Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.1216 del 22/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26107/2004 proposto da:

F.C. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LUIGI ANTONELLI 4, presso lo studio dell’avvocato COSTANZO ANDREA, rappresentato e difeso dall’avvocato PERRICONE Luca;

– ricorrente –

contro

F.S. *****, F.M.

*****;

– intimati –

avverso la sentenza n. 271/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 17/03/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18/12/2009 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.S. e F.M. convenivano in giudizio F.C. per ottenere – previa apertura della successione ereditaria del loro padre F.G. – la divisione giudiziale dei beni relitti dal de cuius, nonchè la condanna del convenuto a corrispondere i frutti relativi al compendio immobiliare.

F.C., costituitosi, non si opponeva alla scioglimento giudiziale e chiedeva l’assegnazione degli immobili occupati e, in via riconvenzionale, il rimborso delle spese sostenute per la gestione della massa ereditaria.

Con sentenza 2390/2002 l’adito tribunale di Palermo: dichiarava aperta la successione legittima di F.G. a favore dei figli S., M. e C. per la quota di un terzo ciascuno; scioglieva la comunione ereditaria attribuendo a ciascun condividente determinati immobili nel dettaglio indicati; determinava il conguaglio dovuto agli attori e condannava il convenuto al pagamento a favore di ciascun fratello di L. 35.870.000 pari al valore della fruttificazione degli immobili e di L. 4,774.400 a titolo di canone di locazione relativo ad alcuni immobili.

Avverso la detta sentenza F.C. proponeva appello al quale resistevano S. e F.M..

Con sentenza 17/3/2004 la corte di appello di Palermo dichiarava inammissibile l’appello osservando: che, come riconosciuto dall’appellante e come risultava dagli atti di causa, gli appellati avevano notificato la sentenza di primo grado a F.C. ed al suo difensore in data 20/9/2002; che la notifica dell’atto di appello era stata tentata in data 17/10/2002 ma non era andata a buon fine per il mancato reperimento del procuratore nel luogo indicato nell’elezione di domicilio compiuta in primo grado; che la notifica era stata perfezionata oltre la scadenza del termine breve, ossia il 24/10/2002 data nella quale l’atto era stato regolarmente consegnato a mani di un incaricato dello studio dell’avvocato Giuseppa Di Miceli; che la rinnovazione doveva essere compiuta entro la scadenza del termine perentorio fissato per l’impugnazione, restando a carico dell’istante il rischio di non poter rispettare tale termine; che irrilevante era la questione della conoscenza o conoscibilità del diverso recapito del procuratore e dell’omessa comunicazione del cambiamento di indirizzo; che, comunque, il procuratore aveva l’onere di provvedere alla comunicazione del trasferimento solo nel caso di domicilio eletto autonomamente, mentre l’elezione operata dalla parte presso lo studio del procuratore – come quella compiuta da F. S. e M. – aveva solo la funzione di indicare la sede dello studio del procuratore; che quindi era onere del notificante effettuare apposite ricerche atte ad individuare il luogo di notificazione; che la costituzione di Fr.Sa. e M. non aveva sanato il vizio derivante dalla tardività dell’impugnazione in quanto il mancato rispetto del termine perentorio previsto dagli artt. 325 e 326 c.p.c., per proporre appello aveva comportato il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Palermo è stata chiesta da F.C. con ricorso affidato a due motivi. Gli intimati S. e F.M. non hanno svolto attività difensiva in sede di legittimità.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso F.C. denuncia violazione dell’art. 330 c.p.c., deducendo che secondo quanto disposto da tale articolo, ove nell’atto di notificazione della sentenza non venga indicata una nuova elezione di domicilio, la notifica dell’impugnazione deve essere effettuata presso il procuratore costituito nel domicilio eletto in giudizio. Nella specie controparte non ha eletto in sentenza nuovo domicilio per cui l’appello poteva validamente essere notificato al domicilio eletto in primo grado in Palermo alla via Nicolo Turrisi 59). La notifica dell’appello alla quale fanno riferimento gli appellati, effettuata al nuovo studio dell’avvocato Di Miceli, ha avuto l’unico scopo di portare a conoscenza di controparte l’esistenza del giudizio di impugnazione.

