LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
ALLGEL DI BINELLO CLAUDIO & C. SNC, in persona del socio, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VINCENZO TIBERIO 64, presso lo studio dell’avvocato TADDEI ALBERTO, rappresentata e difesa dall’avvocato ARMILLOTTA LIBERO, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
L.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 19, presso lo studio dell’avvocato SCACCHI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CIOLLARO BIAGIO G., giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 755/2 007 del TRIBUNALE di LUCCA del 14/05/07, depositata il 18/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;
udito l’Avvocato Giuliani Marco, (delega avvocato Armillotta Libero), difensore della ricorrente che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
quanto segue:
1. La Allgel di Binello Claudio & C. s.n.c. ha proposto ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, avverso la sentenza del 18 giugno 2007, con la quale il Tribunale di Lucca ha accolto l’opposizione proposta da L.C., socio accomandatario della s.a.s. Landucci Claudio & C, avverso i tre atti di precetto notificatigli il 21 novembre 2006 da essa ricorrente in forza di tre titoli esecutivi rappresentati da decreti ingiuntivi del Giudice di Pace di Torino, ottenuti nei confronti della detta società.
L’opposizione è stata accolta ritenendosi fondata l’invocazione del beneficio dell’escussione fatta valere dal L..
Al ricorso ha resistito con controricorso il L..
2. Il ricorso è soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioè dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2).
Essendosi verificate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
quanto segue:
1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si sono svolte le considerazioni che di seguito si riproducono:
“… 3. – Il ricorso appare gradatamente improcedibile per violazione dell’art. 369, comma 2, n. 2 ed inammissibile per inosservanza del requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c., ad esso applicabile.
La ragione di improcedibilità sembrerebbe discendere dalla circostanza che nel ricorso si allega espressamente che la sentenza impugnata sarebbe stata notificata a mezzo posta in data successiva al 13/3/2008, ma nè con lo stesso ricorso, nè entro il termine per il suo deposito, si è prodotta copia autentica della sentenza impugnata con la relata della notificazione.
Viene, dunque, in rilievo il principio di diritto recentemente ribadito dalle sezioni Unite della Corte con le sentenze n. 9005 e n. 9006 del 2009, secondo cui La previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2 – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per Cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2 applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione.”.
Il ricorso, d’altro canto, nell’elenco delle produzioni, dopo avere enunciato come prodotta la copia autentica della sentenza impugnata, indica, come ulteriore produzione la sentenza stessa notificata insieme ad altra impugnata con altro ricorso ed ad un precetto, direttamente alla parte qui ricorrente.
Se la notificazione cui si allude nel ricorso fosse stata soltanto questa, il rilievo di improcedibilità sarebbe privo di fondamento, atteso che la notificazione della sentenza con il precetto direttamente alla parte e non presso il suo difensore non fu idonea ai fini del decorso del termine breve.
Le parti potranno prender posizione al riguardo.
4.- L’inosservanza dell’art. 366 bis c.p.c., invece, si configura per l’inidoneità del quesito di diritto formulato ad assolvere all’onere di enunciazione del quesito di diritto, in relazione all’unico motivo su cui si fonda il ricorso, che deduce “violazione dell’art. 2267 c.c., comma 1, dell’art. 2268 c.c., dell’art. 2291 c.c., comma 1, degli artt. 2304, 2315, 2740 c.c., degli artt. 474 e 480 c.p.c. in relazione all’art. 491 c.p.c. e in riferimento all’art. 111 Cost., comma 7, e art. 360 c.p.c., n. 3”.
L’illustrazione del motivo è, infatti, conclusa dal seguente quesito: “E’ emergente, infatti, la necessità che la Suprema Corte statuisca che l’intimazione di pagamento a mezzo posta di precetto (anche al socio) di società di persone – fruente del beneficium excussionis e nei cui confronti il creditore intimante sia già munito di uno specifico titolo esecutivo – oltre che alla società stessa, non costituisce, da una parte, una condizione dell’azione esecutiva nei di lui confronti e, dall’altra parte, l’intimazione di pagamento non costituisce inizio di esecuzione in riferimento all’art. 491 c.p.c. sì da escludersi la violazione del beneficium excussionis”.
