LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
PRAXIS S.R.L., in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione regionale dell’Emilia Romagna, sez. 15^, n. 142 depositata il 3 ottobre 2007.
Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore Dott. Aurelio Cappabianca;
constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 3.
FATTO E DIRITTO
Premesso:
– che la società contribuente propose ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione per l’anno 1995, a fini Irpeg ed Ilor la somma di L. 33.787.000, quale reddito non dichiarato;
– che l’adita commissione tributaria accolse il ricorso, con sentenza, che, in esito all’appello dell’Ufficio fu confermata dalla commissione regionale e ciò sul presupposto dell’inutilizzabilità, a fini probatori, delle dichiarazioni rese, in sede di indagini di P.G., dal legale rappresentante della società;
rilevato:
– che avverso la decisione di appello, l’Agenzia ha proposte ricorso per cassazione in unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 e 2735 c.c., nonchè D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 37 e 39, e ponendo il seguente quesito: “se ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31 e art. 39, comma 2, possono costituire idonei elementi di prova a fondamento di una rettifica le dichiarazioni del legale rappresentante della società accertata, ancorchè rese in sede di indagini preliminari e siano valutabili dal giudice tributario”. – che la società contribuente non si è costituita;
osservato:
– che il ricorso dell’Agenzia appare manifestamente fondato;
che occorre, infatti, rilevare che, anche in considerazione di quanto puntualizzato da C. cost. 18/2000, questa corte ha consolidatamente affermato che il divieto di ammissione della “prova” testimoniale nel giudizio tributario, sancito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, deve intendersi esclusivamente riferito alla prova testimoniale quale tipico mezzo di prova orale da costituire, in contraddittorio, nell’ambito del processo, e non osta, quindi, a che le dichiarazioni di terzi raccolte dalla polizia tributaria in sede di indagine e quelle rese su fatti tributariamente rilevanti in seno a procedimento penale assumano, ai fini del giudizio tributario, valenza di elementi “indiziari”, suscettibili di valutazione da parte del giudice nell’ambito complessivo delle risultanze processuali (cfr. 9492/07, 22804/06, 16032/05, 903/02, 14774/00);
ritenuto:
– che, pertanto, il ricorso va accolto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
– che la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione della spese del presente giudizio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.
P.Q.M.
la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione della spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010