Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1310 del 25/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

FONDAZIONE CENTRO S. RAFFAELE del MONTE TABOR in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 9, presso lo studio dell’avvocato VARONE PASQUALE, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per atto notaio Enrico Chiodi Daelli di Milano, in data 15.2.2008, n. rep. 168.821, che viene allegata in atti;

– ricorrente –

contro

ISMA – ISTITUTI DI S. MARIA IN AQUIRO IPAB in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato NAPOLI GABRIELLA, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

S.A., C.G., T.M., L.

M., L.P.V., M.L.;

– intimati –

e sul ricorso n. 9762/2008 proposto da:

S.A., C.G., T.M. (in seguito, per brevita’ denominati “Consiglieri”), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato LOFOCO FABRIZIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GERUNDO MARIO, giusta mandato speciale in calce al ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

FONDAZIONE CENTRO S. RAFFAELE del MONTE TABOR in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 9, presso lo studio dell’avvocato VARONE PASQUALE, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per atto notaio Enrico Chiodi Daelli di Milano in data 15.2.08, n. rep. 168.821, gia’ allegata in atti del ricorso principale;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

e contro

IPAB – Istituti Santa Maria in Aquiro (in sigla ISMA), L.

M., L.P., M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 695/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 10.1.06, depositata il 13/02/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;

udito per la ricorrente l’Avvocato Pasquale Varone che si riporta agli scritti, insistendo per l’accoglimento del ricorso;

udito per i controricorrenti e ricorrenti incidentali l’avv. Marco Mariani (per delega avv. Fabrizio Lofoco) che si riporta agli scritti;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. La Fondazione Centro S. Raffaele del Monte Tabor ha proposto ricorso per Cassazione in via principale avverso la sentenza del 13 febbraio 2007, con la quale la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato improcedibile l’appello da essa proposto avverso la sentenza resa dal Tribunale di Roma in primo grado nella controversia introdotta nei confronti della Isma – Istituti di Santa Maria in Aquiro (avente natura di Ipab) e di S.A., C.G., T.M., L.M., L.P.V. e M.L..

Al ricorso ha resistito con controricorso l’Isma. Hanno resistito con altro controricorso, nel quale hanno svolto anche un motivo di ricorso incidentale, il S., il C. ed il T.. A tale ricorso incidentale la ricorrente principale ha replicato con controricorso. Non hanno svolto attivita’ difensiva gli altri intimati.

2. Il ricorso e’ soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioe’ dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2).

Essendosi verificate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., e’ stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che e’ stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Il S., il C. ed il T. hanno depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si sono svolte le considerazioni che di seguito si riproducono:

“… 3. – Il ricorso principale appare manifestamente infondato, mentre quello incidentale appare inammissibile.

Con l’unico motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione delle norme di diritto con riferimento all’art. 165 c.p.c., commi 1 e 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la Corte d’Appello dichiarato improcedibile l’appello – notificato a piu’ persone – in quanto iscritto non gia’ nel termine di costituzione di cui all’art. 165 c.p.c. dalla prima notificazione agli appellanti, bensi’ oltre quel termine.

L’illustrazione del motivo e’ conclusa dalla formulazione di un primo quesito nei seguenti termini: Dica Codesta Corte di Cassazione se l’art. 165 c.p.c., commi 1 e 2, richiamato dall’art. 347 c.p.c. consenta di ritenere procedibile il giudizio di appello anche nella fattispecie di iscrizione della causa a ruolo effettuata, nel caso di notifiche a piu’ convenuti, nei dieci giorni dall’ultima notifica analogamente a quanto previsto per il rito societario dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 2, comma 2.

E’ formulato, quindi, un secondo quesito, per il caso che non si condivida il principio espresso dal primo e tale quesito e’ funzionale alla proposizione di una questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 165 c.p.c. per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost..

Entrambe le questioni poste dai quesiti sono state ampiamente esaminate da questa corte nella sentenza n. 17958 del 2007, che parte ricorrente mostra di conoscere, in quanto la cita, ma delle cui argomentazioni – relative anche alla questione di costituzionalita’ – non si fa specificamente carico. In detta sentenza si e’ affermato il seguente principio di diritto: In relazione al processo civile di cognizione anche dopo l’introduzione del modello processuale speciale del c.d. rito societario, nel caso di chiamata in giudizio di piu’ convenuti, il termine di dieci giorni per la costituzione dell’attore, di cui all’art. 165 c.p.c., comma 1 si consuma con il decorso di dieci giorni dal perfezionamento della prima notificazione verso uno dei convenuti dell’atto di citazione, conformemente alla lettera e alla ratio della norma del comma 2 dello stesso articolo, in base alla quale, entro dieci giorni dall’ultima notifica di esso, l’originale di tale atto va inserito nel fascicolo, il che presuppone l’avvenuta costituzione. La costituzione entro il termine di dieci giorni dalla prima notificazione – rispetto alla quale il deposito dell’originale entro i dieci giorni dall’ultima notificazione assume la funzione di adempimento necessario per escludere che i suoi effetti si risolvano – puo’ avere luogo con il deposito di una copia della citazione, estesa anche alla procura, se essa sia stata rilasciata a margine od in calce, ovvero con il deposito di tale copia unitamente alla procura (generale o speciale) rilasciata per atto pubblico o scrittura privata. Nel giudizio di appello, essendo la costituzione tempestiva dell’appellante prevista a pena di improcedibilita’, il mancato deposito della copia della citazione entro il suddetto termine decorrente dalla prima notificazione comporta l’improcedibilita’ dell’appello (successivamente, nello stesso senso si veda Cass. n. 21749 del 2008).

