Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1311 del 25/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

I.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII n. 466, presso lo studio dell’avvocato COSSA GIUSEPPE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VENDITTI FULVIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente-

contro

SOLIDO PROPERTY COMPANY SRL, in persona dell’amministratore delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 357, presso lo studio dell’avvocato MENNELLA LUCIANO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 629/2 007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, del 7/02/07, depositata il 06/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni.

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. I.B. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza del 6 marzo 2007, con la quale la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dalla Societa’ Cattolica Assicurazioni ed in riforma della sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Roma, ha dichiarato cessata la locazione immobiliare corrente fra le parti e condannato essa ricorrente al rilascio dell’unita’ immobiliare locata. Al ricorso non v’e’ stata resistenza dell’intimata.

Ha depositato, invece, controricorso la Solido Property Company s.r.l. adducendo di essere legittimata ad intervenire per resistere al ricorso in quanto successore dell’intimata per atto di conferimento di ramo di azienda.

2. Il ricorso e’ soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioe’ dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2).

Essendosi verificate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., e’ stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che e’ stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

La Solido Property Company s.r.l. ha depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. – la quale per errore non dava atto dell’intervento della Solido Property Company – si sono svolte le considerazioni che di seguito si riproducono:

“… 3. – Il ricorso appare inammissibile per inosservanza del requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c., ad esso applicabile.

Il primo motivo denuncia erronea interpretazione di un documento depositato in atti (certificato di disoccupazione) ritenuto decisivo per il giudizio e conseguente illogica e/o contraddittoria motivazione della sentenza sullo stato di disoccupazione della conduttrice all’epoca dell’invio della raccomandata di disdetta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

L’illustrazione di tale motivo si conclude con la seguente enunciazione, che dovrebbe assolvere al requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c. ed e’ rubricata fatto controverso: E’ evidente l’erronea interpretazione di un documento (certificato di disoccupazione) ritenuto determinate per la decisione della controversia e dal quale non scaturisce la prova dell’esistenza di un qualunque rapporto tra la destinataria della disdetta contrattuale ed il luogo in cui questa e’ stata inviata.

Ora, la giurisprudenza della Corte e’ ferma nel ritenere che In tema di formulazione dei motivi del ricorso per Cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiche’ secondo l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. sez. un. n. 20603 del 2007).

Ebbene, la formulazione innanzi riportata non offre alcuna chiara indicazione del fatto controverso e nemmeno alcuna riassuntiva individuazione delle ragioni della dedotta illogicita’ e contraddittorieta’ di motivazione. Sotto il primo aspetto si allude ad un documento e non ad un fatto. Sotto il secondo aspetto la pretesa illogicita’ (scilicet, per usare i termini di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficienza) e contraddittorieta’ di motivazione e’ enunciata del tutto genericamente. In realta’, come fa manifesto l’esordio della enunciazione, cioe’ l’espressione e’ evidente, essa si risolve in un rinvio alla illustrazione del motivo, di modo che e’ del tutto priva della sostanza del c.d. momento di sintesi, cui alludono le Sezioni Unite. In fine, l’assenza di qualsiasi riferimento alla decisione impugnata assegna all’enunciazione un carattere di ulteriore astrattezza, che, in conseguenza la priva a maggior ragione del carattere della sintesi.

Con un secondo motivo si lamenta violazione ed errata applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 3 e art. 1335 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il motivo si conclude con l’enunciazione del seguente quesito di diritto: Puo’ ritenersi applicabile la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. qualora la raccomandata di disdetta di un contratto di locazione venga inviata anziche’ presso il luogo di residenza (e domicilio eletto) della conduttrice, in un luogo diverso e senza che sia fornita la prova che esso fosse soggetto alla sua sfera di controllo o ad abituale frequentazione?.

Con un terzo motivo si denuncia violazione ed errata applicazione degli artt. 1335, 2697 e 2728 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il motivo si conclude con l’enunciazione del seguente quesito di diritto: Compete al mittente l’onere di provare che il luogo, diverso dalla residenza, presso il quale e’ stata inviata una comunicazione (nella specie disdetta di un contratto di locazione) costituisce indirizzo idoneo a presumere la conoscenza in capo al destinatario, ovvero grava su quest’ultimo l’onere di provare la mancanza di rapporti con detto luogo?.

I quesiti enunciati in relazione al secondo ed al terzo motivo sono prospettati con la formulazione di interrogativi completamente astratti e privi di riferimento pur riassuntivo alla concreta vicenda di cui e’ causa ed alla decisione impugnata. Per tale ragione difettano del requisito della conclusivita’ ed appaiono, pertanto, inidonei ad integrare il requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c..

L’art. 366 bis c.p.c., infatti, quando esige (o meglio esigeva, atteso che ora e’ stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, con effetto che, pero’, non si estende al ricorso in oggetto) che il quesito di diritto debba concludere il motivo impone che la sua formulazione non si presenti come la prospettazione di un interrogativo giuridico del tutto sganciato dalla vicenda oggetto del procedimento e dal modo in cui e’ stata decisa, bensi’ evidenzi la sua pertinenza all’uno ed all’altra. Invero, se il quesito deve concludere l’illustrazione del motivo ed il motivo si risolve in una critica alla decisione impugnata e, quindi, al modo in cui la vicenda dedotta in giudizio e’ stata decisa sul punto oggetto dell’impugnazione, appare evidente che il quesito, per concludere l’illustrazione del motivo, deve necessariamente contenere un riferimento riassuntivo ad esso e, quindi, al suo oggetto, cioe’ al punto della decisione impugnata da cui il motivo dissente. Un quesito che non presenti questa contenuto e’ un non – quesito e non vale ad integrare il requisito di ammissibilita’ previsto dalla norma in discorso (si veda, in termini, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008; da ultimo, Cass. n. 4044 e 8463 del 2009, fra le tante).

Il ricorso, dunque, sembra doversi dichiarare inammissibile.

Si deve rilevare, inoltre, che parte ricorrente non ha documentato il perfezionamento della notificazione del ricorso, mediante la produzione dell’avviso di ricevimento della notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994.”.

2. Il Collegio condivide le argomentazioni e conclusioni della relazione, alle quali non sono stati mossi rilievi.

Sulla legittimazione dell’interveniente quale successore a titolo particolare parte ricorrente non ha sollevato alcuna contestazione.

Il ricorso e’, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano a favore dell’interveniente nel dispositivo, tenendo conto che non competono diritti di procuratore, non dovuti nel giudizio di legittimita’ (Cass. (ord.) n. 29577 del 2008).

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione alla parte intervenuta delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro millequattrocento/00, di cui duecento/00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010

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