Ora, siffatto quesito, per la circostanza che tace ogni riferimento sia pure riassuntivo a come il problema giuridico che solleva si collochi in riferimento alla vicenda concreta oggetto di giudizio ed alla decisione impugnata, difetta del requisito della specificità e conclusività. E ciò, indipendentemente dalla sua stessa (per vero dubbia: atteso che non è dato sapere in che senso e per quali fini si faccia riferimento al non essere il precetto de quo condizione dell’azione esecutiva e inizio di esecuzione) idoneità ad evidenziare correttamente un interrogativo giuridico. Il difetto di conclusività è reso manifesto dall’esordio “è evidente”, il quale palesemente ed inammissibilmente (si veda già Cass. (ord.) n. 16002 del 2007) rinvia all’illustrazione del quesito.
L’art. 366 bis c.p.c., infatti, quando esige (o meglio esigeva, atteso che ora è stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, con effetto che, però, non si estende al ricorso in oggetto) che il quesito di diritto debba concludere il motivo impone che la sua formulazione non si presenti come la prospettazione di un interrogativo giuridico del tutto sganciato dalla vicenda oggetto del procedimento e dal modo in cui è stata decisa, bensì evidenzi la sua pertinenza all’uno ed all’altra. Invero, se il quesito deve concludere l’illustrazione del motivo ed il motivo si risolve in una critica alla decisione impugnata e, quindi, al modo in cui la vicenda dedotta in giudizio è stata decisa sul punto oggetto dell’impugnazione, appare evidente che il quesito, per concludere l’illustrazione del motivo, deve necessariamente contenere un riferimento riassuntivo ad esso e, quindi, al suo oggetto, cioè al punto della decisione impugnata da cui il motivo dissente. Un quesito che non presenti questa contenuto è un non – quesito e non vale ad integrare il requisito di ammissibilità previsto dalla norma in discorso (si veda, in termini, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008; da ultimo, Cass. n. 4044 e 8463 del 2009, fra le tante).
Il ricorso sembra, dunque, doversi gradatamente dichiarare improcedibile (salvo l’eventuale superamento di questa questione) e comunque inammissibile.”.
2. Il Collegio preliminarmente, lette le memorie delle parti, osserva che va corretta l’affermazione della relazione nel senso che la notificazione della sentenza unitamente al precetto non sarebbe stata idonea a far decorrere il termine breve per l’esercizio dell’impugnazione, in quanto notificata alla parte qui ricorrente direttamente. Invero, poichè detta parte non era rappresentata da difensore nel giudizio di merito, essendo rimasta contumace, la notificazione non poteva che farsi direttamente alla parte.
Ciò premesso, si rileva che la questione di procedibilità del ricorso deve reputarsi priva di fondamento perchè parte ricorrente ebbe a produrre una copia autentica della sentenza impugnata e separatamente una copia fotostatica della stessa sentenza e del precetto intimato sulla base di essa (nonchè di altra sentenza, pure prodotta in copia fotostatica) con le relative relate di notificazione. Poichè su tali copie risulta l’attestazione del cancelliere di conformità della copia stessa all’originale (e, dunque, tali copie fotostatiche sono copia di copie autentiche) e la conformità all’originale della copia fotostatica non risulta contestata, deve ritenersi che quest’ultima sia conforme al detto originale. Pertanto, il requisito di procedibilità di cui si discorre nella relazione risulta osservato da siffatta produzione.
2.1. Il Collegio, viceversa, condivide la valutazione di inammissibilità formulata dalla relazione (nella quale, per un refuso, l’espressione fra virgolette “è evidente”, si deve leggere come “è emergente”, in quanto riprende l’espressione del quesito di diritto), alla quale parte ricorrente ha replicato con rilievi che non si sono fatti in alcun modo carico di discutere i principi di diritto in essa richiamati, bensì con considerazioni astratte sulla funzione del quesito, anche desunti da richiami di dottrina, che in alcun modo valgono ad infirmare quanto richiamato nella relazione ed anzi non sono con esso assolutamente incompatibili.
3. Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione alla parte resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro milleottocento/00, di cui duecento/00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 3 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010