LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
REPUBBLICA DELL’IRAQ, anche per conto del proprio MINISTERO IRACHENO DELLA PIANIFICAZIONE (Ministry of Planning of Iraq) (in quanto organo dell’Amministrazione Centrale Irachena), in persona del Direttore Generale del Dipartimento Legale del Ministero della Giustizia, ed inoltre AMBASCIATA DELL’IRAQ PRESSO LA REPUBBLICA ITALIANA, che agisce a nome della Repubblica dell’Iraq e in proprio, in persona del Capo Missione ad interni, STATE ORGANISATION FOR MARKETING OF OIL (SOMO) , IRAQ RE-INSURANCE COMPANY, IRAQ AIRwAYS COMPANY, CENTRAL BANK OF IRAQ, RAFIDAIN BANK RASHEED BANK (di seguito tutte collettivamente indicate come “parti irachene”, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato GUERRA PIETRO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato RUBINO SAMMARTANO MAURO, giusta procura speciale alle liti in data 5.1.2009, per atto notaio Huda Salah Hannon, legalizzata in data 8.1.2009 e di procura speciale alle liti in data 7.10.2008, per atto notaio Giuseppe Ramondelli di Roma, rep. 69049, che vengono allegate in atti;
– ricorrenti –
SERVER PLUS LIMITED, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato BRIGUGLIO ANTONIO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale alle liti per atto notarile del 23.1.2009 e munita di postilla in data 3.2.2 009, che viene allegata in atti;
– controricorrente –
REPUBBLICA DELL’IRAQ;
– ricorrente incidentale –
e contro
SERVER PLUS LIMITED, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato BRIGUGLIO ANTONIO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale alle liti per atto notarile del 23.1.2009 e munita di postilla in data 3.2.2009, che viene allegata in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 1058/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del 19.10.08, depositata il 17/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;
udito per i ricorrenti gli Avvocati Pietro Guerra e Mauro Rubino –
Sammartano che si riportano agli scritti, insistendo per l’accoglimento del ricorso e chiedendo la trattazione dello stesso in pubblica udienza;
E’ presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
La Corte, letti gli atti depositati:
OSSERVA E’ stata depositata la seguente relazione:
1 – Con ricorso notificato il 12 gennaio 2009 la Repubblica dell’Iraq, anche per conto del Ministero Iracheno della Pianificazione, e l’Ambasciata dell’Iraq presso la Repubblica Italiana, anche per State Organisation for Marketing of Oil (SOMO), Iraq Re-Insurance Company, Iraq Airways Company, Central Bank of Iraq, Rafidain Bank, Rasheed Bank hanno chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 13 novembre 2008, depositata in data 17 settembre 2008 dalla Corte d’Appello di Genova, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Massa che, dichiarato l’inadempimento del Ministero Iracheno della Pianificazione all’obbligazione a suo tempo assunta nei confronti della ditta D.P. fu E., l’aveva condannato (unitamente agli altri ricorrenti) al pagamento in favore della Server Plus Limited (cessionaria del credito della ditta Dazzi) di 10.000.000 di dollari U.S.A. La Silver Plus ha resistito con controricorso. Ministero Iracheno della Pianificazione, State Organisation for Marketing of Oil (SOMO) , Iraq Re-Insurance Company, Iraq Airways Company, Central Bank of Iraq, Rafidain Bank, Rasheed Bank hanno proposto controricorso incidentale tardivo, cui la Server Plus ha resistito con controricorso.
Preliminarmente i due ricorsi vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
2 – I cinque motivi del ricorso principale risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..
Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c, introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quelle esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e virtuoso nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in Cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.
In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.
Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).
3. – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 da parte del capo della pronuncia della decisione impugnata che afferma che l’autentica di una firma da parte del Console Italiano all’estero non rende processualmente legittimo l’atto sottoscritto dinanzi ad esso (nella specie, le varie procure ad litem). Al termine dell’esposizione formulano il seguente quesito:
se l’autentica da parte del Console Italiano all’estero della firma, ad opera di una parte, della procura alle liti rende processualmente legittimo l’atto così autenticato.
Siffatto quesito pecca di astrattezza assoluta poichè non postula l’enunciazione di un principio di diritto che, oltre ad essere decisivo della fattispecie, risulti di applicazione generalizzata e non indica la regola juris che la Corte avrebbe dovuto enunciare in difformità da quella propugnata dalla sentenza impugnata.
