Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1335 del 25/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.G.B.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, sez. 4^, n. 132 depositata il 5 febbraio 2008.

Letta la relazione scritta redatta dal relatore Dott. Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 3.

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– che il contribuente propose ricorso avverso provvedimento, D.L. n. 12 del 2002, ex art. 3, comma 3, convertito in L. n. 73 del 2002, con il quale l’Ufficio, sulla scorta di p.v.c. della G.d.F., gli aveva irrogato sanzione amministrativa di Euro 11.110,62, per essersi avvalso dell’attività lavorativa di lavoratrice, in nero, non risultante dalle scritture e dalla documentazione obbligatoria;

che, sull’opposizione dell’Agenzia – che eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, per aver il contribuente provveduto a definire la controversia, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, con il versamento di importo di Euro 2.776,66, pari ad un quarto della sanzione irrogata – l’adita commissione tributaria, richiamandosi ai principi di cui alla pronunzia C. Cost. 144/05, annullò l’atto impositivo e ordinò all’Ufficio di rideterminare la sanzione dovuta, commisurandola ad un sol giorno di violazione;

– che, in esito all’appello dell’Ufficio, la decisione fu confermata dalla commissione regionale, che escluse che la definizione della controversia ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3, precludesse al contribuente la proposizione del ricorso;

rilevato:

– che avverso la sentenza di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione in due motivi;

– che il contribuente non si è costituito; osservato:

– che, con il primo motivo di ricorso – deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3 – l’Agenzia ha censurato la decisione impugnata per non aver ritenuto che l’adesione del contribuente alla possibilità accordata dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3, ostava all’instaurazione di un giudizio teso all’annullamento dell’atto impositivo;

– che, con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia ha censurato la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3 (convertito in L. n. 73 del 2002);

considerato:

– che il primo motivo di ricorso è manifestamente fondato;

– che risulta, invero, consolidatamente affermato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui – in tema di definizione agevolata delle controversie fiscali e indipendentemente dalla diversità delle regole giuridiche dettate da ciascuna legge in ordine alle modalità di accesso, alle condizioni ed agli effetti dei benefici premiali l’adesione alla definizione agevolata preclude al contribuente ogni possibilità di agire per l’accertamento dell’inesistenza del presupposto impositivo, giacchè, in quanto volta a definire “transattivamente” la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, la previsione di detta agevolazione pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro: coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, se del caso, il rimborso delle somme indebitamente pagate; corrispondere quanto prescritto dalla disposizione agevolativa a definizione della controversia (cfr.

Cass. 17142/08, 6504/07, 3682/07);

che deve peraltro, più specificamente considerarsi che il versamento previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3, integrando esercizio della facoltà del contribuente di definire il contesto con pagamento di una percentuale sulla pena edittale, configura tipica oblazione, la quale, secondo la giurisprudenza di questa corte, in quanto disposta per prevenire od elidere ogni contesa sull’an e sul quantum della sanzione, preclude definitivamente sia al contribuente che se ne sia avvalso sia all’Ufficio finanziario, che ha riscosso le somme versate a quel titolo, ogni sindacato sui presupposti e sulle condizioni di applicazione delle sanzioni, (cfr. Cass. 11154/06, 1853/00, 12515/95, 6119/92).

– che il secondo motivo resta assorbito;

ritenuto:

– che, pertanto, il ricorso va accolto, nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

che, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

– che, per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito e la condanna del contribuente, in base al criterio della soccombenza, alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 700,00 (di cui Euro 500,00 per onorario), oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; compensa le spese dei gradi di merito e condanna il contribuente alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 700,00 (di cui Euro 500,00 per onorario), oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010

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