Tra l’altro va segnalato che il legislatore della recentissima L. n. 69 del 2009, non solo ha abrogato (art. 54, comma 5) – sia pure non con riferimento ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della legge stessa, fra i quali vi e’ quello di cui e’ processo (art. 45, comma 6) il D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 3, comma 2 ma ha anche omesso di intervenire in alcun modo sull’art. 165 c.p.c., di modo che:

a) per un verso risulta confermata anche in ragione dell’omissione di interventi sull’art. 347 c.p.c. – l’esegesi di esso in relazione all’appello sostenuta da questa Corte;

b) risultano ancora piu’ giustificate le ragioni – gia’ espresse da Cass. n. 17958 del 2007 – dell’insussistenza del requisito della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita’ del diverso regime del processo societario espresso, ormai ad tempus, dal citato art. 3, comma 2.

Il ricorso principale sembra, pertanto, doversi rigettare per manifesta infondatezza.

3.1. – Il ricorso incidentale appare inammissibile per inosservanza del requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c., in quanto l’unico motivo su cui si fonda non si conclude con la formulazione di un quesito di diritto.”.

2. Preliminarmente il ricorso incidentale va riunito a quello principale in seno al quale e’ stato proposto.

2.1. Il Collegio condivide le argomentazioni e conclusioni della relazione quanto al ricorso principale. Ad esse, d’altro canto, non sono stati mossi rilievi da parte della ricorrente.

Il ricorso principale e’, dunque, dichiarato inammissibile.

2.2. Il Collegio, viceversa, rileva che nella relazione si e’ sostenuto erroneamente che il ricorso incidentale era fondato su un unico motivo privo di quesito di diritto.

Il ricorso incidentale, viceversa, prospetta due motivi, entrambi corredati da quesiti di diritto.

Entrambi i motivi sono inammissibili per plurime gradate ragioni e l’esistenza di tali ragioni di inammissibilita’ comporta che debba decidersi sempre in Camera di consiglio, giusta l’art. 380 bis c.p.c., u.c., nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, ricorrendo pur sempre l’ipotesi di cui all’art. 375 c.p.c., cioe’ quella della inammissibilita’ del ricorso.

Il primo motivo denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alle ragioni poste a base della compensazione delle spese legali nella sentenza di primo grado. Omessa pronuncia sul punto nella sentenza di secondo grado. Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.”.

L’illustrazione del motivo e’ conclusa con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto: “1. Dica codesta Ecc.ma Corte di Cassazione se il Giudicante di merito abbia o meno la facolta’ di compensare le spese allorquando ritenga, su date domande, di dover dichiarare la cessata materia del contendere per rinuncia all’azione di parte attrice; o se piuttosto tale Giudice abbia l’obbligo, anche ai sensi dell’art. 306 c.p.c., comma 4 (od in via analogica rispetto a tale norma), di condannare la parte rinunciante alla refusione delle spese legali sostenute dalle sue controparti. 2. Dica codesta Ecc.ma Corte di Cassazione se il Giudicante di merito, allorquando ravvisi che le domande di rinuncia agli atti proposte da parte attrice ex art. 306 c.p.c. siano inefficaci o nulle, possa (discrezionalmente e senza che l’attrice lo chieda) “riconvertirle” in valide rinunce all’azione senza cadere nel vizio di “ultra petita”.

Entrambi questi quesiti sono del tutto inidonei ad integrare il requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c. per astrattezza e difetto di conclusivita’, giacche’ non contengono alcun riferimento alla decisione impugnata, esplicativo del come la questione astratta prospettata rileverebbe in relazione ad essa, specie tenuto conto della difficolta’ della loro intrinseca scarsa comprensibilita’, la’ dove evocano l’art. 306 c.p.c., comma 4.