Con il secondo motivo i ricorrenti ipotizzano violazione/falsa applicazione dell’art. 10 Cost., dell’art. 27 preleggi, dell’art. 75 c.p.c., comma 3, della L. 9 agosto 1967, n. 840, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 da parte della pronuncia della decisione impugnata che ha affermato che la procura rilasciata dal Capo della Missione Diplomatica di uno Stato estero non attribuisce ad esso la capacità di stare in giudizio a nome di tale Stato, ove tale volontà non sia stata espressamente indicata in tale procura.
All’esito formulano il seguente quesito: Se la procura ad litem rilasciata dall’Ambasciata di uno Stato estero in Italia le consente di stare in giudizio a nome del proprio Stato, a meno che essa lo abbia espressamente indicato della procura alle liti.
Anche questo quesito si rivela astratto e del tutto inidoneo a dare ragione delle numerose violazioni e/o false applicazioni di norme di diritto denunciate e per contrastare la motivazione addotta dalla Corte genovese.
Con riferimento ai due primi motivi occorre rilevare che il punto cruciale della questione è che per agire avanti al giudice italiano occorre rispettare i principi sulla rappresentanza sostanziale e processuale che vigono nel nostro ordinamento.
Con il terzo motivo i ricorrenti prefigurano violazione/falsa applicazione dell’art. 75 c.p.c., comma 4 e dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, laddove la decisione impugnata ha affermato che l’Ambasciata di uno Stato estero non potrebbe stare in giudizio in proprio, non essendo un soggetto giuridico, e non potrebbe quindi validamente conferire procura a rappresentarla. Il quesito è: se l’Ambasciata di uno Stato estero presso la Repubblica Italiana può stare in giudizio in proprio anche se sprovvista di personalità giuridica.
Anche a questa censura occorre estendere il rilievo di astrattezza già formulato per le due precedenti.
D’altra parte essa non è idonea a contrastare la sentenza impugnata poichè essa non ha negato il potere di carattere generale di un’ambasciata di stare in giudizio, ma ha fatto specifico riferimento al caso concreto, evidenziando che il primo giudice aveva acceduto all’inserzione dell’Ambasciata tra le parti destinatarie della sentenza, dichiaratamente “sulla base del principio della immedesimazione organica” e “in quanto organo rappresentativo dello Stato”.
Con il quarto motivo viene lamentato vizio di motivazione del capo della pronuncia che afferma che l’Ambasciata di uno stato estero, anche se condannata quale organo rappresentativo dello Stato, non può proporre appello contro la decisione di merito nè a nome del proprio Stato, nè in nome proprio.
A prescindere da quanto in precedenza argomentato, va rilevata l’inammissibilità della censura per mancanza del momento di sintesi, formulato secondo i criteri sopra indicati, necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza si riveli rispettivamente insufficiente e contraddittoria.
Con il quinto motivo viene denunciata violazione /falsa applicazione dell’art. 331 c.p.c. in relazione al successivo art. 360 c.p.c., n. 3, laddove la decisione impugnata non ha ordinato l’integrazione del contraddittorio instaurato dall’Ambasciata dell’Iraq nei confronti della Server Plus Ltd alle altre parti soccombenti nel giudizio di primo grado. Il quesito recita: se nel procedimento d’appello proposto, in causa inscindibile, da uno dei soccombenti contro una decisione di primo grado, il giudice d’appello non deve ordinare all’appellante l’integrazione del contraddittorio agli altri soccombenti (che non si siano costituiti o la cui costituzione non abbia avuto luogo per inesistenza/nullità della procura alle liti).
Anche questo quesito prescinde totalmente dai necessari riferimenti al caso concreto e, quindi, si rivela assolutamente generico e astratto. In particolare non considera che tutte le parti soccombenti avevano proposto appello e che la valutazione finale della validità della loro rappresentanza non rende necessaria l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti. Inoltre da per scontato che si verta in tema di causa inscindibile.
4. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
I ricorrenti principali hanno presentato memorie, depositato documenti; e chiesto d’essere ascoltati in Camera di consiglio;
Le argomentazioni addotte non superano i rilievi contenuti nella relazione circa la non conformità della formulazione dei quesiti al modello delineato dall’elaborazione giurisprudenziale;
5.- Ritenuto:
che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che pertanto, riuniti i ricorsi, vanno dichiarati inammissibili sia quello principale, sia quello incidentale adesivo; le spese seguono la soccombenza;
visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Condanna ricorrenti principali e incidentali al pagamento in solido in favore della Server Plus delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010