Con il secondo motivo l’appellante denuncia violazione degli artt. 162 e 164 c.p.c., sostenendo che con la costituzione in giudizio S. e F.M. hanno sanato l’ipotetico vizio della notifica dell’impugnazione.

La Corte rileva l’infondatezza delle dette censure che possono essere esaminate congiuntamente per indubbie ragioni di connessione logico- giuridica.

Va al riguardo osservato che le problematiche che la fattispecie in esame pone sono state affrontate e decise recentemente dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 19/2/2009 n. 3960 con la quale è stato composto il contrasto tra le sezioni semplici sulla seguente questione:

“se, in difetto di idonea ed inequivoca comunicazione del trasferimento del procuratore costituito, e/o domiciliatario della parte, dallo studio da lui dichiarato nel giudizio, la notificazione con esito negativo dell’atto di impugnazione di una sentenza presso detto studio soddisfi (o non) gli oneri imposti al notificante dall’art. 330 c.p.c., e, in caso affermativo, consenta, e con quali modalità, alla parte cui detto esito non è imputabile il perfezionamento della notifica dopo la scadenza dei termini stabiliti per l’impugnazione”.

Il detto contrasto è stato composto con l’affermazione del principio secondo cui l’impugnazione presso il procuratore costituito, e/o domiciliatario della parte, per soddisfare gli oneri imposti dall’art. 330 c.p.c., va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro dell’albo professionale, e, nel caso di esito negativo della notifica richiesta in detti luoghi non imputabile al notificante, il procedimento notificatorio può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice “ad quem” di fissazione di un termine perentorio per completare la notifica, depositata contestualmente all’attestazione dell’omessa notifica, nel termine previsto per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio; ove, poi, la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportarne la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, l’istanza deve contenere la richiesta al giudice di fissare, a norma dell’art. 164, c.p.c., un termine perentorio per la rinnovazione dell’impugnazione.

Dall’applicazione di detto principio discende l’infondatezza dei due motivi del ricorso proposto da F.C. atteso che secondo quanto riportato nella sentenza impugnata e non contestato:

a) F.C. ha ricevuto la notifica della sentenza di primo grado in data 20/9/2002;

b) il ricorrente ha notificato alle controparti l’atto di appello in data 17/10/2002 presso il procuratore costituito (avv. Giuseppa Di Miceli) nel luogo indicato nell’elezione di domicilio effettuata in primo grado, ossia presso lo studio del difensore in Palermo alla via Nicolo Turrisi n. 59;

c) la detta notifica non è andata a buon fine per il mancato reperimento dell’avv. Di Miceli nel luogo indicato nell’elezione di domicilio avendo trasferito altrove il proprio studio;

d) la notifica dell’atto di appello è stata poi ripetuta al nuovo indirizzo dell’avv. Di Miceli con consegna dell’atto al destinatario in data 24/10/2002, ossia oltre il termine breve decorrente dalla notifica della sentenza impugnata;

f) il procedimento notificatorio è stato riattivato e concluso, dopo il decorso del detto termine, senza la presentazione di istanza al giudice “ad quem” di fissazione di un termine perentorio per completare la notifica, depositata contestualmente all’attestazione dell’omessa notifica, nel termine previsto per la costituzione della parte, ovvero di fissazione, a norma dell’art. 164 c.p.c., di un termine perentorio per la rinnovazione dell’impugnazione;

g) l’appellante F.C. non ha documentato che l’esito negativo della notifica anteriormente richiesta per il mutamento del domicilio del procuratore degli appellati era ascrivibile alla non accertabilità del mutamento dalle annotazioni contenute nell’albo professionale;

i) gli appellati S. e F.M. si sono costituiti dopo la scadenza del termine per la notifica dell’atto di appello e, quindi, dopo il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Non va emessa pronuncia sulle spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva in sede di legittimità.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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