LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPUCCIO Giammarco – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
– ricorrente –
contro
M.R., G., C., F.M. e C.C.;
– intimate –
avverso la decisione n. 611/39/06 della Commissione tributaria regionale di Roma, sezione staccata di Latina, emessa il 19 dicembre 2006, depositata il 30 2009 gennaio 2007, R.G. 1543/05;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 settembre 2009 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;
RILEVATO
che:
in data 9 maggio 2009 è stata depositata relazione che qui si riporta:
RELAZIONE (art. 380 bis c.p.c.) Il relatore cons. Dott. Giacinto Bisogni Letti gli atti depositati osserva:
1. M.F. proponeva opposizione alla cartella di pagamento emessa a seguito di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis della sua dichiarazione dei redditi per l’anno 1998.
Deduceva l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo di interessi e sanzioni senza una previa contestazione con avviso di accertamento.
Lamentava inoltre la mancata notifica dell’avviso bonario previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 25, comma 3 quater che avrebbe consentito comunque il pagamento delle sanzioni ridotte della metà.
2. La C.T.P. di Latina (sentenza n. 428/8/03) dichiarava parzialmente illegittima la cartella di pagamento per la parte relativa a soprattasse e interessi. La C.T.R. respingeva l’appello con sentenza n. 611/39/06.
3. Ricorre l’Agenzia delle Entrate nei confronti degli eredi di M.F. deducendo tre motivi di impugnazione: a) violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato e conseguente nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; b) omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; c) violazione degli artt. 20 e 36 bis c.p.c. del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
4. In relazione al primo e al terzo motivo la Agenzia delle Entrate sottopone i seguenti quesiti:
a) se – nell’ipotesi in cui la C.T.P. abbia accolto il ricorso del contribuente e abbia affermato la illegittimità della riscossione tramite cartella di pagamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e l’Ufficio abbia proposto appello deducendo la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 20 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17 – incorra nella violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato la sentenza che rigetti in toto l’appello dell’Ufficio senza esaminare, in motivazione, la censura specifica e autonoma avente ad oggetto la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17;
b) se nell’omesso pagamento di tributi indicati in dichiarazione, possa essere emessa la cartella di pagamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, senza necessità di un preventivo atto di contestazione che rilevi e quantifichi l’importo degli interessi, come erroneamente affermato dalla c.t.r..
5. Il ricorso pone sostanzialmente un’unica questione relativa alla esperibilità della procedura di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e consente quindi la trattazione in camera di consiglio.
Rilevato che per giurisprudenza costante la Corte di Cassazione (cfr.
Cassazione sezione 5^, n. 16512 del 19 luglio 2006) ritiene che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il procedimento previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis è applicabile esclusivamente in casi tassativi, consistenti nella correzione di errori materiali e di calcolo e nell’esclusione di ritenute o deduzioni non previste dalla legge o non documentate, e non può quindi essere esteso fino a ricomprendere fattispecie suscettibili di interpretazioni diverse, nelle quali è pertanto necessaria l’emissione di un avviso di accertamento motivato in ordine all’interpretazione prescelta dall’Ufficio. L’utilizzazione di tale procedura al di fuori dei casi previsti rende illegittima anche la richiesta degli accessori (interessi, sanzioni e pene pecuniarie).
6. Ritiene il relatore che, se l’impostazione di cui al punto precedente verrà condivisa, sussistano i presupposti per rigettare in camera di consiglio il ricorso per manifesta infondatezza senza alcuna statuizione sulle spese.
RITENUTO
che:
tale relazione non può essere condivisa in quanto la giurisprudenza citata non può essere applicata alla fattispecie per cui si controverte nella quale viene in rilievo la quantificazione degli interessi maturati sulla somma legittimamente richiesta a mezzo della cartella di pagamento emessa del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis. Rispetto ad essi non appare logica nè comunque necessaria una preventiva contestazione che rilevi e quantifichi l’importo degli interessi che costituisce l’applicazione di un criterio automatico di calcolo. La giurisprudenza di questa Corte ha escluso l’utilizzabilità dello strumento di cui all’art. 36 bis in situazioni diverse e cioè ogniqualvolta sia necessario procedere, al di là del mero riscontro cartolare, ad attività d’interpretazione ed applicazione di norme e principi giuridici, alla qualificazione di fatti o di rapporti, alla risoluzione di questioni d’imponibilità o di deducibilità o relative all’applicabilità di norme di esenzione o di agevolazione (cfr. Cassazione civile, sezione 5^, n. 3119 del 17 marzo 2000 e nn. 2117 del 14 febbraio 2002 e 14893 del 5 giugno 2008);
il ricorso deve essere pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla C.T.R. del Lazio che deciderà anche in merito alle spese del giudizio di cassazione attenendosi al criterio giurisprudenziale testè citato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della C.T.R. del Lazio che deciderà anche in merito alle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010