Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.135 del 08/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ CMC PROGETTO SRL gia’ Mondialpol Roma SpA, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PAISIELLO 15, presso lo studio dell’avvocato BRUGNOLI GRAZIANO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 91/2007 della Commissione Tributaria Regionale di ROMA del 23.4.07, depositata il 25/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’1/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. DI IASI Camilla;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. VELARDI Maurizio.

FATTO E DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per Cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti della C.M.C. Progetto s.r.l. gia’ Mondialpol Roma s.p.a (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza n. 91/12/07, depositata il 25/06/07, con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di rettifica parziale Iva relativo all’anno 1997 emesso in relazione alla utilizzazione di fatture ritenute connesse ad operazioni inesistenti, la C.T.R. Lazio confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della societa’.

2. Il primo motivo di ricorso (col quale, deducendosi violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4 si sostiene l’inesistenza o mera apparenza della motivazione della sentenza impugnata) e’ manifestamente infondato, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, puo’ ritenersi inesistenza della motivazione (con conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c. o, nella specie, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36) solo quando la mancanza materiale (o la mera apparenza) della motivazione sia totale (non parziale e limitata solo ad alcuni punti, ancorche’ decisivi ed eventualmente numerosi), mentre nella specie la motivazione della sentenza risulta variamente articolata, assistita da logica formale ed in ogni caso idonea a consentire di individuare le ragioni (indipendentemente dalla ritenuta correttezza e/o condivisibilita’ delle medesime) poste a base della decisione, con la conseguenza che una eventuale incompletezza o illogicita’ della suddetta motivazione su alcuni specifici punti puo’ essere denunciata solo sotto il profilo del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il secondo motivo di ricorso (col quale si censura la sentenza impugnata per omessa motivazione, deducendo che i giudici d’appello avevano escluso la sussistenza di elementi idonei a fondare la presunzione di inesistenza delle operazioni de quibus esaminando solo uno degli elementi di valutazione offerti dall’Ufficio ed omettendo sia l’esame degli altri elementi offerti in valutazione sia la considerazione del quadro indiziario nel suo complesso) non risulta (contrariamente a quanto sostenuto dalla controricorrente) inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., posto che esso si conclude con la chiara indicazione dei fatti in relazione ai quali la motivazione si assume omessa.

La censura esposta presenta tuttavia altri profili di inammissibilita’, innanzitutto per difetto di autosufficienza, posto che in essa non vengono riportati gli atti dai quali risulterebbero le circostanze asseritamente non valutate dai giudici d’appello, dovendosi in proposito evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, il ricorso per Cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in se’ tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresi’, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessita’ di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, con la conseguenza che, ove il ricorrente denunci, sotto il profilo di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, l’omessa o erronea valutazione di circostanze emergenti dagli atti ha l’onere di specificare specificamente tali circostanze, indicando gli atti in cui erano state allegate ed eventualmente gli atti sulla base dei quali le suddette circostanze dovevano ritenersi pacifiche ovvero i documenti sulla base dei quali le medesime dovevano ritenersi provate (v. tra numerose altre Cass. n. 15961 del 2007 e n. 15952 del 2007).

E’ inoltre da evidenziare che in ogni caso manca in ricorso l’indicazione (con specificazione della loro collocazione, v. Cass. n. 29279 del 2008) degli atti sui quali il ricorso si fonda e tali atti non risultano neppure depositati unitamente al ricorso, come rispettivamente previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e dall’art. 369 c.p.c., n. 4, non rilevando che detti atti risultino prodotti nel giudizio di merito (v. in proposito Cass. n. 2855 del 2009).

In particolare, in conformita’ con quanto affermato da Cass. n. 24940 del 2009, deve ritenersi la compatibilita’ del citato art. 369 c.p.c., n. 4 con i processi in materia tributaria (negata dalla ricorrente in ragione del fatto che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2 prevede che i fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo), posto che l’art. 25 cit., comma 2 prevede che le parti possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte o d’ufficio e che l’onere di cui all’art. 369 c.p.c., n. 4 puo’ essere assolto anche mediante allegazione di semplice fotocopia che, ai sensi dell’art. 2712 c.c., ha la stessa efficacia probatoria dell’originale, salvo che la sua conformita’ non venga contestata dalla parte contro cui e’ avvenuta la produzione.

E’ infine appena il caso di rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, spetta al giudice di merito valutare l’opportunita’ di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimita’, dovendosi peraltro escludere che la mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (v. tra numerose altre Cass. n. 8023 del 2009; n. 10847 del 2007 e n. 15737 del 2003).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 3600,00 di cui Euro 3400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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