LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
L.A., G.A., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA VILLA FIORELLI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREOZZI ALESSANDRO, rappresentati e difesi dall’avvocato PICA MARIO, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
MPS GESTIONE CREDITI BANCA SPA, facente parte del Gruppo Bancario Monte dei Paschi di Siena, non in proprio, ma esclusivamente in nome e per conto della MPS CAPITAL SERVICES S.P.A., gia’ MPS Banca per l’Impresa s.p.a., cosi’ denominata in forza di atto di fusione per incorporazione di MPS Banca Verde s.p.a. nella MPS Merchant – Banca per le piccole e Medie Imprese S.p.A. -, (gia’ Mediocredito Toscano S.p.A., ente a sua volta incorporante, mediante fusione, l’Istituto Nazionale di Credito per il Lavoro Italiano all’Estero – I.C.L.E.
S.P.A.- e derivante per trasformazione dal Mediocredito Toscano Ente di Diritto Pubblico e Mediocredito Regionale della Toscana Ente di Diritto Pubblico), Banca soggetta all’attivita’ di direzione e coordinamento da parte della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL CARAVITA 5, presso lo studio dell’avvocato SARDO GAETANO MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLINI RENZO, giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1503/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, del 25/1/2007, depositata il 29/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/12/2 009 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni.
RITENUTO IN FATTO
quanto segue:
1. L.A. e G.A. hanno proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza del 29 marzo 2007, con la quale la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello da essi proposto avverso la sentenza del Tribunale di Roma, che aveva rigettato la loro opposizione avverso un decreto ingiuntivo ottenuto dal Mediocredito Toscano s.p.a. (poi divenuto Mps Merchant s.p.a.) per un credito vantato nei confronti della Gizzi Antonio & C. s.n.c., della quale essi ricorrenti erano soci e nei cui confronti era rimasta infruttuosa l’esecuzione di un decreto ingiuntivo in precedenza ottenuto.
Al ricorso ha resistito con controricorso la Mps Gestione Crediti Banca s.p.a., in nome e per conto della Mps Capital Services s.p.a., gia’ Mps Banca per l’Impresa s.p.a., quale ente risultante per fusione per incorporazione della Mps Banca verde s.p.a. nella Mps Merchant-Banca per le Piccole e Medie Imprese s.p.a..
2. Il ricorso e’ soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioe’ dalla data di entrata in vigore del d.lgs. (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2).
Essendosi verificate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., e’ stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che e’ stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
quanto segue:
1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si sono svolte le considerazioni che di seguito si riproducono:
“3. – Il ricorso appare inammissibile per inosservanza del requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c., ad esso applicabile.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2949, 2291 e 1310 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed in relazione ad esso si formula il seguente quesito; se in ipotesi di liquidazione di societa’ di persone, l’assenza di notificazione di atti interrottivi ai soci comporti o meno l’applicazione della prescrizione di cui all’art. 2949 c.c..
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed in riferimento ad esso si formula il seguente quesito: se in ipotesi di cancellazione di soc.ta’ i creditori sociali possono rivalersi nei confronti dei singoli soci nei limiti della quota da questi ultimi percepita in sede di bilancio finale o se i soci rispondano delle obbligazioni sociali con l’intero loro patrimonio.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1267 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed in relazione ad esso si formula il seguente quesito: «se in ipotesi di cessione pro solvendo il cessionario debba comunque attivarsi nei confronti del debitore ceduto, e non limitarsi ad una mera richiesta di pagamento senza promuovere le necessarie procedure esecutive.
Tutti e tre i quesiti sono prospettati con la formulazione di interrogativi completamente astratti e privi di riferimento pur riassuntivo alla concreta vicenda di cui e’ causa ed alla decisione impugnata. Per tale ragione difettano del requisito della conclusivita’ ed appaiono, pertanto, inidonei ad integrare il requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c..
L’art. 366 bis c.p.c., infatti, quando esige (o meglio esigeva, atteso che ora e’ stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, con effetto che, pero’, non si estende al ricorso in oggetto) che il quesito di diritto debba concludere il motivo impone che la sua formulazione non si presenti come la prospettazione di un interrogativo giuridico del tutto sganciato dalla vicenda oggetto del procedimento e dal modo in cui e’ stata decisa, bensi’ evidenzi la sua pertinenza all’uno ed all’altra. Invero, se il quesito deve concludere l’illustrazione del motivo ed il motivo si risolve in una critica alla decisione impugnata e, quindi, al modo in cui la vicenda dedotta in giudizio e’ stata decisa sul punto oggetto dell’impugnazione, appare evidente che il quesito, per concludere l’illustrazione del motivo, deve necessariamente contenere un riferimento riassuntivo ad esso e, quindi, al suo oggetto, cioe’ al punto della decisione impugnata da cui il motivo dissente. Un quesito che non presenti questa contenuto e’ un non – quesito e non vale ad integrare il requisito di ammissibilita’ previsto dalla norma in discorso (si veda, in termini, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008; da ultimo, Cass. n. 4044 e 8463 del 2009, fra le tante).
Il ricorso, in ogni caso, presenta anche la causa di inammissibilita’ di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che si fonda su un documento del quale non indica la sede di produzione nel giudizio di merito e se sia stato prodotto e dove in questa sede, nonche’ su altri atti, dei quali nemmeno specifica la natura (cioe’ se si tratti di documenti o di atti di altra natura). Viene, dunque, in rilievo il principio affermato da Cass. (ord.) n. 22303 del 2008 e, quindi, da Cass. sez. un. n. 28547 del 2008).
4. – Il ricorso, in conclusione, sembra doversi dichiarare inammissibile.”.
2. Il Collegio condivide le argomentazioni e conclusioni della relazione, alle quali, del resto, non sono stati mossi rilievi.
Il ricorso e’, dunque, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione possono compensarsi per giusti motivi, tenuto conto che la giurisprudenza di questa Corte richiamata nella relazione non si era ancora manifestata all’epoca di proposizione del ricorso.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Compensa per giusti motivi le spese del giudizio di cassazione.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 3 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010