alcuna precisa e puntuale critica a quanto era stato ritenuto dal Tribunale, circa la sussistenza delle condizioni richieste per una liquidazione equitativa dei danni in questione. La sentenza impugnata ha superato quindi i limiti della materia del contendere validamente devoluta al giudice di secondo grado, al quale era stato chiesto, in modo conforme alle prescrizioni dell’art. 342 c.p.c., di escludere l’imputabilita’ a C.F. dei ritardi nell’espletamento dell’incarico conferitogli, ma non anche l’an e il quantum del pregiudizio che per la societa’ Castelli ne era derivato.

Restano assorbiti sia il secondo motivo del ricorso principale, con cui si afferma che in realta’ il danno era stato provato, quanto meno nei limiti necessari per una sua liquidazione equitativa, sia il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui si deduce che le spese di giudizio non avrebbero dovuto essere compensate, ma poste a carico della societa’ Castelli.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa viene decisa nel merito, mediante pronuncia di conferma della sentenza di primo grado.

Le spese dell’intero giudizio vengono compensate tra le parti, stante la reciproca loro soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata; decidendo nel merito, conferma la sentenza di primo grado;

compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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