Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1338 del 25/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

Casa Generalizia dell’Ordine Ospedaliero San Giovanni di Dio, detto Fatebenefratelli, in persona del legale rapp.te pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 31 /2008/2008 depositata il 17/4/2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 22/10/2009 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. LECCISI Giampaolo, che ha concluso aderendo alla relazione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da Casa Generalizia Ord. Ospedaliere San Giovanni di Dio contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione di cui si domanda la cassazione, recante l’accoglimento dell’appello proposto dalla contribuente contro la sentenza della CTP di Roma n. 453/41/2005 che aveva rigettato il ricorso della contribuente avverso il silenzio rifiuto sulle istanze di rimborso IVA 1992-2000.

Il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate si articola in due motivi.

Nessuna attività difensiva è stata svolta dall’intimata. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il Presidente ha fissato l’udienza del 22/10/2009 per l’adunanza della Corte in Camera di consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo la ricorrente assume la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la CTR non avrebbe rilevato la tardività delle istanze di rimborso relativamente agli anni 1992-1999, benchè dedotta dall’Ufficio.

La censura è fondata. In tema di IVA, alla domanda di rimborso non rientrante tra quelle previste dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30, nel testo “pro tempore” vigente, e perciò non contemplata da disposizioni specifiche, si applica la norma di natura residuale di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, secondo il quale “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione” (Sentenza n. 8461 del 22/04/2005).

La presentazione delle istanze di rimborso da parte del contribuente in data 16/7/2002 e 24/9/2002 comporta la fondatezza della eccezione formulata dall’Ufficio.

Con secondo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, parte B), lett. c) della direttiva CEE 77/388 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La CTR avrebbe erroneamente accolto le istanze di rimborso dell’IVA assolta e non potuta portare in detrazione) sugli acquisti di beni destinati ad essere utilizzati per operazioni esenti a seguito di una non corretta interpretazione della norma in questione.

La censura è fondata alla luce dei principi affermati da questa Corte (Sez. 5^, Sentenza n. 9107 del 17/04/2009), secondo cui, in tema di IVA, la prima parte dell’art. 13, parte B, lett. c), della 6^ direttiva, n. 77/388/CEE, del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto va interpretato, secondo la Corte di Giustizia CE (ord. 6 luglio 2006, in cause riunite C-18/05 e C-155/05), nel senso che l’esenzione da essa prevista si applica unicamente alla rivendita di beni preliminarmente acquistati da un soggetto passivo per le esigenze di un’attività esentata in forza del detto articolo, in quanto l’imposta sul valore aggiunto versata in occasione dell’acquisto iniziale di detti beni non abbia formato oggetto di un diritto a detrazione: pertanto, quando l’imposta sia stata corrisposta per attività esenti, il cessionario non ha diritto al relativo rimborso, trattandosi di operazione di per sè non esente.

Consegue da quanto sopra la cassazione della sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., decidendo nel merito, la Corte rigetta il ricorso proposto dalla contribuente avverso il silenzio rifiuto sulle istanze di rimborso IVA 1992-2000.

La natura della controversia e le pregresse incertezze giurisprudenziali giustificano la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

la Corte cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso proposto della contribuente avverso il silenzio rifiuto sulle istanze di rimborso IVA 1992-2000.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2010

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