LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
B.F., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Marra Alfonso Luigi giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli cron. 2247/07 del 6 aprile 2007, nel procedimento iscritto al n. 2811/2006 V.G.;
alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale, dott. PATRONE Ignazio;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 ottobre 2009 dal relatore, Cons. Dr. Stefano Schirò.
La Corte:
FATTO E DIRITTO
A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti:
“Il Consigliere Relatore, letti gli atti depositati;
Ritenuto che:
1. B.F. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto in data 6 aprile 2007, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in suo favore della somma di Euro 3.000,00, a titolo di indennizzo per il superamento in primo grado del termine di ragionevole durata di un processo, instaurato davanti al Tar Campania per il pagamento del contributo per invalidità con ricorso del 29 luglio 1999, definito con sentenza del 17 giugno 2005; e non ancora definito;
1.1. la Presidenza intimata ha resistito con controricorso;
Osserva:
2. la Corte di appello di Napoli ha accolto la domanda nella misura di Euro 3.000,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo determinato in tre anni la durata ragionevole del processo ed accertato invece una durata non ragionevole di circa tre anni, liquidando l’indennizzo nella misura di Euro 1.000,00 ad anno;
3. parte ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo quattordici motivi di ricorso, con i quali lamenta:
3.1. la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, con la formulazione del seguente quesito di diritto: la L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 65, par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la Legge Pinto e la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo ovvero di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale ed applicare la CEDU? (primo motivo);
3.2. il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata della causa, e non all’intera durata del giudizio (secondo motivo), e l’inosservanza, con vizio di motivazione, dei parametri Europei ai fini della quantificazione del danno non patrimoniale (terzo motivo);
3.3. il mancato riconoscimento, in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e senza motivazione, del bonus di Euro 2.000,00 in ragione della natura della controversia attinente a questione inerente a rapporto lavoro (quarto, quinto e sesto motivo);
3.4. l’insufficiente liquidazione delle spese processuali, senza specifica motivazione, con erronea applicazione delle tariffe professionali vigenti riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione, anzichè i giudizi ordinati dinanzi alla Corte d’appello, senza tener conto dei parametri CEDU e dei criteri seguiti dalla Corte di cassazione e disattendendo i minimi tariffari e la nota spese depositata (motivi da sette a quattordici);
4. il primo motivo appare inammissibile, in quanto il quesito formulato è del tutto generico e senza nessuna attinenza al decisum del decreto impugnato;
4.1. il secondo e il terzo motivo appaiono manifestamente infondati, in quanto, da un lato, è vincolante per il giudice nazionale, il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a) ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597;
2008/14), e, sotto altro profilo, in quanto, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2 nella liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice nazionale, pur non potendo ignorare i criteri applicati in casi simili dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, ha comunque facoltà di apportare, motivatamente e non irragionevolmente, le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, le quali, peraltro, non possono fondare la decisione di liquidare somme che non siano in relazione ragionevole con quella – tra i 1000 e i 1500 Euro – accordata dalla predetta Corte negli affari consimili (Cass. 2006/24356; 2007/2254); nella specie, la Corte di appello si è attenuta a tali principi, facendo riferimento ai parametri CEDU sia pure nell’ammontare minimo;
4.2. il quarto, quinto e sesto motivo appaiono manifestamente infondati, in quanto non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia previdenziale; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898);
4.3. appare invece manifestamente fondata la censura di cui al punto 3.4., in ordine all’erronea applicazione della tariffa relativa alla volontaria giurisdizione, anzichè di quella attinente al contenzioso (Cass. 2008/25352), mentre possono ritenersi manifestamente infondate le ulteriori censure in quanto parte ricorrente non ha specificamente e analiticamente indicato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, le voci e gli importi richiesti e a lei spettanti (Cass. 2005/21325; 2006/9082), nè ha dimostrato specificamente l’attribuzione di importi inferiori ai minimi inderogabili (Cass. 2007/5318), ma si è limitata alla generica denuncia dell’inosservanza delle tariffe professionali vigenti, nonchè delle voci e degli importi indicati nella nota spese, fermo restando che in tema di spese processuali possono essere denunciate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali (Cass. 1999/4347; 2000/4818; 2001/1485) e che nei giudizi di equa riparazione la liquidazione delle spese processuali della fase davanti alla Corte di appello deve essere effettuata in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano, senza tener conto degli onorari liquidati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Cass. 2008/23397);
5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati ai punti 4., 4.1., 4.2. e 4.3.
si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;
B) osservato che le parti non hanno depositato memoria e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;
ritenuto che, alla stregua delle argomentazioni svolte in detta relazione, vanno accolti per manifesta fondatezza, nei termini precisati nella relazione stessa, i motivi da sette a quattordici, respinte le altre doglianze formulate in detti motivi, mentre devono essere rigettate le censure di cui ai restanti motivi, e che il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;
ritenuto che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1 con condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del B. delle spese del giudizio di merito, liquidate come in dispositivo in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;
2008/25352), con distrazione in favore del procuratore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario;
ritenuto altresì che le spese del giudizio di cassazione – da liquidarsi come in dispositivo con compensazione nella misura di due terzi, atteso l’accoglimento parziale del ricorso solo per quanto riguarda le spese del giudizio di merito e unicamente sotto il profilo dell’erronea applicazione della tariffa relativa alla volontaria giurisdizione, anzichè di quella attinente al contenzioso – vanno poste a carico della Presidenza soccombente, con distrazione delle stesse in favore del difensore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi da sette a quattordici nei termini di cui in motivazione, respinte le altre doglianze formulate in detti motivi, e rigetta le censure di cui ai restanti motivi. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di B.F. delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.078,00 di cui Euro 378,00 per diritti ed Euro 100,00 per spese, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.
Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di B.F. delle spese del giudizio di cassazione, compensate per due terzi, che si liquidano per l’intero in Euro 900,00, di cui Euro 800,00 per onorari, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010