Al riguardo, si rileva che l’art. 366 bis c.p.c., infatti, quando esige (o meglio esigeva, atteso che ora e’ stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, con effetto che, pero’, non si estende al ricorso in oggetto) che il quesito di diritto debba concludere il motivo impone che la sua formulazione non si presenti come la prospettazione di un interrogativo giuridico del tutto sganciato dalla vicenda oggetto del procedimento e dal modo in cui e’ stata decisa, bensi’ evidenzi la sua pertinenza all’uno ed all’altra. Invero, se il quesito deve concludere l’illustrazione del motivo ed il motivo si risolve in una critica alla decisione impugnata e, quindi, al modo in cui la vicenda dedotta in giudizio e’ stata decisa sul punto oggetto dell’impugnazione, appare evidente che il quesito, per concludere l’illustrazione del motivo, deve necessariamente contenere un riferimento riassuntivo ad esso e, quindi, al suo oggetto, cioe’ al punto della decisione impugnata da cui il motivo dissente. Un quesito che non presenti questa contenuto e’ un non-quesito e non vale ad integrare il requisito di ammissibilita’ previsto dalla norma in discorso (si veda, in termini, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008; da ultimo, Cass. n. 4044 e 8463 del 2009, fra le tante).

E’ da rilevare che la necessita’ dell’osservanza dell’art. 366 bis c.p.c. sussisteva in ogni caso in relazione al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4 in particolare anche quando esso denunciasse una violazione il cui sindacato avesse imposto l’esame del fatto processuale: si veda, all’uopo Cass. n. 4329 del 2009, secondo cui:

“Il motivo di ricorso per Cassazione con cui si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., da parte del giudice di merito, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), deve essere concluso in ogni caso con la formulazione di un quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., anche quando l’inosservanza del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato sia riferibile ad un’erronea sussunzione o ricostruzione di un fatto processuale implicanti la violazione di tale regola, essendo necessario prospettare, pure in tale ipotesi, le corrette premesse giuridiche in punto di qualificazione del fatto. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il cui generico quesito di diritto si chiedeva se il giudice di appello avesse violato l’art. 112 c.p.c. adottando la sua decisione senza procedere all’esame dei motivi su cui si fondava l’impugnazione, ed individuare, neppure sinteticamente, il motivo o i motivi di appello di cui si assumeva omesso l’esame).”.

In tale decisione, seguita da numerose conformi, si dissente motivatamente da Cass. n. 16941 del 2008, citata dai ricorrenti incidentali.

2.2. Il motivo in esame sarebbe, d’altro canto, inammissibile anche per difetto di autosufficienza (applicabile anche alla denuncia di vizio di norma sul procedimento, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte: ex multis, Cass. n. 6361 del 2007), atteso che non si individua la sede dell’atto di costituzione in appello, nella quale sarebbe stato svolto l’appello incidentale su cui si sarebbe omessa la pronuncia.

2.3. In riferimento al secondo motivo – che denuncia “illogicita’ ed erroneita’ della compensazione delle spese legali relative alla fase d’appello. Omessa pronuncia sulle motivazioni” – l’illustrazione si conclude con due quesiti di diritto.

Si tratta di motivo inammissibile perche’ non trova corrispondenza nella sentenza impugnata (in termini Cass. n. 359 del 2005 sulla necessaria correlazione del motivo di impugnazione per cassazione con la motivazione della decisione impugnata). La sentenza, infatti, sulle spese del grado reca solo una statuizione di “nulla per le spese” e non di compensazione. Si sarebbe dovuto criticare quella statuizione, che non e’ certo interpretabile come di compensazione.

E, se del caso, di fronte alla sua mancanza di presupposto, si sarebbe dovuto argomentare su di essa oppure censurare la mancanza di una qualsiasi motivazione.

2.4. Il terzo motivo deducente “mancata valutazione delle domande (autonomamente avanzate nel primo e nel secondo grado) tese ad ottenere il risarcimento danni per lite temeraria: omessa pronuncia delle sentenze di primo e secondo grado” e’ inammissibile, perche’ non si conclude, dopo la sua illustrazione, con la formulazione del relativo quesito di diritto. In ogni caso e’ anche mancante di autosufficienza, atteso che non si indica con quali espressioni era stato proposto l’appello avverso la sentenza di primo grado relativo al mancato riconoscimento della responsabilita’ aggravata e con quali espressioni la domanda ai sensi dell’art. 96 c.p.c. era stata fatta con riferimento al giudizio di appello.

3. Il ricorso incidentale e’, dunque, dichiarato inammissibile.

4. Nel rapporto processuale fra la ricorrente principale e i resistenti e ricorrenti incidentali l’esistenza di una soccombenza di entrambi sui rispettivi ricorsi, induce a compensare le spese.

Nel rapporto fra la ricorrente principale e la resistente Isma le spese seguono, invece, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione fra la ricorrente principale e i resistenti e ricorrenti incidentali. Condanna la ricorrente principale alla rifusione alla resistente Isma delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro tremiladuecento/00, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010

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