Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.1307 del 25/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEI QUATTRO VENTI 80, presso lo studio dell’avvocato CARACCIOLO ANTONIO GIOVANNI, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.M.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 270/2005 del GIUDICE DI PACE di LAURO dell’11/11/05, depositata il 14/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 03/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. B.G. ha proposto ricorso per Cassazione contro T.M.F. avverso la sentenza del 14 novembre 2005, con la quale il Giudice di Pace di Lauro (AV) ha accolto l’opposizione proposta dalla T. avverso l’esecuzione forzata minacciata da esso ricorrente per l’importo di Euro 1.207,87 con un precetto notificatole il 28 dicembre 2004 sulla base di un titolo esecutivo costituito da un decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace di Salerno.

2. L’intimata non ha resistito al ricorso, che si fonda su un unico complesso motivo ed e’ stato notificato, dal punto di vista del ricorrente notificante, con consegna dell’atto il 24 marzo 2009.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte osserva che e’ superfluo dar conto del motivo su cui si fonda il ricorso perche’ sussiste una duplice causa di inammissibilita’ che dev’essere rilevata d’ufficio.

La prima causa di inammissibilita’ emerge per il fatto che la sentenza avrebbe dovuto essere sottoposta ad appello.

La seconda risiede nella circostanza che l’esercizio dell’impugnazione e’ avvenuto palesemente quando era ampiamente decorso il termine c.d. lungo per la proposizione del ricorso per Cassazione, senza che si sia allegata e dimostrata l’esistenza di una situazione legittimante detto esercizio ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alle modifiche di cui alla L. n. 69 del 2009.

2. Va premesso che il ricorso e’ soggetto alla disciplina del processo di cassazione anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, perche’ e’ stato introdotto avverso un provvedimento pubblicato anteriormente alla data di entrata in vigore del detto D.Lgs., cioe’ il 2 marzo 2006.

Inoltre, la sentenza impugnata, in quanto pronunciata prima del 1 marzo del 2006 non e’ soggetta alla norma dell’art. 616 c.p.c., nel testo introdotto dalla L. n. 52 del 2006, art. 14 che dice inimpugnabili le sentenze sulle opposizioni all’esecuzione (in tema si veda Cass. (ord.) n. 14179 del 2008). Tale testo e’ applicabile soltanto alle sentenze rese su dette opposizione dal 1 marzo 2006, data di entrata in vigore della sostituzione normativa.

Il regime di impugnazione della sentenza contro cui e’ stato proposto il ricorso e’, dunque, quello anteriore, nel quale le sentenze rese dal giudice di pace su opposizioni a precetto il cui valore eccedeva – come nella specie – la giurisdizione equitativa erano soggette all’appello e non al ricorso per cassazione, mentre a quest’ultimo rimedio erano soggette soltanto le sentenze rese su opposizioni non eccedenti il valore rientrante in essa.

Ora, il valore (determinato ai sensi dell’art. 17 c.p.c.) del giudizio di opposizione nel quale e’ stata emessa la sentenza impugnata, come e’ dedotto nello stesso ricorso, eccedeva il limite della giurisdizione equitativa del giudice di pace, cioe’ Euro millecento/00 (art. 113 c.p.c., comma 2, nel testo sostituito dal D.L. n. 18 del 2003, convertito con modificazioni nella L. n. 63 del 2003.

Ne consegue che il ricorso per cassazione appare esperito erroneamente. La sentenza avrebbe potuto impugnarsi soltanto con l’appello, atteso che concerneva controversia di valore eccedente quello della giurisdizione equitativa.

3. In ordine alla seconda causa di inammissibilita’, si rileva che nel ricorso non v’e’ stata alcuna deduzione dell’esercizio del diritto di impugnazione ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, la’ dove la previsione di questa norma, con l’uso del verbo “dimostra”, palesa che e’ chi esercita il diritto di impugnazione a dover allegare nell’atto di impugnazione che ricorre la situazione legittimante al tardivo esercizio di quel diritto, supposta dalla norma e, naturalmente a darne dimostrazione.

La mancanza di qualsiasi allegazione di esercizio del diritto di impugnazione alla stregua di detta norma, determina che il ricorso non puo’ essere ritenuto proposto ai sensi di essa. E l’allegazione e dimostrazione dell’eventuale esistenza dei presupposti previsti da detta norma, com’e’ stato recentemente precisato da questa Corte, non puo’ avvenire successivamente (come ad esempio, nella memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.: in termini Cass. (ord.) n. 15635 del 2009).

Il ricorso, non potendosi considerare proposto ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, ove non fosse sussistita la causa di inammissibilita’ derivante dall’appellabilita’ e non ricorribilita’ della sentenza, avrebbe dovuto essere conseguentemente ritenuto senz’altro tardivo e, quindi inammissibile.

E’ appena il caso di precisare che, ove poi fosse stata allegata la proposizione del ricorso ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2 sarebbe stato onere del ricorrente dimostrare quando ebbe conoscenza del processo dopo il decorso del termine ed. lungo (in termini, per ragguagli, si veda sempre la citata ordinanza).

4. La rilevata duplice gradata inammissibilita’ esime dal rilevare la nullita’ afferente alla notificazione del ricorso, che non avrebbe potuto notificarsi presso il legale dell’intimata (art. 330 c.p.c., u.c.): l’esistenza della causa di inammissibilita’ rende inutile ordinare il rinnovo della notificazione, che sarebbe contrario al principio della ragionevole durata del processo e contrario all’interesse della parte intimata.

6. Il ricorso e’, dunque, dichiarato inammissibile. Non e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010

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