Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.1210 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 35-2005 proposto da:

B.N. C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PICHLER RUDOLF;

– ricorrente –

contro

B.K.H. C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avvocato PACIFICI PAOLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CESTARI PAUL;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 174/2004 della SEZ. DIST. CORTE D’APPELLO di BOLZANO, depositata il 01/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2009 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;

udito l’Avvocato CARLO ALBINI con delega dell’avvocato LUIGI MANZI difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato PAOLO PACIFICI difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 17.2.01 N.B., deducendo di avere coltivato e posseduto da più di venti anni la P.f. ***** P. Tavolare *****, intestata quale proprietario a B. K.I., conveniva in giudizio costui, davanti al Tribunale di Bolzano, sez. distaccata di Bressanone, per l’accertamento dell’acquisito diritto di proprietà per usucapione.

Il convenuto, costituitosi, contestava l’avverso dedotto, controdeducendo di avere acquistato l’immobile con contratto di compravendita del ***** nel corso di acquisizione del maso chiuso “Alte Post” in P.T. *****, a cui apparteneva anche la p.f.

*****, da sempre usata come prato, anche dopo esserne divenuto proprietario, provvedendo alla aratura personalmente o per mezzo di P.S.; inoltre, che sulla medesima particella tale G.T. vi aveva depositato per circa dieci anni materiale di riempimento, corrispondendogli il canone di affitto. L’adito Tribunale, assunti i testi e interrogate le parti, con sentenza n. 71/03 rigettava la domanda attrice, considerando che al convenuto nella qualità di terzo acquirente in buona fede nelle trascrizioni del libro fondiario non era opponibile il possesso derivato da usucapione maturato fino al 1990, tanto più che l’attore non aveva provato l’usucapione ultreventennale del bene in oggetto.

La Corte di Appello di Trento,Sezione Distaccata di Bolzano, con sentenza n. 174/04 rigettava l’appello proposto da B. N., che condannava alle ulteriori spese del grado.

Per la cassazione della decisione ricorre la parte soccombente esponendo quattro motivi,cui resiste con controricorso l’intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1140 e 1142 c.c.. e insufficiente motivazione nel punto in cui ha ritenuto che non è desumibile la sequela temporale dell’esercizio del possesso mediante i vari coltivatori e che la medesima non è neanche superabile mediante la presunzione del possesso intermedio.

Si sostiene che la ricostruzione temporale sarebbe desumibile dalla stesso testo della sentenza impugnata, tenendo conto che il possesso più vecchio risale agli anni 1977-1979, quando il terreno era stato coltivato, su suo incarico, dal teste G., a cui era subentrato il teste U. per un periodo di circa 7-8 anni, cui aveva fatto seguito un periodo di circa 15-20 anni in cui tale terreno era rimasto incolto, per essere ripreso negli anni 1996-1998 dal teste P.S. su suo incarico e continuato sino al 2002 dal teste F.A.A.. Concludeva, quindi, che avendo fornito la prova del possesso attuale con gli ultimi due testi e di quello più remoto con i testi G. e U., trovava applicazione il principio della presunzione del possesso intermedio in assenza della prova contraria da parte del resistente di averne interrotto la sequela esercitando il possesso in tale periodo. Il motivo è infondato, avendo la controparte fornito la prova di avere ripreso il possesso dell’appezzamento di terreno in questione a seguito dell’acquisto del maso chiuso “Alte Post” in P.T. ***** in cui rientrava anche la P.f. *****, facendolo arare da P. S. e dandolo in affitto a G.R..

Ben vero,indipendentemente dalle perplessità ravvisate dalla Corte di merito circa l’individuazione e l’esatta estensione del terreno in questione, seppure si voglia ritenere provato, come sostenuto dal ricorrente, il primo periodo di possesso di circa tre anni, andato dal 1977 al 1978 inclusi (deposizione teste G.F.) e quello successivo di circa a 7 o 8 anni (teste U.N.), si ha un periodo complessivo di circa 11 o 12 anni, andato sino al 1985- 1986 inclusi, a cui fa seguito un periodo di inutilizzazione del terreno sino alla data di acquisto del maso chiuso “Alte Post” in P.T. *****, cui apparteneva la particella fondiaria in questione (la n. *****), da parte del resistente con l’atto di acquisto del ***** dal proprio genitore; le successive dichiarazioni dei testi P.S., detto U., e di G.R., ci dicono che, dopo l’acquisto del maso chiusoci nuovo acquirete fece arare la particella in questione dal primo teste e, quindi,la diede in affitto al secondo teste che la usò come deposito di materiale di risulta.

Restano, pertanto, superati gli ulteriori due motivi di ricorso, attinenti, per giunta, a motivazione aggiuntiva a sostegno della decisione adottatala non essenziali ai fini della decisione, quali la riconducibilità dei lavori svolti dal ricorrente ad atti di tolleranza dell’avente diritto e l’indeterminatezza dell’area che sarebbe stata oggetto di aratura da parte dei testi introdotti dallo stesso ricorrente. Il ricorso va, quindi, rigettato perchè è infondato e il ricorrente sopporta le spese del presente giudizio in forza del principio della soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed oneri accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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