Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.128 del 08/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19211/2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AMERIGO CAPPONI 9, presso lo studio dell’avvocato ANGELILLO ALBINO, rappresentato e difeso dall’avvocato LOCATELLO LUIGI, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4/2008 della Commissione Tributaria Regionale di TRIESTE del 24.1.08, depositata il 27/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’1/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. DI IASI Camilla;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. VELARDI Maurizio.

IN FATTO E IN DIRITTO 1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di A.G. (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza n. 4/101/06, depositata il 27-03-08, con la quale, in controversia concernente impugnazione del silenzio rifiuto su istanza di rimborso Irpef per l’anno 1991, la C.T.R. Friuli, pronunciando in sede di rinvio, aveva accolto il ricorso introduttivo del contribuente.

2. L’unico motivo di ricorso, col quale sì deduce vizio di motivazione, presenta diversi profili di inammissibilità. Premesso infatti che nella specie, pur denunciandosi impropriamente vizio di motivazione, in realtà la sentenza impugnata viene censurata per un errore di diritto, consistente nel non essersi i giudici del rinvio uniformati al “principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte” (art. 384 c.p.c., comma 2) e che conseguentemente, per un verso, manca il quesito prescritto per la censura effettivamente proposta, e, per altro verso, la censura per vizio di motivazione risulta generica e non autosufficiente in quanto non indica fatti decisivi e controversi in ipotesi trascurati o mal valutati dai giudici d’appello nè tantomeno riporta in ricorso e produce i documenti o gli atti dai quali tali fatti risulterebbero, ciò in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, oltre che dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2, a norma del quale è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. cass. n. 8897 del 2008).

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.400,00 di cui Euro 1.200,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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